sabato 10 agosto 2013

Sulla dialettica geopolitica (Sacha Papovicù)

« L’ultima ora della politica anglosassone suonerà il giorno in cui i Tedeschi, i Russi e i Francesi si uniranno », ricordava Karl Haushofer citando Homer Lea. L’intenzione di Haushofer era di persuadere le potenze continentali della necessità di cooperare tra loro e di giungere ad una forma di unione transcontinentale. Nella sua esortazione, egli amava citare il vecchio adagio romano: Fas est ab hoste doceri ( = è un sacro dovere imparare dal nemico). Nei suoi scritti, Haushofer ha fornito molteplici esempi delle diversioni anglosassoni miranti a distruggere ogni potenziale cooperazione gran-continentale. A partire da citazioni tratte da lavori di geopolitici e di diplomatici inglesi o americani, Haushofer dedusse la necessità di instaurare una cooperazione continentale e sottolineò il pericolo che una tale cooperazione significava per gli atlantisti. Ma se è importante imparare dal nemico e conoscerlo, altrettanto importante è conoscere i suoi potenziali alleati e tutte le specificità che li strutturano.

Nella letteratura geopolitica, noi incontriamo spesso il termine di « grande spazio » (Großraum). Lo si utilizza per creare una partizione, divenuta classica, tra l’Europa Centrale (Mitteleuropa), l’Europa Orientale e altri “grandi spazi” della stessa natura e dimensioni. Spesso, la Russia è identificata all’Eurasia, cosa che ci induce a dimenticare che la Russia è uno Stato complesso, una creazione politica che copre zone molto differenti tra loro, che sarebbe semplicistico qualificare unicamente eurasiano. Definire l’Europa orientale costituisce un’altra difficoltà terminologica, perché essa può essere considerata sia come il prolungamento dell’Eurasia, sia come un territorio racchiuso tra l’Eurasia e la Mitteleuropa, dunque come una sorta di periferia dell’Eurasia. Tutte queste teorie dimenticano che l’Europa dell’Est ha conosciuto un proprio sviluppo storico. Inoltre, essa ha pure una complessità geografica le cui basi territoriali si fondano sulla pianura est-europea. Poi, esse omettono di insistere su di un fatto patente: nel corso della storia, l’Europa dell’Est ha influenzato i destini dell’Europa tutta intera in maniera significativa quando non aveva alcuna relazione con il resto dell’Eurasia. Prendendo in considerazione questi dati, dobbiamo fare una distinzione chiara tra i termini Europa dell’Est ed Eurasia e mostrare ciò che li differenzia dalla Mitteleuropa.



Europa dell’Est e Mitteleuropa

Il pensatore russo Nicolaï Danilevski, che fu anche implicitamente un geopolitologo, fu essenzialmente l’autore de "La Russia e l’Europa". In quest’opera, egli criticò gli Europei e la loro propensione a dire che la Russia li "soffocava" e li "strangolava" a causa della sua potenza, della sua massa territoriale e delle sue dimensioni gigantesche. A partire dal suo punto di vista, che è evidentemente russo, egli accusava gli Europei di sviluppare una russofobia che concorreva a puntare alla distruzione dell’Impero degli Zar. Questo senso di soffocamento che avvertivano gli Europei del XIX secolo è la fonte di tutti i sentimenti anti-russi in Europa e di tutti gli antagonismi verso la Russia.

Il XX secolo, con la sua successione ininterrotta di avvenimenti sanguinosi e dei suoi conflitti intereuropei, ha dato ragione a Danilevski. Su questo piano, non vi è molto da aggiungere alle sue dimostrazioni. L’ultima campagna in ordine di data condotta dall’Occidente contro la Russia, appena uscita dalle rovine dell’Unione Sovietica, è una prova supplementare che nessun compromesso potrà mai essere concluso tra la Russia e l’Occidente, anche se questa campagna si svolgesse ancora solo con mezzi politici, economici e diplomatici; in ogni caso, i mezzi militari non devono essere esclusi dalle nostre speculazioni, anche quelle che guardano ad un avvenire prossimo. La Russia e l’Occidente sono dunque nemici irriducibili e la lotta tra questi due protagonisti durerà fino allo sterminio dell’uno o dell’altro.

Ma che cosa intendiamo con il termine "Occidente"? Siamo in grado di definirlo veramente? L’Inghilterra e gli Stati Uniti sono stati alleati della Russia durante le due guerre mondiali e, anche oggi, affermano di esserlo e offrono il loro "partenariato" a Mosca. La Russia non ha mai rappresentato il minimo pericolo per questi due paesi e mi sembra impossibile che essi possano condividere quel senso di strangolamento e di soffocamento, causato da un vicino troppo potente, che dispone di uno spazio smisurato e che si estende su un territorio immenso. La prospettiva è ben diversa quando parliamo di Europa Centrale. La storia ci mostra una quantità di episodi in cui lo sviluppo e la prosperità della Mitteleuropa sono stati arrestati bruscamente, che questo spazio ha subito le peggiori catastrofi civili a causa di una spinta venuta dall’Est. Basti ricordare le sconfitte tedesche delle due guerre mondiali, i successi russi durante la guerra dei Sette Anni (1756-1763), le campagne russe attraverso l’Austria, l’Italia e la Svizzera durante le guerre napoleoniche o, più tardi, durante queste stesse guerre, attraverso la Prussia, dopo la disfatta di Napoleone in Russia nel 1812-13, gli interventi russi contro i rivoluzionari in Austria e in Ungheria nel 1848: tutti questi avvenimenti hanno contribuito a far nascere una sfiducia in Europa nei confronti della Russia. L’Europa dell’Est, con il suo vasto spazio, sovrasta letteralmente la Mitteleuropa. Questo spazio procura vantaggi militari che sono stati spesso messi a profitto nel corso della storia; i suoi detentori hanno usufruito di questi vantaggi e di queste posizioni geografiche per creare delle condizioni interessanti anzi per assicurare un reale dominio sulla Mitteleuropa.

L’evoluzione della Russia

Nella sua storia, lunga 1200 anni, la Russia ha conosciuto numerosi cambiamenti e, oggi, noi non possiamo più semplicemente parlare delle pretese storiche che la Russia coltiverebbe a Est come a Ovest, oppure delle costanti della politica russa, soprattutto riguardo all’Europa. La Russia di Kiev era un tipico Stato dell’Est europeo come la Polonia o gli Stati baltici. Per le sue caratteristiche, la Russia di Kiev era contemporaneamente un ostacolo ad ogni espansione dell’Ovest verso Est, un trampolino per l’espansione russa da Nord verso Sud, cosa che in ogni caso bloccava ogni passaggio da Est a Ovest. Nello stesso tempo, questa Russia di Kiev controllava la pianura est-europea, hinterland naturale della Mitteleuropa o, meglio, essa controllava il vasto territorio che inclinava verso l’Europa centrale, inclinazione naturale che poteva, nel caso, trasformarsi in un’effettiva dominazione politica sui territori orientali della Mitteleuropa. Questi elementari dati geografici costituiscono di fatto la fonte del lungo antagonismo tra l’Europa dell’Est e la Mitteleuropa. Partendo da un territorio situato nell’Europa dell’Est, i Goti penetrarono nell’impero romano, terminando la loro corsa sulle rive del Nord Africa. Dopo i Goti, altri popoli barbari penetrarono in Europa centrale ed occidentale. Gli Slavi, da parte loro, all’epoca non risedettero mai in questa regione, almeno prima delle loro migrazioni verso Ovest e verso Sud. Questa regione è dunque la migliore piazza d’armi per organizzare delle incursioni in profondità nel territorio europeo. Se gettiamo uno sguardo retrospettivo sulla profondità di questi raid perpetrati dai popoli che avevano scelto la pianura est-europea come base per le loro campagne di guerre e di conquiste e se ci prendiamo la briga di riesaminare le conseguenze delle loro conquiste per lo sviluppo storico dell’Europa (comprendendovi la caduta dell’Impero romano), allora possiamo dire, quasi con certezza, che l’Europa dell’Est è una minaccia costante, una spada di Damocle sospesa sul resto dell’Europa.

Se prendiamo atto di questi fatti, possiamo concludere che il controllo della pianura est-europea è di un’importanza cruciale per il controllo del resto dell’Europa. La lotta tra Mosca e la Polonia è durata più di 300 anni ed è terminata con una vittoria russa. A partire da quel momento, l’influenza russa sulle questioni europee comincia veramente. Non dobbiamo dimenticare che lo Zar Ivan il Terribile esercitò in Europa un’influenza considerevole. Dopo un’eclissi piuttosto lunga, il XVIII secolo può essere oggi considerato come l’era della maggiore influenza russa in Europa (in coincidenza con il trionfo completo della Russia sulla Polonia). Dopo che la Russia si rese padrona di questa “piazza d’armi” in Europa, si pensò ad una futura marcia russa verso Ovest e verso la presa di Berlino, capitale della Prussica, cosa a cui si giunse durante la guerra dei Sette Anni. L’Europa centrale non aveva né poteva avere una risposta reale a questa sfida. L’Europa dell’Est scelse la via più facile, senza innescare innovazioni originali: preferì diventare la scacchiera di un gioco tra le potenze orientali (la Russia) e quelle occidentaliste e filo-atlantiste (la Francia), se non direttamente un gioco di pedine al servizio dell’atlantismo (l’Inghilterra). Tutti i progetti di conquista definitiva dell’Europa dell’Est si risolsero in incubi, in catastrofi totali. Le alleanze con la grande potenza orientale si trasformarono rapidamente in un completo vassallaggio, in cui questa Europa dell’Est serviva a strangolare le iniziative indipendentiste della Mitteleuropa, obbligandola a non situarsi più che alla periferia dei grandi avvenimenti mondiali. L’Europa centrale rispose a questa sfida coltivando un’ostilità obliqua, se non aperta contro l’Est, specialmente contro la Russia. Dietro questa ostilità, noi ritroviamo quella paura atavica dell’Est, ma anche, una reale apprensione di vedere questa regione d’Europa assumere una reale indipendenza, in grado di plasmare uno specifico avvenire.

Gli atlantisti, con le loro diversioni, con la loro presenza sui fianchi dell’Europa occidentale, creando reti d’informazione, reti finanziarie e diplomatiche sull’insieme del continente, hanno traviato l’essenza tradizionale dell’identità europea. Ma l’Europa dell’Est che, tipologicamente parlando, è legata alla civiltà della Mitteleuropa, ha sviluppato una forma di espansione diversa, assorbendo una parte dello spazio della Mitteleuropa per la semplice ragione che non c’era altra opportunità o prospettiva per sviluppare un avvenire con maggiore indipendenza. Questa rimane una grande questione: esiste ancora una risposta lucida e coerente da parte delle potenze centro-europee di fronte al colosso territoriale rappresentato dall’Europa dell’Est ? In ogni caso, si è potuto constatare che il confronto militare era la peggiore delle decisioni da prendere. La casta guerriera tedesca ha quasi sempre perso la battaglia in Europa dell’Est. E’ stata, in effetti, una successione di sconfitte: da Alexandre Nevski alla sconfitte contro la Polonia. Tutte queste sono state sconfitte della Mitteleuropa nel suo tentativo di penetrare lo spazio est-europeo. Tra le vittorie tedesche ad Est, va tuttavia annoverata la creazione di colonie e di banchi sulle coste orientali del Baltico, basi della futura Hansa. In una prospettiva continentalista russa (slavo/danilevskiana), si potrebbe dire che queste fondazioni hanseatiche furono in qualche modo gli archetipi delle alleanze transatlantiche, commerciali e marittime (« cartaginesi ») che sono l’Alleanza atlantica, la NATO e l’UE.

La Germania (e la regione dei Sudeti) non riuscirono dunque riuscite che in una limitata espansione nei dintorni del Baltico, non conquistando in realtà che una minima banda territoriale e litorale. Questa espansione rivela degli elementi talassocratici. Molto rapidamente, la Hanse, dall’epoca della sua creazione prese la forma di una corporazione commerciale e marittima, vale a dire la forma di una pseudo-talassocrazia. L’espansione in direzione dei litorali del Baltico orientale non ebbe tuttavia l’esigenza di forgiare le condizioni preliminari necessarie alla conquista dell’Europa dell’Est. La Germania aveva allora una più vasta base territoriale, una “piazza d’armi” maggiore per dare l’avvio al suo processo di espansione e non aveva un nemico potente. L’espansione verso il Baltico e il Mare del Nord era cominciata molto prima di ogni tentativo serio di penetrazione a Est. Questa espansione fu dunque un successo nella maggior parte dei suoi requisiti. In un tale contesto, dobbiamo considerare le espansioni in direzione delle coste orientali e nord-orientali del Baltico, verso la Prussica orientale, la Pomerania e gli Stati Baltici, come un processo in sé autonomo e non confonderlo con una penetrazione reale del territorio dell’Europa dell’Est, la cui natura è fondamentalmente continentale. Ogni tentativo di conquista di questo spazio continentale si è risolta in esperienze negative drammatiche dal punto di vista tedesco. Adolf Hitler commise questo errore classico, con le più tragiche conseguenze, fin dalla redazione della sua opera Mein Kampf, in cui egli vide l’espansione tedesca verso il litorale orientale del Baltico come un esempio positivo per ogni espansione tedesca verso Est. Da un successo limitato in uno spazio ridotto e particolare, egli volle trarre una regola generale per tutto l’Est dell’Europa il cui spazio è vasto e non paragonabile q quello, assai ridotto, del litorale Est del Baltico.

I Tedeschi e l’Eurasia.

Ci sono dunque le esperienze negative dell’Europa centrale nel senso di strangolamento percepito nei confronti dell’Europa dell’Est e dovuto anche a precedenti invasioni di popoli venuti dall’Est. Ma c’è un’altra sfida venuta da Est, a fronte della quale i rappresentanti della Mitteleuropa germanica hanno registrato più successi. Questa sfida è il richiamo dell’Asia centrale. Vogliamo qui affrontare la questione delle spedizioni in direzione di queste lande e steppe attraverso le quali i popoli dell’Est e dell’Asia centrale sono arrivati in Europa centrale. Il complesso geologico delle lande e delle steppe costituisce la via di accesso al centro dell’Asia e collega il cuore dell’Asia al cuore dell’Europa. Questa via è il percorso storico delle migrazioni un tempo utilizzato dai popoli asiatici nei loro tentativi di penetrare in Europa. Unni, Magiari e Mongoli crearono di volta in volta degli imperi al centro dell’Eurasia e giunsero in Mitteleuropa, dove furono fermati dai Franchi, dai Bavari e in seguito dagli imperatori germanici. È in un modo analogo a quello praticato dalla Russia di Kiev, la cui espansione verso Sud sbarrava la strada ad ogni espansione europea verso Est che si deve capire il ruolo geopolitico e strategico della Mitteleuropa : essa ha anche un orientamento « meridiano » e, per la sua posizione sulla carta, ha bloccato l’avanzata delle orde di Attila e di Gengis Khan. La Russia di Kiev, in misura minore, la Mitteleuropa, in misura maggiore, sono dei colli di bottiglia. Gli imperi dei popoli turco-mongoli sono stati imperi piccolo-eurasiani, non coprendo che in minima parte l’Eurasia, perché tenevano solo il centro, il cuore della massa continentale eurasiana; a partire da questo cuore, essi tentavano di raggiungere gli oceani, accumulando le conquiste e fondano degli imperi con, a termine, la volontà di creare un unico impero della Grande Isola del Mondo (del Vecchio Mondo). Nessuno di questi imperi è riuscito nel suo progetto.

L’Impero russo, che voleva perpetuare la tradizione dell’Orda d’Oro, proseguendo i tentativi di questo esercito mongolo, fu posto davanti ad una scelta : o rendere dinamiche le sue carte strategiche nell’Europa dell’Est o puntare verso la prospettiva eurasiano-mongola. La Russia si trovò davanti ad un’alternativa geopolitica. La sconfitta di Novgorod e la vittoria di Mosca hanno soprattutto significato la fine dell’ideologia commerciale di Novgorod, che aveva aspetti talassocratici ed era legata assai strettamente alla hansa nord-tedesca. Inoltre, la supremazia moscovita mise termine all’ideologia est-europea della Russia e spinse quest’ultima in un sistema ideologico eurasiano. In quell’epoca, la politica russa ha ricevuto i suoi primi elementi eurasiani, si è orientata verso Est, verso i Monti Urali, verso la Siberia. Comunque, gli orientamenti politici russi verso Ovest rimasero quasi identici a quelli dell’opzione est-europea di Novgorod, come dimostra il conflitto con la Polonia per il dominio di questa zona geografica dell’Europa. I primi elementi eurasiani della strategia generale russa si espressero in maniera palese quando gli eserciti dello Zar intervennero in Ungheria nel 1848, intervento che costituì una spinta offensiva verso Ovest. In maniera ancora più chiara, i movimenti degli eserciti russi e sovietici al tempo delle due guerre mondiali, come gli interventi sovietici in Europa dopo il 1945, sono delle opzioni strategiche di tipo eurasiano. Ma, anche in questo caso, la geopolitica eurasiana dell’URSS resta al servizio di un’espansione in Europa dell’Est, anzi di una penetrazione nella Mitteleuropa. Ad esempio, durante la seconda guerra mondiale, i principali sforzi degli eserciti russi furono portati in direzione di Berlino, dell’Ukraina e dell’Ungheria, sia in direzione della pianura della Pannonia e di Vienna, mirando molto logicamente a restaurare la dominazione del cuore dell’Eurasia sulle frange del continente, ossia una dominazione di tutto il complesso geologico delle pianure e delle lande.

La più importante battaglia sul fronte dell’Est si svolse a Stalingrado e non a Mosca o a Leningrado. La Russia sovietica fece uso dei profitti di questa battaglia proseguendo con l’avanzata delle sue armate in Ucraina e fino in Ungheria, cosa che permise all’URSS di dominare pienamente l’Europa dell’Est. Dal punto di vista centro-europeo, mi sembra estremamente importante osservare la continuità della politica russa che va da una caratterizzazione geostrategica est-europea ad una eurasiana. Comunque, l’interesse delle potenze centro-europee non è di veder emergere una Russia filo-atlantista, dall’ideologia mercantile, dal sistema economico proto-capitalista, sul modello di certe istituzioni russe nate sotto il segno delle riforme di Pietro il Grande. Quel modello russo è quello che vogliono ricostruire gli attuali mondialisti russi dagli inizi della perestroïka. Questa politica atlantista-perestroïkista va del tutto contro gli interessi reali della Mitteleuropa, esattamente come lo era la politica d’intervento in Europa dell’Est della vecchia Russia zarista e dell’URSS dopo il 1945.

Una Russia atlantista sarebbe una Russia che abbandona l’essenza continentale tradizionale della Russia. In tal caso, e in un primo lasso di tempo, dovremmo attenderci una riedizione delle inclinazioni verso l’Europa dell’Est (come nel XVIII secolo), semplicemente perché solo quest’Europa dell’Est dispone di porti sul Baltico e sul Mare di Barents, e non verso le pianure e le lande dell’Eurasia. Questi porti sono le sole vie navali possibili verso l’Atlantico per la Russia. L’eventuale orientamento atlantista-perestroïkista della Russia potrebbe rivelarsi un’arme formidabile nelle mani delle forze atlantiste, come lo fu durante le due guerre mondiali, soprattutto a causa dell’ignoranza tedesca che, non comprese l’essenza reale della geopolitica russa e il ruolo delle diverse zone geografiche nel corso delle differenti epoche storiche di questo immenso paese. Una simile Russia atlantista potrebbe servire a strangolare, in maniera nuova, l’Europa centrale o contribuire ad allinearla definitivamente sulle volontà della comunità atlantica. Mettendo da parte questi due orientamenti, il filo-atlantista e l’est-europeo, la Russia potrebbe optare per una terza via, quella del piccolo-eurasismo, prima tappa in direzione di una cooperazione eurasiana generale, il cui obiettivo principale è la conquista dell’intera Isola del Vecchio Mondo, ossia la Grande Eurasia, e di eliminarvi definitivamente ogni impero atlantista, di qualunque ordine sia. Nel caso di una tale prospettiva eurasiana, la Germania avrebbe il potere di resistere. In effetti, una retrospettiva storica ci permette di constatare che le età eroiche, nobili ed efficaci della storia tedesca di tradizione continentale sono tutte state dei periodi di rigetto delle correnti eurasiste nel cuore della Mitteleuropa. I nuovi Stati dell’Europa centrale sono nati da questo conflitto, come lo Stato franco nacque dalla lotta contro gli Unni e come il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, il cui apice fu nel XIII secolo, al momento delle invasioni mongole.

L’Europa dell’Est contro l’Eurasia

La visione di Danilevski —che voleva creare una grande unione panslavista— mon si realizzò che attraverso la fondazione del Patto di Varsavia. Se noi non teniamo conto dei rivestimenti ideologici che hanno caratterizzato la creazione di questa alleanza militare teleguidata da Mosca, appare chiaramente che la linea direttrice di questo Patto segue i contorni generali suggeriti da Danilevski per la sua unione panslavista sotto tutela russa. Questo Patto segna la vittoria dell’Europa dell’Est, ma non dell’eurasismo. L’Europa dell’Est, con l’insieme dei suoi territori, assorbì una buona parte della Mitteleuropa, trasformando il resto del suo spazio centro-europeo in una periferia dell’Occidente atlantista. Dal punto di vista degli interessi di Mosca, la creazione del Patto di Varsovia consistette nel darsi un titolo di proprietà sull’Europe dell’Est. L’opzione est-europea della politica tradizionale della Russia l’aveva spuntata, sanzionando la piena dominazione russa sulla regione dopo una vittoria completa sulle potenze centro-europee. Vittorie simili erano accadute nel corso della storia passata e non sembrava dunque logico attendersi in futuro nuove penetrazioni di tipo geopolitica est-europeo. Se analizziamo da questo punto di vista le clausole del Trattato Ribbentrop-Molotov dell’agosto 1939, possiamo dire che si trattò di una vittoria delle strategie di orientamento est-europeo e non delle strategie d’orientamento eurasiano o centro-europeo (tedesco), perché con questa vittoria, Mosca ristabilì il suo controllo sui Paesi Baltici, oltre alla nuova divisione della Polonia che ne risultò; poi con la conquista della Camelia, in seguito alla guerra finno-sovietica dell’inverno 1939-40, l’URSS di Stalin ottenne la dominazione completa della zona geostrategica dell’Europa dell’Est, ivi compreso il litorale orientale del Baltico, guadagnando così delle teste di ponte per ogni eventuale espansione futura verso Ovest. Uno degli errori più patenti del comando tedesco e della geopolitica tedesca di fronte alle problematiche dell’Europa dell’Est e della Russia, fu di aver compreso assai male le dinamiche e le costanti geopolitiche delle differenti parti della Russia ed il loro significato per l’Europa centrale.

Firmando quel patto, i Tedeschi non solo cedettero all’URSS il controllo dell’Europa dell’Est, ma anche le parti del Nord-Est dell’Europa a partire dalle quali essi potevano, nel caso, lanciare un’efficace offensiva contro l’Europa dell’Est, pure all’interno del suo territorio (anche se era difficile evocare un successo reale, vista l’immensità territoriale dell’Europa dell’Est). La storia ci insegna, ad esempio, che lo Stato polacco-lituano poté avanzare le sue pedine molto in profondità nel territorio est-europeo, in particolare prendendo per diversi secoli il controllo di Smolensk e della sua regione. Tale conquista polacco-lituana fu possibile perché questo Stato possedeva precisamente la frangia litorale baltica, che Ribbentrop abbandonò a Stalin nell’agosto 1939; si tratta del territorio degli attuali Stati baltici, che si estende sufficientemente a Nord e ad Est per offrire un trampolino adeguato alla penetrazione su una maggiore profondità del territorio dell’Europa dell’Est propriamente detto. Altro fattore di questo successo polacco-lituano: l’Europa dell’Est, all’epoca, era frammentata in un gran numero di piccoli Stati. A parte l’occupazione tedesca dell’Ukraine, dopo il 1918 durante il caos della guerra civile russa, la quale non fu che di breve durata, l’altra grande operazione tedesca nella regione, avviata nel giugno del 1941, si risolse con un fallimento: la Germania, principale potenza della Mitteleuropa, fu incapace di impadronirsi della grande massa territoriale dell’Europa dell’Est. Per i Tedeschi, come per Napoleone, fu un fiasco e una catastrofe, perché non avevano studiato correttamente le caratteristiche di quella regione né avevano analizzato in profondità gli avvenimenti storici antecedenti. Essi dovettero soccombere all’ingenua fede nell’invincibilità della tecnica tedesca, la quale non poteva loro garantire una vittoria in un tale ambiente geopolitica.

Il patto Ribbentrop-Molotov costituì una soluzione diplomatica positiva per la Russia sovietica (nella prospettiva della sua geopolitica est-europea). Fu un successo perché con questo patto essa riuscì a infiltrare completamente la frangia estremo-occidentale dello spazio est-europeo, il che creò le condizioni dell’ulteriore penetrazione, dopo il 1945. comunque, se si procede ad un’analisi a lungo termine in una prospettiva eurasiana, la visione est-europea, che presiedette a questo patto Ribbentrop-Molotov, è molto negativa. Per comprendere questa negatività intrinseca, bisogna operare una retrospettiva storica più approfondita tornare nell’età delle migrazioni inter-europee, della proto-storia, quando gli antenati degli Elleni penetrarono nella penisola balcanica, poi riflettere sulle implicazioni geopolitiche dell’ingresso dei Goti e poi degli Slavi in questa stessa penisola. Noi constatiamo, analizzando questi avvenimenti storici cruciali, che questa parte dell’Europa dell’Est consiste in un trampolino per avanzare più ad Ovest verso l’Europa centrale e occidentale. I Goti, partendo dall’attuale Ukraina, poterono fare razzie nell’intera Europa, prendere Roma, poi conquistare le coste del Nord Africa, dopo aver preso le coste settentrionali del Mar Nero. Nel corso di queste migrazioni e di queste conquiste, essi abbandonarono l’Europa dell’Est ma divennero uno sbarramento efficace contro i flussi migratori offensivi di altri popoli venuti dalla steppa eurasiana per invadere l’Europa. Questo popolo venuto dall’Europa dell’Est e, più tardi, gli Slavi, conquistarono l’Europa centrale o parti importanti di essa ma, come non erano dipendenti o non avevano legami con il sistema geopolitico/geologico delle lande e delle steppe dell’Eurasia, essi non conservarono legami con questo spazio, né con l’Europa dell’Est, il che impedì loro di elaborare progetti più vasti. La geopolitica russa del XIX secolo era orientata verso l’Europa centrale e per questa ragione rese marginali le sue dimensioni eurasiane. Questo indusse la geopolitica russa a trascurare la corrente espansionistica in Asia centrale per paura di turbare le sue relazioni con la Turchia (d’ispirazione turanica) e con i Britannici, presenti in India. La Russia lasciò così ai Britannici mano libera in quella regione. .

Il Patto di Varsavia conobbe un destino simile. I suoi interessi erano troppo concentrati sull’Europa. Inoltre, la Guerra Fredda implicava delle immissioni sovietiche in America del Sud ed in Africa, cosa che contemporaneamente si sacrificava ogni cooperazione con la Cina. Dunque, se la Russia attuale opta di nuovo per una prospettiva est-europea, anche nella veste di un’integrazione euro-russa, possiamo aspettarci un rilassamento dell’interesse russo per l’Estremo Oriente, parallelamente ad una immersione russa nelle questioni europee, con il risultato che la Russia diverrebbe assai facilmente una vittima delle sovversioni atlantiste. Queste susciterebbero immancabilmente un nuovo antagonismo sino-russo, questa volta perché l’espansione naturale della Cina si estenderebbe alle regioni di frontiera della Russia siberiana che il governo centrale moscovita trascurerebbe in quanto occupato a perfezionare la sua immersione nelle questioni europee. È, in ogni caso, quello che ha previsto Brzezinski, il quale spera in una dissoluzione della coesione in Asia centrale e teme una cooperazione eurasiana in questa parte altamente strategica dello scacchiere mondiale. È per queste ragioni che la nuova Russia post-sovietica deve abbandonare la sua prospettiva est-europea per adottare una prospettiva eurasiana.

Questa nuova Russia post-sovietica utilizzerà i suoi atouts est-europei come un’opzione di riserva, puramente potenziale, come eventuale alternativa in caso di cambiamento, ma opporrà il suo eurasismo al continentalismo del panturchismo e della Cina, utilizzato oggi dalle forze talassocratiche atlantiste per realizzare degli obiettivi che sono strettamente atlantisti ed anti-continentali. L’opzione essenziale della nuova Russia post-sovietica, il suo orientamento e i suoi obiettivi dovranno essere strettamente eurasiani. La dinamica eurasiana dovrà aprire tutti gli azimuts, a partire dal nucleo centrale della massa continentale eurasiana, per estendersi, in un primo tempo, a tutto il sistema delle lande e delle steppe d’Eurasia, per garantire, in un secondo tempo, il dominio dell’intera Isola del Vecchio Mondo e respingere definitivamente fuori dal Grande Continente l’influenza atlantista.

La prima direzione in cui questa dinamica dovrà mettersi in moto è quella meridionale. Conviene effettivamente occupare la parte Sud del cuore dell’Eurasia, quella denominata la “Via della Seta”. Si tratta degli attuali territori della Turchia, della Persia (l’Iran) e dell’Asia centrale, base di ogni balzo in avanti verso i mari del Sud. Su questo piano, Mosca deve raccogliere una sfida principale: i progetti panturanici, attualmente "sponsorizzati" dalle forze atlantiste. I progetti panturanici, da parte loro, si oppongono agli sforzi britannici ed americani di ricostruzione geopolitica dell’Asia del Sud e del Centro. Per l’Europa in generale, per la Germania in particolare, è di cruciale importanza che possa essere stabilito un asse di comunicazione tra questa zona, la Russia e la Germania. I geopolitologi, politologi, politici ed esperti tedeschi, che si sono nutriti delle discipline connesse della geopolitica, devono oggi comprendere il significato primario di questa via di comunicazione in Eurasia e dei legami che devono unirle all’Europa. Questa via è sempre stata quella dei conquistatori, quella delle grandi dinamiche della storia: oggi, in una generale prospettiva eurasiana, in corso di progettazione, essa deve diventare la via della cooperazione gran-continentale, perché è la base di una identità geopolitica reale e fonda la comunità d’interessi di tutte le potenze europee. Questa strada passa per la pianura del Sud dell’Ukraina, a partire dalla Romania e dall’Ungheria. Al termine di questa via, noi troviamo l’Austria, la Baviera e pure il Nord della Francia, regione in cui si concluse nel disastro l’invasione degli Unni di Attila. Il ricordo di questa invasione unna, che segnò definitivamente la sorte dell’Impero romano, fa sì che i territori austriaco, ungherese e romeno, che formano lo spazio danubiano, siano (o debbano essere) gli oggetti primari della geopolitica tedesca. La loro organizzazione geopolitica (civile e militare) è la condizione sine qua non di ogni geopolitica tedesca e imperiale efficace.

A questo livello, dobbiamo sottolineare tutta l’importanza dell’orientamento tradizionale di una parte della geopolitica tedesca verso i paesi danubiani (che racchiudono un autentico caos, preferiscono generalmente rimembrarsi del passato che puntare al futuro), orientamento che implica un’accresciuta attenzione per la piana ungherese-romena che alla fine dà accesso al cuore dell’Eurasia. Se la Germania adotterà di nuovo, di concerto con l’Austria e l’Ungheria, questo tradizionale orientamento danubiano-eurasiano, si avrà un effetto positivo sull’atteggiamento russo in Ucraina e sulle rive del Mar Nero. Nella medesima ottica, si può interpretare il passato in maniera interessante: ci si ricorderà che la Germania, dispiegando le sue forze secondo un asse Nord-Sud, bloccava ogni espansione eurasiana della Russia sovietica verso Ovest, secondo una vecchia logica europea. Adottando una logica danubiana secondo un asse Ovest-Est, la Germania eviterà di reiterare il suo errore fondamentale; essa trasferirà le sue energie, che gli Slavi hanno sempre trovato aggressive, in una logica di cooperazione dinamica di lunga durata, che permetta anche di sganciare definitivamente la Germania dalla morsa atlantista in cui è rinserrata da quasi sei decenni. Questa logica danubiano-eurasiana, avrebbe anche l’effetto di rafforzare il vero spirito tradizionale russo. La Russia, così stimolata, concentrerebbe le sue attività nella metà settentrionale del nucleo centrale dell’Eurasia, al fine di investire progressivamente la sua metà meridionale, creando in questo modo un’autentica cooperazione con l’Eurasia meridionale.

La nuova Russia potrebbe prendere esempio dal modello geopolitico del primo Stato moscovita offensivo, cioè l’Impero mongolo, che aveva preso il controllo di questo nucleo territoriale eurasiano, per investire poi il Sud, prendendo successivamente la Persia e l’India. Il modello mongolo indica alla nuova Russia la via da seguire. Ricordiamo anche la vittoria dei Mongoli sui Turchi, vittoria dell’Eurasia su Turan. Sviluppando la sua logica est-europea, la Russia ha più volte tentato di battere i Turchi sul suolo europeo, specialmente sui Balcani. Gloi eserciti russi registrarono dei veri trionfi in queste imprese, ma mai una vittoria totale, perché Costantinopoli e l’Anatolia rimasero fermamente tra le mani dei Turchi. I Mongoli, contrariamente agli sforzi Russi sui Balcani, seguirono una logica eurasiana e attaccarono i Turchi da Est, utilizzando a loro profitto il vasto territorio continentale che si estendeva dietro il fronte. È così che essi inflissero una sconfitta catastrofica ai Turchi, rappresentanti di Turan.

Se la Russia abbandona le sue priorità est-europee per orientarsi a fondo nella prospettiva eurasiana, il turanismo turco non potrà più minacciare né l’Europa né la Russia. Il modello della Russia moscovita (che prese il testimone dalla Russia di Kiev e di Novgorod) fu dunque l’Impero mongolo, che controllava il territorio centrale dell’Eurasia, il che gli permise più tardi di controllarne le frange meridionali in prossimità dell’Oceano Indiano. La vittoria dei Mongoli eurasiani sui Turchi turanici è un’esperienza positiva e deve servire da modello e da guida per l’avvenire ai nuovi Russi post-sovietici. Quando la Russia ha praticato una geopolitica est-europea, ha soprattutto tentato di battere i Turco sul campo di battaglia balcanico, al fine di prendere Costantinopoli e installarsi sul territorio anatolico. Nel 1877-78, gli eserciti russi mancarono la conquista del preda e, alla fine, con l’appoggio dell’Inghilterra, i Turchi conservarono tutti i loro atouts geostrategivi (Costantinopoli e dintorni, il trampolino anatolico verso l’Egeo, la Mesopotamia, etc.). Le spedizioni russe sui Balcani furono la messa in pratica di una geopoliutica est-europea, avviata dall’epoca della Russia di Kiev, per proseguire fino alla seconda guerra mondiale (le pretese di Molotov nel novembre 1940 a Berlino lo attestano in maniera eloquente). Sembra effettivamente impossibile, per la Russia, battere la Turchia sui Balcani e in Tracia; in compenso, prendendoli a rovescio da Est, come fecero i Mongoli durante il nostro Medio Evo, la vittoria è quasi assicurata, come quella di Tamerlano (Timour Leng) ad Angora (Ankara) nel 1402. Questa vittoria mongola diede respiro all’Europa e obbligò i Turchi a riconquistare l’Anatolia ed il Kurdistan, prima di ritornare contro l’Europa dopo la presa di Costantinopoli del 1453. Se la Russia adotta domani una prospettiva eurasiana nella sua geopolitica, essa riallaccerà con questa prospettiva di Tamerlano, con grande vantaggio per l’intera Europa. Questo lascerà mano libera alla Germania, per riprendere la sua politica di cooperazione con la Turchia, che di fatto cesserà allora di essere atlantista, e per estendere la sfera d’influenza europea alla Mesopotamia, (cosa che gli Americani vogliono impedire occupando l’Iraq) e darle una finestra sul Golfo Persico e l’Oceano Indiano.

Senza una divisione dei compiti, e senza l’appoggio russo nella forma di un riorientamento geoipolitico di tipo eurasiano, nulla sarà possibile né per la Germania né per un’altra potenza europea. Di contro, senza un appoggio tedesco, la Russia non potrà rianimare le sue assopite dinamiche eurasiane. L’Europa non avrà finestre sull’Oceano Indiano, un vecchio sogno dai tempi di Roma e delle Crociate, e la Russia non avrà accesso all’Oceano Indiano senza una vera cooperazione germano-russa, stavolta senza le negaste ambiguità del patto Ribbentrop-Molotov. Ma per arrivare a questo doppio risultato, bisogna iniziare, al più presto, un serio lavoro di genere cognitivo, imparare a conoscere bene la storia, la geografia e i bisogni dei nostri futuri partners. Se i partners non si conoscono, ci minacciano gravi pericoli, come molte volte è accaduto nel corso della storia, perché allora i progetti di cooperazione, anche portati con le migliori intenzioni, finiranno per incupire nell’orrore di nuovi conflitti tra potenze di terra, il cui verificarsi andrebbe ad unico beneficio dello pseudo-impero talassocratico d’Oltre Atlantico.

Belgrado, agosto 2003.

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