Un breve articolo di diversi anni fa di Costanzo Preve: è evidente la capacità di analisi del filosofo torinese, capace di vedere ben prima di altri il futuro successo di quello che verrà chiamato "sovranismo", ma legandolo chiaramente al tema della liberazione nazionale dalla NATO, senza la quale non esiste nessun tipo di sovranità.
In questi ultimi tempi, le problematiche innescate da un'accelerata -nei fatti spesso 'eversiva'- esplosione dei conflitti d'etno/determinazione stanno ri-calamitando da più parti un notevole interesse per la tematica nazionalitaria, sia per la natura complessa degli elementi che la caratterizzano, sia, appunto, per i variabili effetti di cui è portatrice.
Eppure a sinistra, perlomeno da parte di quelle forze non omologate e non compromesse con il sistema di dominio imperante, non emerge, né in sede di analisi né, tantomeno, come possibile 'via' strategica, la capacità di individuare le dinamiche, le direttrici e le valenze di un fenomeno che non di rado, con un compattamento ed una forza d'urto notevole, riesce ad attivare e a veicolare sul binario di un ritrovato senso di appartenenza -su base etno/culturale appunto- una serie di rivendicative, radicali istanze di giustizia sociale.
Il processo di 'semplificazione' della politica mondiale ha dato ulteriore impulso alla mondializzazione dei mercati e, quindi, ad una necessaria omogeneizzazione delle culture (1) e ha gettato le basi per una serie di conflitti 'limitati' -come quello appena concluso nel Golfo- per stabilire chi avrà un ruolo-guida all'interno del sistema capitalistico mondiale o, in subordine, come avverrà la spartizione inter-imperialistica di ruoli e zone d'influenza. Sul campo, quali 'soggetti politici' in grado di contrastare questa tendenza, vi sono i movimenti nazionalitari con tutto il loro intrinseco, caratterizzante bagaglio di aspirazioni, quali la volontà di affermazione e di determinazione del comune destino sul proprio 'spazio culturale', di auto-regolato utilizzo delle risorse, di sviluppo auto-centrato ed armonico con i propri bisogni, ecc.
La rivendicazione della propria specificità culturale, strettamente legata alla 'materialità' del controllo e dell'autogoverno dell'habitat d'appartenenza (2), rappresenta per ogni popolo la conditio sine qua non, la cruna dell'ago per ridisegnare -su piani di equità e di rispetto- relazioni sociali, modi di produzioni, nuovi assetti del territorio, ecc., in una prospettiva possibile di autentica liberazione globale.