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lunedì 24 maggio 2021

Claus Heim: il Presidente del Reich Nazional-bolscevico

Alto come una montagna, possente come una quercia, spalle gigantesche e un pugno terrificante: Claus Heim, il “generale contadino” è un eterno esempio di lotta contro il sistema.
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Forse è solo un’illusione, ma la storia a volte fornisce grandi sorprese: e se nel 1932 Claus Heim fosse diventato Presidente del Reich? La nostra storia, la storia dell’Europa liberale di oggi, sarebbe stata molto diversa. I più grandi e attivi nazional-bolscevichi del tempo, parliamo di Ernst Niekisch, Otto Strasser, Karl Otto Paetel, Erich Ludendorff, i militanti dei gruppi Oberland e Werwolf tentarono di farne il proprio candidato alla presidenza, in un momento quasi magico in cui tutte le forze nazional-rivoluzionarie parevano potersi unire contro tutto e tutti. Purtroppo questa svolta storica non è mai avvenuta e il futuro si è avviato nell’automatismo che ci ha condotto alla decadenza odierna.

Claus Heim


Ma chi è Claus Heim? Nasce il 24 marzo 1884 a Sant’Anna comune nel distretto di Dithmarschen nella regione dello Schleswig-Holstein. Dopo studi agrari e una vita contadina vicina alla famiglia, per dissidi con questa finisce prima in Danimarca, poi espatria in Paraguay. Anche qui si occuperà di gestire la propria terra e i propri allevamenti finché non dovette partecipare alla prima guerra mondiale come ufficiale. Tornato in America Latina trovò la situazione in condizioni disastrose e quindi nel 1923 tornò in patria.

Qui cominciano i primi veri scontri con il sistema politico tedesco. Heim deve acquisire la vecchia fattoria di famiglia e prende sempre più coscienza della situazione precaria in cui vivono i contadini. Verso la fine degli anni venti è aderente allo Stahlhelm e ci sono le sue prime apparizioni pubbliche nelle proteste dei contadini, il popolo della terra, che si ritroverà proprio nel movimento di resistenza Landvolkbund. Al suo fianco alla guida delle proteste troviamo Wilhelm Hamkens, il primo contadino a finire in prigione, più moderato e abile oratore, dal quale negli anni si allontanerà accusandolo di essersi compromesso con il potere per interessi e ambizioni personali.

Heim invece non accetterà mai compromessi, con niente e nessuno: “Era una personalità impressionante sotto ogni aspetto: un uomo alto sei piedi, spalle larghe, con una testa spigolosa e un modo di parlare calmo, diretto, determinato...era fermamente convinto del suo programma. Uno dei suoi antenati aveva svolto un ruolo di primo piano nelle lotte dei contadini del Dithmarschen contro l'oppressione feudale nel Medioevo, e Heim affermava che questo antenato, che si chiamava anch’esso Claus, era riapparso in lui e che aveva quindi assunto il ruolo di guida nel movimento popolare rurale.

Come molti gruppi affini del periodo, che è possibile rintracciare in vari articoli presenti sul nostro blog e che inseriremo a fine pagina, è spronato da ideali rivoluzionari, socialisti e nazionalisti. Nemico irriducibile del governo liberale di Weimar. Un erede delle lotte contadine, ma rinnovate da rivendicazioni sociali e una profondità spirituale che gli fa scacciare il materialismo modernista.

È importante, tuttavia, combattere non solo il disagio da un punto di vista puramente economico, ma anche combattere il disagio emotivo dei contadini e della gente di campagna” dirà in una lettera.

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Il bisogno economico deve, per così dire, essere un mezzo per raggiungere un fine. La lotta per l'esistenza economica ci è imposta”, ciò interessa gli agricoltori, che sono fortemente coinvolti in una visione materialistica della vita. “Ma possiamo ottenere un successo duraturo in questa lotta solo se la affrontiamo con un’interiorità sana i valori etici di sangue e terra... La disponibilità a fare sacrifici, l'altruismo, lo spirito combattivo sono bassi. La disponibilità a fare sacrifici, l'altruismo, lo spirito combattivo hanno lasciato il posto a bassi valori egoistici di tipo puramente materiale.” Le tradizioni, il sentire religioso e il legame del sangue con la terra devono per Heim essere riportate in primo piano nella vita dei contadini, e uniti a istanze sociali e rivoluzionarie.

E’ quindi a ridosso degli anni '30 che si trova in aperta guerra contro Weimar definito “un sistema politico che vuole distruggere il libero contadino”, tanto da affermare pubblicamente  “Da ora in poi non pagherò più le tasse!”.

Lasciamo al pezzo “Il Landvolk di Claus Heim” tratto dal libro “Il Questionario” di Ernst von Salomon per una ricostruzione sommaria della storia delle vessazioni economiche a cui erano sottoposti i contadini della sua regione, che infine sfociarono in proteste, scontri e veri e propri attacchi.

Il primo arresto di Heim avviene il 1 settembre 1929, a causa delle accuse di ex complici, e fu processato nel famoso “processo dei dinamitardi” ad Altona dall’agosto all’ottobre del 1930. Heim fu l’unico a non voler mai collaborare con il sistema, nemmeno in carcere. Affermò anzi che tutte le vessazioni subite, non facevano che acuire nei combattenti lo spirito della lotta. Lotta portata avanti sotto l’egida della bandiera nera, quel drappo adottato da tutti i rivoluzionari di ogni campo ed epoca: lo stesso Moeller van den Brucke lo propose come simbolo dei rivoluzionari nazional-bolscevichi di ogni tipo.

Ma i rivoluzionari veri hanno sempre tanti nemici, soprattutto fra chi vorrebbe monopolizzare le forze per controllarle e usarne lo spirito vitale. Infatti sebbene in guerra con tutti i liberali, colpi ferali ad Heim arrivarono dagli “amici” nazionalsocialisti e comunisti, stesso destino del nazional-bolscevismo in generale. Sin dai primi passi del movimento Landvolk infatti il nazismo tentò di appropriarsi della sua forza, addirittura fondando il secondo più importante giornale del Partito nel cuore di questa lotta contadina, sebbene regione periferica. Allo stesso tempo KPD (Partito Comunista) e NSDAP, i cui militanti consideravano enormemente il valore di Heim, portavano avanti una campagna per la sua liberazione, sfociata in una vera e propria proposta indecente del partito di Hitler: candidato nel proprio collegio elettorale, così da poter godere dell’immunità e uscire di prigione. Ma le parole di Heim tuonarono ancora e ci danno conto della grandezza dell’uomo: "Preferirei andare in prigione piuttosto che andare al Reichstag per voi".

Non era uomo da compromessi, aveva rifiutato anche una precedente proposta di grazia da avere in cambio della propria parola d’onore di non usare più la forza. No, fu ancora la risposta. Heim lamentava l’inutilità di quel tipo di Stato liberale, capace solo di ordinare e prendere e non di progredire per il popolo. Ricorda la famosa massima di Ernst Junger, non a caso un altro grande nazional-rivoluzionario: “Io sono Anarca non perché disprezzi l'autorità ma perché ne ho bisogno”. Quindi non un semplice antistatalismo, ma la scelta deliberata per un altro tipo di Stato.

Altra campagna per la sua liberazione fu organizzata finalmente dai compagni di lotta in un Comitato Claus Heim: Bruno Ernst Buchrucker, i fratelli von Salomon, Ernst Junger, Ernst Niekisch, Il Fronte Nero di Strasser, i sostenitori di Walther Stennes. In questo stesso sforzo, come si diceva all’inizio, la proposta di candidarlo alla presidenza del Reich, con grande timore non solo dei liberali di Weimar, ma anche dei “vicini” comunisti e nazionalsocialisti che temevano un concorrente troppo grande. Purtroppo questa grande coalizione nazional-bolscevica, anche a causa di sabotaggi vari, capace di affrontare le elezioni unendo temi cari ai rossi e ai bruni, potenzialmente capace di cambiare la storia, non riuscì a costituirsi e Claus rinunciò alla candidatura.

Da questo punto in poi la sua attività politica rientra, e nel 1939 tornerà alla sua terra non prima di aver evitato per un soffio il campo di concentramento dopo l’arresto ad opera del Gauleiter dello Schleswig-Holstein;fu liberato solo grazie ad un cognato “pezzo grosso” del Partito. Il nazismo mal sopporterà i nazional bolscevichi, tutti o in fuga, o morti e di certo non sopportava un uomo capace di opporre il “grande rifiuto” al compromesso borghese.

D’altronde il movimento di Heim, in quel momento con osciuto con il nome inequivocabile di Revolutionäre Landvolk-Bewegung nel 1937 aveva aderito ad un appello comune con altri gruppi (fra cui il Fronte Nero di Strasser) "Contro il sistema di Hitler"

"Quattro anni fa il sistema Hitler ha promesso la fine del sistema economico capitalista che doveva essere essere sostituito dal nuovo ordine del socialismo tedesco e quindi risolvere la questione sociale.
Dopo 4 anni scopriamo che il capitalismo in Germania non è diminuito, esercita un dominio opprimente… il "desiderio anticapitalista" del popolo tedesco è rimasto insoddisfatto.” e ancora: “Il sistema-Hitler ha risolto la questione sociale tanto quanto il sistema la Repubblica di Weimar e il precedente sistema imperiale”. Un appello che finiva con un perentorio “Il sistema Hitler deve morire, possa la Germania vivere!”

Le cose andranno diversamente e i sogni dei rivoluzionari vedranno più di una delusione.

Claus Heim morirà il primo gennaio 1968.

Di lui rimane l’esempio e l’ammirazione per la lotta e la libertà. L’esempio eterno capace di lottare per una causa senza compromessi con interessi e facili strade. La possibilità di unione fra anime diverse ma simili. Una totale opposizione, messa in pratica con fatti più che a parole contro un’autorità irricevibile che non si riconosce come tale.

La sua eredità era già stampata come sottotitolo del giornale del movimento Landvolk: “Meglio morto che schiavo!

Nemici del Sistema

Note:

Per approfondire la figura di Claus Heim: oltre al materiale presente sul nostro sito, di cui evidenziamo il già citato pezzo "del Questionario" di Von Salomon esistono due romanzi: uno dello stesso Ernst von Salomon "Die Stadt" e uno di Hans Fallada "Bauern, Bonzen und Bomben"

Inoltre qualche saggio fra i tanti: 

Richard Scheringer: Das grosse Los. Unter Soldaten, Bauern und Rebellen, 1979, S. 173.

Otto Ernst Schüddekopf: Linke Leute von rechts. Nationalbolschewismus in Deutschland von 1918 bis 1933, Stuttgart: Kohlhammer, 1960, S. 310 f.


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