domenica 21 settembre 2014

Gli ebrei collaborazionisti con il Terzo Reich

Squadrone del Bétar in uniforme a Berlino nel 1936
La componente germanica fu essenziale nella formazione dell’ideologia sionista a seguito dell’importanza della comunità ebrea in seno ad altre comunità dell’Europa dell’Est (in particolare gli yiddish), anche se al contrario, il sionismo non ha influito per nulla nella comunità tedesca (…). L’influenza delle organizzazioni giovanili wandervögel, del militarismo prussiano, del patriottismo generato durante la I guerra mondiale, la nozione tedesca del "Blut und Boden" (sangue e suolo) hanno portato a considerare, durante un lungo periodo di tempo il sionismo tedesco, tanto da parte dei suoi detrattori quanto da parte dei suoi sostenitori, come una semplice copia dell’ideologia nazionalista tedesca. Durante gli anni 20, la comunità ebrea tedesca ha occupato un posto di preferenza nel movimento sionista mondiale, soprattutto attraverso la cosiddetta Zionistische Vereinigung für Deutschland (ZVfD), l’organizzazione sionista tedesca (...).

Molti dei militanti sionisti tedeschi erano ebrei provenienti dalla Russia e installati a Berlino, dove operavano intorno al Circolo della Gioventù Russa Sionista, intorno alla rivita Rassviet e alla Lega dei militanti Sionisti. I loro principali ideologi, Lichtheim e Jabotinsky, formarono il vertice esecutivo dell’Organizzazione Sionista Mondiale tra il 1921 e il 1923; anche se Jabotinsky fu allontanato dalla stessa per le tensioni che creò a causa delle sue tendenze secessioniste.

Citazioni su Filippo Corridoni

Improvvisata una tribuna vi salì per primo certo Corridoni. Costui incominciò il suo discorso stigmatizzando la Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro per avere essa impedito stamane l 'ingresso alla camera agli operai non muniti di tessera. L 'oratore si scagliò in special modo contro il Dell 'Avalle, che chiamò traditore. Un altro biasimo rivolse il Corridoni alla Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro e ai dirigenti le sezioni metallurgiche, perché tanto l 'una come gli altri osteggiarono l 'idea dello sciopero. Continuando la sua violenta concione, il Corridoni propose un voto di protesta contro il giornale Il Tempo per il contegno da esso sostenuto nei riguardi della odierna agitazione. L 'oratore concluse proponendo che si formassero diverse squadre le quali nel pomeriggio avrebbero dovuto recarsi davanti ai diversi stabilimenti per impedire l 'entrata degli operai. L 'oratore fu applaudito.
Corriere della Sera 19 aprile 1907

A difendere una barricata proprio di fronte alla Camera del Lavoro stava Corridoni con alcuni amici. Ad un tratto, quando la difesa di quell' avamposto aveva il suo limite estremo, un ufficiale di cavalleria gli puntò contro la rivoltella gridandogli: "Vai via o sparo!" Leo Celvisio non si mosse. Rispose offrendo il petto: "Spara dunque, vigliacco".
Tullio Masotti, "Corridoni", Milano 1933, pag. 33

Biografia di Filippo Corridoni

1887: Filippo Corridoni nasce il 19 agosto a Pausula in provincia di Macerata, dal 1931 ribattezzata in suo onore Corridonia, da Enrico, operaio in una fornace, e da Enrica Paccazocchi. Con lui tre fratelli: Maria, che in seguito sposerà Amilcare De Ambris, futuro segretario del sindacato metalmeccanico durante il fascismo e fratello del più noto Alceste De Ambris; Ubaldo (Baldino), che morirà nella prima guerra mondiale e Giuseppe (Peppino), grande mutilato della prima guerra mondiale, il quale, dopo aver aderito ai fasci di San Sepolcro ed aver subito un 'aggressione bolscevica in Piazza Mercanti, morirà poco tempo dopo .

1895-1904: grazie al prozio Filippo, frate francescano e missionario, noto predicatore, acquisisce nozioni di cultura classica ed una conoscenza base della lingua francese e latina. Studia alle elementari e viene avviato al lavoro in una fornace. La sua volontà di proseguire gli studi lo porta a Fermo dove si iscrive, aggiudicandosi una borsa di studio, all 'Istituto Superiore Industriale, ottenendo nel 1904 il diploma di perito e disegnatore di macchine. Legge testi di Mazzini e Pisacane, probabilmente studia Marx. Rivela immediatamente una forte intelligenza ed un carattere franco, ardito e leale, affezionato verso tutti e teso a difendere i deboli, sempre desideroso di apprendere.

Filippo Corridoni sindacalista rivoluzionario (Andrea Benzi)

PREFAZIONE
Che cosa resta? Che cosa resta del sacrificio di Filippo Corridoni, della sua azione pura e disinteressata, del suo martirio consumatosi nei borghi di Parma, di Bologna, nelle piazze e nelle vie di Milano e, infine, sulle trincee del Carso? Che cosa resta della sua lotta incessante per i diritti dei lavoratori e per la liberta e l 'unità della Patria? Se guardassimo la realtà odierna, la risposta più evidente sarebbe questa: nulla. Nulla di quel sacrificio oggi resta in questa Italia preda della politica partitica degli spot e della corruzione, preda del sindacalismo giallo e dell arroganza padronale, preda dei voleri stranieri e dell 'immigrazione selvaggia, dei poteri occulti e mafiosi, della televisione e delle discoteche, del fariseismo clericale e del neocorporativismo di qualsiasi minoranza sociale. Lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento, ma non dobbiamo arrenderci: dobbiamo invece guardare alla realtà oggettiva e scoprirne gli incredibili elementi che spingono verso un futuro migliore.

Viviamo una fase in cui le grandi trasformazioni tecnologiche e la nuova economia stanno ridisegnando e rimodellando la società, rendendo inesorabilmente obsoleti i vecchi rapporti di potere, le certezze costruite su mezzo secolo di raccomandazioni, di monopoli, di asservimenti, di corse verso il carro del vincitore. Una classe politica educata al disprezzo della Patria, del lavoro, che nel totale perseguimento dei propri interessi affaristici, particolari e partitici, ha costruito le basi del suo potere, sta avviandosi verso la crisi definitiva. Ecco perché la riscoperta e la lettura di Filippo Corridoni diventa oggi bagaglio indispensabile per qualsiasi soggetto abbia a cuore la rivoluzione nazionale e per questa intenda agire. Perché? Perché vi è un 'incredibile similitudine fra il periodo in cui Filippo Corridoni maturò la propria esperienza, vale a dire la seconda rivoluzione industriale, ed i nostri anni, presenti e futuri: allora le aziende municipalizzate di servizi, in primis i trasporti tranviari, la diffusione della prima luce a gas, l 'utilizzo dell 'energia elettrica, il diffondersi delle prime auto, la comparsa dell 'aeroplano. Oggi la tecnologia informatica, internet, il cablaggio delle città attraverso le fibre ottiche, le biotecnologie. Ed identiche sono le frustrazioni, le delusioni, la paura di non farcela di coloro che innestavano su quegli incredibili processi di modernizzazione il giusto antagonismo politico.

Citazione Filippo Corridoni

"Le mie idee non mi procurarono che prigione e povertà; ma se la prigione mi tempra per le battaglie dell'avvenire, se la prigione mi tempra l'anima e l'intelletto, la povertà mi riempie d'orgoglio. Se avessi avuto anima da speculatore o se avessi per un solo attimo transatto con la mia coscienza ora avrei una posizione economica invidiabile; ma siccome io so, sento che un soldo illecitamente guadagnato costituirebbe per me un rimorso mortale e mi abbasserebbe talmente dinnanzi a me stesso da uccidermi spiritualmente, così posso tranquillamente prevedere che la povertà sarà la compagna indivisibile della mia non lunga vita"

Filippo Corridoni

Il lavoro (Alain de Benoist)

Il lavoro (dal latino tripalium, strumento di tortura) non ha mai occupato un posto centrale nelle società arcaiche o tradizionali, comprese quelle che non hanno mai conosciuto la schiavitù. Poiché risponde alle costrizioni della necessità, il lavoro non realizza la nostra libertà, al contrario dell’opera, in cui ciascuno esprime la propria realizzazione. È stata la modernità, nella sua logica produttivistica di mobilitazione totale delle risorse, a fare del lavoro nel contempo un valore in sé, il principale modo di socializzazione, una forma illusoria dell’emancipazione e dell’autonomia degli individui ("la libertà attraverso il lavoro"). Funzionale, razionale e monetarizzato, questo lavoro "eteronomo", che gli individui compiono il più delle volte per sottomissione piuttosto che per vocazione, ha senso solo in vista dello scambio mercantile, e si inserisce sempre all’interno di un calcolo contabile. La produzione serve ad alimentare un consumo che l’ideologia del bisogno offre di fatto a mo’ di compensazione del tempo perduto per produrre. I compiti di prossimità di un tempo sono così stati progressivamente monetarizzati, spingendo gli uomini a lavorare per gli altri al fine di pagare chi lavora per loro. Il senso della gratuità e della reciprocità si è andato un po’ alla volta perdendo in un mondo in cui niente ha più valore ma tutto ha un prezzo (ovvero in cui ciò che non può essere quantificato in termini di denaro è considerato trascurabile o inesistente). Nella società salariale, tutti perdono perciò troppo spesso il loro tempo nel tentare di guadagnarsi da vivere.