lunedì 12 agosto 2013

La visione negativa dell'Europa dei neo-conservatori americani (GOTTFRIED)

L’anti-americanismo in Europa si sviluppa nello stesso modo in cui l’anti-europeismo si sviluppa negli Stati Uniti. Già da qualche anno, ed in particolare subito dopo l’attentato terroristico dell’11 Settembre 2001, la destra americana sta orchestrando una campagna d’insulti verso l’Europa e gli europei e la visita di George Bush in Germania, in Francia e in Italia non l’ha per niente arginata, al contrario. Nonostante Bush abbia scelto di passare da Berlino per dichiarare di aver abbandonato tutti i piani preparati per attaccare immediatamente l’Irak, non ha fatto altro che accrescere il risentimento della destra americana contro i “nani” europei.
Se i falchi non otterranno la loro sospirata guerra, allora attribuiranno buona parte della responsabilità al cinismo degli europei, insieme al loro lassismo e al loro antisemitismo patologico. Negli Stati Uniti troviamo alcuni conservatori tradizionali che coltivano parecchie simpatie nei confronti dell’Europa. Tuttavia la destra governativa, che crea le parole d’ordine politiche da far passare alle orecchie del Presidente Bush, non può essere più definita come “destra tradizionale”, ma bensì io la chiamerei “neo-conservatrice”. Essa diffonde i suoi messaggi attraverso organi di stampa molto influenti all’interno degli Stati Uniti come ad esempio il Weekly Standard di Rupert Murdoch, il National Review ed il sempre eterno Wall Street Journal. L’elemento che unisce questo campo neo-conservatore è la necessità di stabilire un impero americano, questa volta condito con una profonda sfiducia nei confronti degli europei, poiché potrebbero contrastare questo progetto.

L’Europa insieme agli oppositori dell’alleanza anti-terrorista

L’accusa portata dai neo-conservatori contro l’Europa è sostenuta da una convinzione di fondo ben radicata: gli Europei non capiscono nulla della democrazia. Per questa ragione non sono in grado di partecipare alla lotta globale contro il terrorismo poiché non fanno mostra dello zelo richiesto per questa impresa. Abbiamo quindi a che fare con una nuova versione di manicheismo, di cui ne sentiamo l’eco negli avvertimenti lanciati dal Presidente Bush: coloro che non sono a favore della “sua” guerra contro il terrorismo devono per forza essere contrari, e di conseguenza, si pongono al fianco degli oppositori dell’alleanza anti-terrorista. In particolare è la Francia a provocare il maggior dispetto negli Eurofobici nonostante essa abbia dei forti legami, risalenti a parecchio tempo fa, con gli Stati Uniti, allora giovane potenza da poco indipendente. In effetti gli Stati Uniti non avrebbero potuto mai ottenere l’indipendenza se la potenza militare francese dell’epoca non gli avesse garantito il suo appoggio e se i Francesi non fossero stati i loro generosi “mecenati”. Jonah Goldberg, uno dei principali redattori del National Review e nuova celebrità televisiva etichettato come neo-conservatore, esprime spesso un’opinione particolarmente sprezzante nei confronti dei francesi, che un giorno ha etichettato come “cheese-eating surrender monkeys” (le pavide scimmie mangiatrici di formaggio). Alla fine del mese d’Aprile del 2002, Goldberg scriveva che “la Francia è paragonabile ad un prato pieno d’asini di sinistra. I buoni risultati di Le Pen non hanno fatto altro che aumentarne la varietà”. In più, “l’assurdo sistema politico francese è un pericolo per la democrazia, in particolare se gli Stati Uniti volessero seguire un modello così grottesco”. Già l’anno passato Goldberg aveva constatato con rabbia che gli Europei non seguivano incondizionatamente le linee di politica estera fissate dagli americani, cosa che provava quanto essi fossero dei “nani”. Utilizzando questo termine egli voleva descrivere “una coalizione di intellettuali senza autostima, di burocrati senza forza che, poiché hanno dei problemi (come il caso dei tedeschi) vogliono abbandonare la loro identità nazionale e utilizzare la nuova identità europea come cavallo di Troia per le proprie ambizioni culturali (che è il caso dei francesi e dei belgi)”. Gli Europei, pensa Goldberg, hanno molte più ragioni di vergognarsi rispetto agli Americani. “L’America non ha un passato coloniale come l’Europa. Certo noi abbiamo un po’ “seviziato” i Latino-americani (SIC!), ma nulla a che vedere con le feroci amministrazioni portate dagli Europei in paesi interi nei secoli passati”.

Risentimento ed invidia negli intellettuali europei

Viktor Davis Hanson, altra penna prestigiosa del National Review, ha espresso recentemente la sua insoddisfazione davanti all’ostilità nei riguardi degli Stati Uniti, manifestata ormai in una forma così sgradevole da una sfilza di intellettuali europei. Secondo Hanson questa inimicizia si fonda sull’invidia: quest’invidia, ed il risentimento che l’accompagna, è divenuta una delle principali pecche degli Europei. Questo risentimento si basa su una forma di socialismo che ha il suo fondamento nell’idea di Stato Previdenziale e sulla totale incapacità da parte degli Europei di capire le virtù americane. Gli appunti di Hanson tradiscono il nocciolo profondo della sua animosità nei confronti dell’Europa: milioni di soldati americani, scrive, sono stati inviati (in Europa) per mettere fine all’orribile carneficina della Prima Guerra Mondiale; due decenni più tardi, sono stati ancora obbligati ad intervenire una seconda volta a causa della testardaggine degli stati europei. Hanson insiste: “solo grazie all’impegno dei forti e non corrotti soldati americani che i paesi dell’Europa occidentale hanno potuto essere liberati”. Questo modo di presentare i fatti è tipica della retorica arrogante, staccata dalla storia, utilizzata dalla maggior parte della destra americana. Implicitamente questa retorica offende anche i soldati britannici, francesi, polacchi e di tutti gli altri paesi che hanno combattuto sul fronte occidentale. L’influente settimanale Weekly Standard insiste continuamente: “Bisogna soggiogare moralmente gli Europei, intimidirli”. I due capo redattori, Robert Kagan e William Kristol ritengono che il dominio americano sull’Europa è necessario, poiché gli Stati Uniti hanno una missione morale da portare avanti, e cioè quella di portare i valori democratici al resto del mondo. Ma allo stesso tempo lisciano il pelo all’altro polo democratico: la democrazia israeliana. Il fatto stesso che gli Europei si oppongano a questa visione dominatrice degli Stati Uniti secondo il Weekly Standard è inaccettabile. Fred Barnes cerca di spiegare in un recente articolo, intitolato “Perché Bush è vessato dai comportamenti degli Europei”, le divergenze che esistono tra gli Stati Uniti e l’Europa. Scrive Barnes: “L’America è nazionalista, religiosa e guerriera; di fronte a lei, gli Europei appaiono come dei post-nazionalisti, post-cristiani e pacifisti. Contrariamente a quest’Europa corrotta, l’America crede (soprattutto il presidente Bush) che lo Stato Nazionale sia il fattore determinante sullo scacchiere mondiale”.

Un antisemitismo presente in tutti gli Europei

L’accusa formulata a tutti gli Europei di essere dei “codardi” va di pari passo ad un altro grave rimprovero: quello di essere dei brutali fascisti. Nei giorni seguenti al primo turno delle elezioni presidenziali francesi del mese d’aprile 2002, quando il “nazionalista d’estrema destra” Jean Marie Le Pen aveva raggiunto uno score eccezionale finendo alle spalle del presidente Chirac umiliando Jospin, tutti gli editorialisti conservatori americani insorsero contro questo sfidante di destra, che incarnava il passato nazionalista d’Europa. Sul Washington Post Gerge Will e Charles Krauthammer accusavano i nazionalisti europei di creare un’atmosfera tale che, in particolare in Francia ed in Belgio, metteva in pericolo i luoghi di culto e le proprietà della comunità israelitica. Will attirava l’attenzione dei suoi lettori sul “boom di antisemitismo” che serpeggiava nel Vecchio Continente: “dopo il 1945 l’Europa ha prodotto un fenomeno alquanto strano: quello di un antisemitismo senza ebrei”. Will precisa: “Come il populismo antisemita cavalcato da Le Pen deve essere arginato così pure le critiche al riguardo della politica di Sharon nei territori palestinesi devono essere eliminate”. Nello scrivere tutto questo, Will intendeva preparare i lettori al peggio: “Gli antisemiti europei sono spinti dalla loro rabbia irrazionale. Essi attaccano Israele poiché, avendo per la prima volta tutti gli Ebrei concentrati in un solo luogo, è più facile poter sradicare una volta per tutte il giudaismo mondiale”. Pochi giorni prima, Krauthammer aveva sperticato l’elogio dell’America, poiché essa è “la sola che mette la moralità al di sopra della Realpolitik” e che rifiuta di modificare “il suo sostegno ad Israele”. La Francia al contrario, ama le sfumature. Questo fa dire a Krauthammer: “Ciò che noi vediamo in atto è un antisemitismo contenuto, espressione di una pulsione millenaria della quale oggi Israele è il fattore scatenante. Gli ultimi cinquant’anni sono stati una “anomalia storica” nella storia europea, poiché l’antisemitismo non ha osato uscire allo scoperto. La vergogna, nata dall’olocausto, ha potuto trattenere il demone dentro il vaso per una buona metà del secolo passato. Ma ora il tempo della penitenza sembra finito ed il fantasma pare risorto”. E’ con frasi melodrammatiche di questo tipo che Krauthammer apostrofa tutti coloro che osano contraddire gli Americani, che si sono auto proclamati portavoce della morale. Insultare gli Europei della destra di governo come “nazisti” o come “pacifisti tremolanti” è un semplice modo per zittirli quando osano porre dei distinguo sulla politica estera americana. La maggior parte dei neo-conservatori americani sembrano opporsi al graduale declino degli stati nazionali in Europa. Resta da vedere se questo loro atteggiamento sia da prendere sul serio. Questo perché in ultima istanza sembrano volere degli europei nazionalisti. Ma questo nazionalismo sarebbe incompatibile con gli interessi americani. Poiché ad eccezione degli Stati Uniti ed Israele (e di una Gran Bretagna compiacente) i neo-conservatori temono e detestano gli Stati nazionali. Essi vogliono scendere a patti con la sinistra per allontanare dal potere i conservatori europei ancora animati da coscienza nazionale, in particolar modo coloro che hanno legami con le destre che si oppongono all’immigrazione. Non perché il sogno dei neo-conservatori sia quello di uno Stato Nazionale americano: ma bensì perché essi vogliono un Impero Americano pronto a dar battaglia. Ecco la loro volontà!

Articolo apparso in Junge Freiheit, n. 29/Luglio 2002
Il Professor Paul Gottfried insegna filosofia classica e scienze politiche al Collegio d’Elizabethtown presso l’Università di Pennsylvania

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