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venerdì 26 giugno 2020

George Sorel: fascismo e comunismo, la coerenza della rivoluzione (Mario Bernardi Guardi)

Georges Sorel muore il 27 agosto del 1922.

In un momento in cui per i bolscevichi in Russia e per i fascisti in Italia -gli uni e gli altri figli dell'ardente messianismo soreliano- c'è una specie di diritto alla rivoluzione o alla conquista dello Stato, che la guerra ha reso esplicito: paradossalmente i governi, mobilitando le masse e gettandole nella fornace del conflitto, hanno offerto al cives/miles l'occasione storica per diventare parte attiva dello Stato e, insieme, arma politica per contestarlo.

Kurt Suckert -il futuro Curzio Malaparte- lo capiva bene: il fante-carne-da-cannone -che si ribella alle idee di patria e di eroismo, imposte dagli stati maggiori e dalle oleografie borghesi, e contro di esse fa Caporetto- è il santo maledetto che, confusamente, una sua patria e un suo modello di eroismo intuisce ed evoca. E che il suo mito si chiami Italia o classe operaia non fa grande differenza, purché nell'una o nell'altra egli, depositario e dispensatore di energie nuove, si senta cittadino o compagno. O magari l'una e l'altra cosa?
È questo che vede e vuole il Sorel che, sul limitare della vita, ripensa il proprio socialismo, traccia bilanci, guarda con simpatia Lenin che ha fatto la rivoluzione e a Mussolini che sta per fare la marcia su Roma? Che Sorel muoia lasciando eredità di affetti sia tra i fascisti che tra i bolscevichi è indubbio. E come poteva essere diversamente? Ci ricorda comunque Giuseppe Ludovico Goisis che «l'interpretazione del sindacalismo rivoluzionario che è finita per imporsi è quella stessa che del fenomeno ha dato il fascismo».
Nella voce "Fascismo" firmata da Benito Mussolini nell'Enciclopedia Italiana si legge: «Nel grande fiume del fascismo troverete i filoni che si dipartono dal Sorel, dal Peguy, dal Lagardelle del Mouvement socialiste e dalla coorte dei sindacalisti italiani che tra il 1904 e il 1914 portarono una nota di novità nell'ambiente socialistico italiano, già svirilizzato e cloroformizzato dalla fornicazione giolittiana, con le "Pagine libere" di Olivetti, la "Lupa" di Orano, il "Divenire sociale" di Enrico Leone».

domenica 21 settembre 2014

Citazioni su Filippo Corridoni

Improvvisata una tribuna vi salì per primo certo Corridoni. Costui incominciò il suo discorso stigmatizzando la Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro per avere essa impedito stamane l 'ingresso alla camera agli operai non muniti di tessera. L 'oratore si scagliò in special modo contro il Dell 'Avalle, che chiamò traditore. Un altro biasimo rivolse il Corridoni alla Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro e ai dirigenti le sezioni metallurgiche, perché tanto l 'una come gli altri osteggiarono l 'idea dello sciopero. Continuando la sua violenta concione, il Corridoni propose un voto di protesta contro il giornale Il Tempo per il contegno da esso sostenuto nei riguardi della odierna agitazione. L 'oratore concluse proponendo che si formassero diverse squadre le quali nel pomeriggio avrebbero dovuto recarsi davanti ai diversi stabilimenti per impedire l 'entrata degli operai. L 'oratore fu applaudito.
Corriere della Sera 19 aprile 1907

A difendere una barricata proprio di fronte alla Camera del Lavoro stava Corridoni con alcuni amici. Ad un tratto, quando la difesa di quell' avamposto aveva il suo limite estremo, un ufficiale di cavalleria gli puntò contro la rivoltella gridandogli: "Vai via o sparo!" Leo Celvisio non si mosse. Rispose offrendo il petto: "Spara dunque, vigliacco".
Tullio Masotti, "Corridoni", Milano 1933, pag. 33

Biografia di Filippo Corridoni

1887: Filippo Corridoni nasce il 19 agosto a Pausula in provincia di Macerata, dal 1931 ribattezzata in suo onore Corridonia, da Enrico, operaio in una fornace, e da Enrica Paccazocchi. Con lui tre fratelli: Maria, che in seguito sposerà Amilcare De Ambris, futuro segretario del sindacato metalmeccanico durante il fascismo e fratello del più noto Alceste De Ambris; Ubaldo (Baldino), che morirà nella prima guerra mondiale e Giuseppe (Peppino), grande mutilato della prima guerra mondiale, il quale, dopo aver aderito ai fasci di San Sepolcro ed aver subito un 'aggressione bolscevica in Piazza Mercanti, morirà poco tempo dopo .

1895-1904: grazie al prozio Filippo, frate francescano e missionario, noto predicatore, acquisisce nozioni di cultura classica ed una conoscenza base della lingua francese e latina. Studia alle elementari e viene avviato al lavoro in una fornace. La sua volontà di proseguire gli studi lo porta a Fermo dove si iscrive, aggiudicandosi una borsa di studio, all 'Istituto Superiore Industriale, ottenendo nel 1904 il diploma di perito e disegnatore di macchine. Legge testi di Mazzini e Pisacane, probabilmente studia Marx. Rivela immediatamente una forte intelligenza ed un carattere franco, ardito e leale, affezionato verso tutti e teso a difendere i deboli, sempre desideroso di apprendere.

Filippo Corridoni sindacalista rivoluzionario (Andrea Benzi)

PREFAZIONE
Che cosa resta? Che cosa resta del sacrificio di Filippo Corridoni, della sua azione pura e disinteressata, del suo martirio consumatosi nei borghi di Parma, di Bologna, nelle piazze e nelle vie di Milano e, infine, sulle trincee del Carso? Che cosa resta della sua lotta incessante per i diritti dei lavoratori e per la liberta e l 'unità della Patria? Se guardassimo la realtà odierna, la risposta più evidente sarebbe questa: nulla. Nulla di quel sacrificio oggi resta in questa Italia preda della politica partitica degli spot e della corruzione, preda del sindacalismo giallo e dell arroganza padronale, preda dei voleri stranieri e dell 'immigrazione selvaggia, dei poteri occulti e mafiosi, della televisione e delle discoteche, del fariseismo clericale e del neocorporativismo di qualsiasi minoranza sociale. Lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento, ma non dobbiamo arrenderci: dobbiamo invece guardare alla realtà oggettiva e scoprirne gli incredibili elementi che spingono verso un futuro migliore.

Viviamo una fase in cui le grandi trasformazioni tecnologiche e la nuova economia stanno ridisegnando e rimodellando la società, rendendo inesorabilmente obsoleti i vecchi rapporti di potere, le certezze costruite su mezzo secolo di raccomandazioni, di monopoli, di asservimenti, di corse verso il carro del vincitore. Una classe politica educata al disprezzo della Patria, del lavoro, che nel totale perseguimento dei propri interessi affaristici, particolari e partitici, ha costruito le basi del suo potere, sta avviandosi verso la crisi definitiva. Ecco perché la riscoperta e la lettura di Filippo Corridoni diventa oggi bagaglio indispensabile per qualsiasi soggetto abbia a cuore la rivoluzione nazionale e per questa intenda agire. Perché? Perché vi è un 'incredibile similitudine fra il periodo in cui Filippo Corridoni maturò la propria esperienza, vale a dire la seconda rivoluzione industriale, ed i nostri anni, presenti e futuri: allora le aziende municipalizzate di servizi, in primis i trasporti tranviari, la diffusione della prima luce a gas, l 'utilizzo dell 'energia elettrica, il diffondersi delle prime auto, la comparsa dell 'aeroplano. Oggi la tecnologia informatica, internet, il cablaggio delle città attraverso le fibre ottiche, le biotecnologie. Ed identiche sono le frustrazioni, le delusioni, la paura di non farcela di coloro che innestavano su quegli incredibili processi di modernizzazione il giusto antagonismo politico.