“e Gesù a lui: - In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso.- “
(Luca 23,43)
Prologo
I resoconti di una guerra sono sempre poco affidabili. Ancora meno lo sono stati quelli dell’attuale II guerra del Golfo. Dico attuale perché, anche se essa sembra giunta al termine sul piano strettamente macro-militare, oramai il vaso di Pandora è stato aperto e, come dicono alcuni esperti, il cosiddetto dopoguerra potrebbe essere più cruento della guerra stessa . In ogni caso, nel corso del conflitto, i teatri delle operazioni erano impenetrabili al comune osservatore e le notizie che arrivavano all’esterno, prodotte o dai comandi militari e politici delle parti in causa, cioè da persone per cui poteva e può ancora essere vitale diffondere menzogne, oppure dagli addetti ai lavori, i giornalisti, della cui attendibilità è bene dubitare anche quando operano in buona fede. A noi sono stati mostrati solo gli aspetti più spettacolari dell’operazione e oggi i carri armati americani a Bagdad, i saccheggi e l’abbattimento delle statue del Dittatore ne sembrano l’apoteosi finale. Comunque ho grossi dubbi che leggeremo mai la vera storia di questo conflitto.
(Luca 23,43)
Prologo
I resoconti di una guerra sono sempre poco affidabili. Ancora meno lo sono stati quelli dell’attuale II guerra del Golfo. Dico attuale perché, anche se essa sembra giunta al termine sul piano strettamente macro-militare, oramai il vaso di Pandora è stato aperto e, come dicono alcuni esperti, il cosiddetto dopoguerra potrebbe essere più cruento della guerra stessa . In ogni caso, nel corso del conflitto, i teatri delle operazioni erano impenetrabili al comune osservatore e le notizie che arrivavano all’esterno, prodotte o dai comandi militari e politici delle parti in causa, cioè da persone per cui poteva e può ancora essere vitale diffondere menzogne, oppure dagli addetti ai lavori, i giornalisti, della cui attendibilità è bene dubitare anche quando operano in buona fede. A noi sono stati mostrati solo gli aspetti più spettacolari dell’operazione e oggi i carri armati americani a Bagdad, i saccheggi e l’abbattimento delle statue del Dittatore ne sembrano l’apoteosi finale. Comunque ho grossi dubbi che leggeremo mai la vera storia di questo conflitto.
A volte certi episodi bellici sfuggono alle maglie degli addetti ai lavori e trovano strane vie per farsi conoscere. Io che non sono giornalista o scrittore e nemmeno faccio parte dell’ufficio propaganda di qualche comando ho avuto, tuttavia, una mia fonte d’informazione, di quelle che non si incontrano tutti i giorni. Sono così in grado di raccontarvi su questa guerra qualcosa che nessuno conosce. Ha importanza che la mia storia non sia precisamente un resoconto giornalistico né un rapporto in stile militare?
L’altra notte ho fatto un sogno. Mi trovavo seduto nel deserto in pieno sole, il cielo era terso ed io guardavo lontano. Improvvisamente, dall’orizzonte, il movimento di una forma alata entrò nel mio campo visivo ed in breve una grande aquila planò, atterrò di fronte a me e mi fissò negli occhi. La sua mente si volse alla mia ed io fui sorpreso di poterla comprendere. Nel lasso di un istante senza tempo, si impresse in me un unico, complesso pittogramma e tutto mi fu chiaro. Possa il mio linguaggio discorsivo di uomo occidentale, razionale, farvi partecipi di ciò che alla mia interiorità è così evidente.
Da San Carlos a Karbala
Sul deserto irakeno era calata la notte. Il campo della 101^ Divisione Usa aviotrasportata era stato posto a ovest di Karbala, sulla via per Karbala e An-Najaf. Dopo il buio, pian piano sull’accampamento era scesa la quiete. Spentesi le ultime voci, ai soldati che non erano di turno, rimaneva il tempo per un’ultima riflessione prima di scivolare nel sonno.
Il giovane Lucero non dormiva, nemmeno era coricato. Iniziava per lui l’ora più importante della sua giornata. Da quando era sceso sul sentiero di guerra in quel paese così lontano dalla sua riserva aveva cominciato ad apprezzare, lui uomo d’azione, l’unica parte della giornata in cui poteva raccogliere i suoi pensieri. Sceglieva un posto relativamente appartato, sul limitare dell’accampamento e nella pace di quell’ora notturna guardava dentro di sé.
Perché si trovava in quella guerra? Che connessione esisteva in lui tra San Carlos e Karbala?
Molte erano state le guerre combattute dai suoi Padri, le più aspre e sanguinose per difendere il loro territorio dagli invasori in giacca blu. Ricordava i nomi dei più famosi capi guerrieri del passato: Victorio, Mangas Coloradas, Kociss, il più grande di tutti, Geronimo, l’ultimo e il più disperato.
Dopo la resa di Geronimo e la sua morte di crepacuore in una riserva, il popolo rosso era stato definitivamente spezzato e gli ultimi resti delle sue orgogliose genti trascinavano miseramente il loro crepuscolo nei recinti loro assegnati dai vincitori.
La maggior parte degli uomini rossi non si sentiva parte della grande nazione che si era creata su quelli che un tempo erano i loro territori; tuttavia avevano ormai cessato di sentirsi in guerra con gli antichi nemici. Si accontentavano di sopravvivere e al loro orgoglio era sufficiente che almeno le carte geografiche portassero una loro impronta: non erano forse di origine indiana i nomi del fiume Potomac, dei Monti Appalachi, del fiume Mississippi, dello stato del Delaware, per non parlare di quello del cuore pulsante dell’impero, l’isola di Manhattan?
Alcuni di loro erano addirittura scesi sul sentiero di guerra accanto all’Uomo bianco e avevano così chiuso il loro cerchio individuale perché, quando si giunge a combattere per chi ha distrutto il tuo popolo, significa che costui oltre che il corpo ti ha rubato anche il cuore.
Forse quegli uomini si erano ingannati perché nel corso degli anni il paese non era più solo dell’Uomo bianco: molti Neri e molti discendenti degli antichi imperi spagnoli si accostavano al potere e forse un giorno a Washington ci sarebbe stato un Grande Padre nero. Tuttavia questo cambiamento era solo un’illusione perché, pur mutato nell’aspetto, il nemico manteneva inalterato il suo Nome.
Purtroppo gli uomini rossi, dimentichi del loro passato di libertà, non si rendevano nemmeno conto che nel mondo, sempre nello stesso Nome, altri recinti venivano tracciati ed altri popoli venivano rinchiusi dopo essere stati spezzati.
Perché il ventiduenne Lucero avrebbe dovuto fare eccezione? Non era particolarmente attaccato alle tradizioni, per lui pura superstizione, si sentiva abbastanza parte della grande America, la vita in riserva gli stava stretta e voleva studiare, trovarsi un buon lavoro, vivere in una grande città.
Che cosa rimaneva in lui dell’eredità dei suoi padri? Poco o nulla, se non il sangue coraggioso dei guerrieri e quel senso di amore per la libertà che gli rendeva insopportabili ogni ingiustizia e sopruso. Tutto questo in lui era naturalmente sopito, persisteva allo stadio potenziale e forse era meglio così, perché quelle attitudini mal si conciliavano con i suoi desideri di una vita non diversa da quella di tanti altri Americani. Quanto al suo latente amore per la libertà, come poteva essere sviluppato, visto che le libertà di carta della Costituzione americana gli avevano fatto dimenticare la libertà reale rubata al suo popolo? Come avrebbe potuto combattere i soprusi se non era in grado di riconoscere quelli subiti dalla sua gente? Certo, egli amava la sua gente, ma di un amore viscerale, come si ama la propria famiglia, i propri cari. Egli non vedeva la nazione Apache come un tronco malato da risanare, non sentiva l’esigenza di riportare l’albero a nuova vita e di vederlo, rigoglioso, riprendere a mettere rami nuovi, nuove foglie, nuovi frutti. Non vedeva se stesso come un giovane ramo di quel tronco e, quando pensava oltre la propria persona e i propri cari, non poteva non considerarsi una parte sia pure marginale di quel grande insieme che era diventata l’America.
Era un rinnegato? Un traditore della sua gente? No, era anzi un ragazzo leale e generoso, semplicemente ignaro di se stesso e della propria realtà.
Le anime pure come quelle di Lucero sono inclini più di altre a cadere in preda di trappole mentali: esse sono portate a misurare l’agire degli altri con il loro metro e faticano a riconoscere la malizia, quando è rivestita da un involucro di belle parole.
I fatti inauditi dell’11 settembre furono per lui un autentico colpo: per la prima volta l’America subiva sulla propria carne un bombardamento di obiettivi civili. Chi era il colpevole? I capi della Confederazione non ci misero molto a puntare l’indice accusatore: in assenza di ogni rivendicazione, il nemico non poteva che essere esterno. Già a poche ore di distanza il nome di Osama bin Laden era il più pronunciato d’America e sui teleschermi il suo volto si alternava alle ossessive ripetizioni delle scene degli attacchi ai due giganti d’acciaio. Ma ben presto quella verità trovò un ulteriore sviluppo: lo Sceicco non aveva agito da solo e addirittura i governi di alcuni paesi lo sostenevano. Già si sapeva dell’ospitalità di cui godeva nell’Afghanistan dei Talebani. Non ci volle molto perché entrasse nel mirino anche il dittatore dell’Iraq.
Quale effetto produssero nel giovane quegli avvenimenti tragici, quale fu la sua risposta emotiva? Costernazione per le vittime innocenti, rabbia per la viltà di un’azione contro chi non era in grado di difendersi, sensazione che, con l’esistenza di questo nemico pronto a tutto, niente sarebbe stato più come prima, senso di impotenza, odio per i colpevoli, determinazione a reagire e a fare in modo che episodi del genere non si verificassero mai più. .
Una strada sola gli era sembrata coerente in tutto quell’insieme di violente sensazioni ed emozioni scatenatesi a livello individuale e collettivo. Mai come in quel momento della sua vita, si era sentito così coinvolto nel suo sentirsi Americano e la strada tracciata dal Presidente Bush fu la sua.
Da Enduring Freedom, alla Dottrina della guerra preventiva contro i Paesi dell’Asse del Male che minacciavano il suo: tutto gli parve di una chiarezza cristallina. La sua accecata generosità gli fece indossare con orgoglio la divisa della 101^, più per liberare quei popoli dai loro tiranni che per difendere quella che considerava ormai la sua Patria.
La 101^ Divisione aviotrasportata era dotata di elicotteri d’attacco Apache. Che fosse un segno del Destino o una scelta dettata dalla psicologia militare dei Comandi, dopo un intenso addestramento tecnico-tattico, egli fu inserito come addetto all’artiglieria nell’equipaggio di uno di questi gioielli della tecnologia militare americana…
Dialogo nella notte
Nella quiete del campo addormentato, Lucero sedette a terra e accese la pipa. Mandò ampie boccate di fumo nelle direzioni dei quattro punti cardinali. Una quinta boccata salì verso l’alto ed egli raccolse i suoi pensieri per gettare luce sugli avvenimenti di quegli ultimi giorni. Una vaga inquietudine serpeggiava nel suo animo.
Era partito verso l’Iraq pieno di entusiasmo per la potenza della loro armata e per la giustezza della missione da compiere. Una missione di libertà che avrebbe strappato quel popolo ad una feroce dittatura, avrebbe portato la democrazia e avrebbe assicurato la pace in tutta la regione. Pochi giorni prima di iniziare le operazioni, aveva sentito dal Vice-Presidente Cheney un’ultima conferma di ciò che tutti loro credevano: ”Sono davvero convinto – aveva detto nell’ennesima trasmissione televisiva - che noi verremo accolti come liberatori. Nei mesi scorsi ho parlato di persona con molti irakeni che ho fatto venire alla Casa Bianca. Il Presidente ed io li abbiamo ricevuti. Non c’è dubbio su come ci accoglierà la popolazione irakena.”
Lucero ripensava a queste parole e si poneva la domanda con quali Irakeni avesse parlato il Vice-Presidente, visto che tutti quelli che lui aveva incontrato su quel territorio avevano cercato di sparagli. Non esistevano ali di folle festanti che sventolavano bandiere americane. Persino Bassora, la grande città sciita del sud, che sembrava caduta dopo due giorni di guerra, resisteva disperatamente agli Inglesi…
Da quando erano penetrati in territorio irakeno, la realtà si era mostrata assai diversa da quella dei war-games ed essi avevano dovuto sudare per ogni metro di terreno conquistato. A mandare completamente in tilt ogni previsione strategica dei suoi comandanti era stata la risposta asimmetrica irakena, consistente in operazioni decentralizzate e autonome delle forze regolari e paramilitari. Piccole unità irakene con armi anticarro si concentravano contro i veicoli corazzati, appoggiandosi in particolare all’ambiente urbano. Che cosa sarebbe successo se la Coalizione non avesse posseduto la totale superiorità aerea? Gli elicotteri da combattimento che portavano il nome del suo popolo battevano il deserto e la pianura, spianando la strada alle forze di terra. Anche Lucero aveva partecipato a quelle ricognizioni e a quei raid. I missili che sparava raramente mancavano il bersaglio ed egli si era guadagnato un posto tra i più micidiali tiratori. Quando pensava a questo suo successo non poteva non avvertire la situazione beffarda di un Apache che apriva la via all’assalto delle Giacche Blu.
A quel punto la loro guerra gli aveva mostrato un volto diverso: la loro non più un’azione tesa ad eliminare un feroce dittatore e a liberare un popolo, risparmiandogli ulteriori sofferenze. I missili e le bombe non cadevano più solo sui palazzi del Potere; colpivano i mercati, i quartieri popolari, la povera gente, prostrata da dodici anni di embargo eppure ancora così indomita.
Altri fatti l’avevano colpito in modo sottilmente diverso. Pochi giorni dopo il via all’operazione, un marine americano di stanza in uno dei campi base delle retrovie prima del confine, aveva lanciato una granata dentro una tenda di suoi commilitoni. Questo episodio, al di là dei morti e dei feriti, gli aveva instillato grandi interrogativi: si era trattato dell’azione di un folle? Oppure era un uomo di fede islamica costretto ad una scelta estrema da una crisi di coscienza?
Era poi filtrata la voce che sul fronte Sud, nella zona di Bassora, due militari inglesi si erano rifiutati di continuare a combattere. Aveva sentito che erano stati rimpatriati in gran fretta e che avrebbero subito l’onta di un processo di fronte alla corte marziale.
Mentre il fumo della sua pipa saliva verso il cielo, tutti questi pensieri correvano disordinati nella sua mente come una mandria di bisonti al galoppo privata improvvisamente del capo-branco. Le idee gli venivano in mente, si imponevano alla sua attenzione, ma egli non era in grado di dare loro una direzione coerente e le subiva senza sapere che cosa farne.
- Svegliati, Lucero – gli disse una voce quasi in un sussurro. Si riscosse. Un momento prima seguiva, assorto, i suoi pensieri. Ora, era consapevole di una presenza di fronte a sé. Era un uomo, seduto come lui a gambe incrociate sulla nuda terra, che lo fissava negli occhi. Lo studiò in un istante, nel vago chiarore della luce notturna e la pelle gli si accapponò: non perché l’uomo indossasse la divisa del nemico, ma perché gli si era rivolto nell’idioma che ormai parlavano solo gli anziani della sua riserva. Sentì il suo corpo irrigidirsi, voleva dare l’allarme, ma nell’assurdità della situazione scelse un’altra linea di condotta.
- Chi sei, tu che porti l’abito dei miei nemici e mi parli nella lingua dei miei Padri? Perché mi chiedi di svegliarmi, quando vedi bene che sono desto e presente a me stesso? – e mentre tornava ad osservare la figura di fronte a sé, vide che i suoi contorni erano indistinti come se quel corpo fosse in continuo mutamento e, istante dopo istante, non fosse mai eguale.
Improvvisamente egli capì che il fenomeno in cui era coinvolto non poteva essere interpretato con i parametri razionali che la modernità gli aveva fornito. Decise di aprire la sua mente e di accettare puramente la situazione, sperando che dalla sua interiorità emergessero altri categorie, idonee a comprendere la realtà che stava vivendo.
- Ho detto che ti devi svegliare. Tu non sei più desto di questa pietra che giace ai miei piedi o di quel cespuglio laggiù. – riprese l’essere. - Se tu fossi presente a te stesso come affermi, non avresti nemmeno bisogno di pormi le tue domande. Ti chiedi chi sia io, che ti sto parlando nella lingua dei Tuoi Padri, la tua lingua, che mai era risuonata prima su queste terre? Molte ere sono passate da quando vidi un tenero virgulto ed era l’albero della Nazione Apache. Ho protetto la sua crescita e l’ho veduto prosperare fino a che i fulmini di un’entità malvagia lo hanno schiantato. Tuttavia il tronco non è morto e attende di mettere ancora qualche nuovo germoglio .
- Quale pensi sia il mio nome? – continuò la misteriosa apparizione – Molti sono i nomi con cui vengo chiamato, quante sono le Nazioni del popolo rosso. Ma tu vuoi sapere come devi chiamarmi visto che qui siamo solo noi due, uno di fronte all’altro. Ebbene, qui ed ora, il mio nome è Spirito.-
Lucero era sopraffatto: quella rivelazione era per lui una realtà insopportabile. Per un istante pensò di essere impazzito o di essere entrato in un incubo. Tuttavia, affascinato, si impose di vivere la situazione fino in fondo.
- Mi chiedi perché porto l’abito del tuo nemico. Pensi che queste terre non abbiano un loro Signore? E che al Signore di un luogo non sia dovuto rispetto? Ed ecco che voi giungete in casa d’altri tra lo stridore del vostro acciaio e l’esplodere dei vostri fuochi e siete come un branco di cani che latrano nel silenzio di un luogo sacro. Non solo uccidete, non solo rubate, ma volete anche deturpate e i morti che vi lasciate alle spalle non sono i segni peggiori del vostro passaggio. Voi non conoscete il rispetto, perché ignorate che anche un filo d’erba o un granello di sabbia hanno la loro unicità nel grande tessuto dell’Universo. Potevo venire a te nella forma di un grande capo del passato e mi avresti riconosciuto subito. Ma, per soddisfare la struttura della tua mente, avrei dovuto turbare l’equilibrio di questi luoghi portandovi qualcosa di estraneo. Ecco perché ti parlo nelle sembianze di uno dei figli del Custode di queste terre e spero che per questo mio gesto egli possa non offendersi per il suono della nostra lingua. Ora, anch’io ho una domanda da farti. Che cosa ti porta in questi luoghi?
- Sono sul sentiero di guerra, Spirito. E’ la guerra che mi ha chiamato e portato qui. -
- Non parlare per enigmi con me, Lucero; nulla del tuo cuore mi è ignoto, anche se esso è avvolto nei fumi della tua mente. Io so che il sentiero che percorri l’hai imboccato per tua scelta. Sei stato costretto ad essere qui o sei venuto liberamente? Non potevi forse rimanertene nella riserva? -
-Quello che dici è vero. Se sono qui, è per mia volontà. -
- In realtà, quindi, nulla ti porta in questo luogo, se non una tua decisione. E proprio perché questa decisione è nata dalla purezza del tuo cuore, ora io ti dico che sei stato ingannato: quello che tu credi il tuo sentiero di guerra è la strada dell’ingiustizia e della vergogna. -
- Perché queste parole dure? Non siamo forse qui per liberare questa gente? Non hanno da trent’anni un tiranno malvagio che li tormenta? Non è giusto che anch’essi possano vivere nella libertà e della democrazia? -
- Vedo che i tuoi capi sono stati per te dei validi maestri, visto che sei così bravo a ripetere la loro lezione. Rispondi a questa mia domanda: ti hanno chiesto gli Irakeni di venire a liberarli? È vero che negli Stati Uniti vivono alcuni Irakeni ed essi si dichiarano nemici del Dittatore: dicono che il suo potere fa soffrire il popolo e chiedono a gran voce che esso venga liberato. Ma tu non li conosci. Essi sono delle persone corrotte che vivono in alberghi lussuosi, indossano abiti profumati e dicono parole piene di vento, mentre i bambini dell’Iraq muoiono di fame e di malattie. È il vostro governo che paga i loro vizi ed essi lo ricambiamo dicendogli quello che esso vuole sentirsi dire. Parlami invece degli Irakeni che stanno qui, quelli che affermate di voler liberare. Ti sembra che vi abbiano accolto a braccia aperte? -
- Tutt’altro. Essi ci sparano addosso. -
- E io ti dico che in questi giorni io vedo molti altri Irakeni, non quelli che vivono nel lusso negli Stati Uniti, ma povera gente, ritornare in massa nel loro Paese, anche se il Dittatore ha fatto loro gravi torti. Che cosa pensi vengano a fare?-
- Secondo te, vengono a combattere per un uomo che, forse, ha ammazzato il loro padre?-
- Apri gli occhi, giovane ingenuo. Non vedi che in questo momento è in gioco il destino del loro Paese? Che importanza ha per loro giudicare, proprio adesso, se Saddam sia buono o cattivo, visto che è il solo Capo che hanno? E se essi ritengono di fare quadrato attorno a questo Capo, chi sei tu per arrogarti il diritto di entrare nelle questioni degli altri popoli? In nessun caso un tiranno si è mai retto da solo e Saddam è al potere da oltre trent’anni. Se gli irakeni, gente orgogliosa, non l’avessero più sopportato, pensi che sarebbe ancora al suo posto? È evidente che non solo con il pugno di ferro, egli è riuscito a farsi accettare dal suo popolo.
Tuttavia, è vero che sul suo territorio vi sono delle minoranze curde e che egli le tiene serrate per la gola. Ed è altrettanto vero che la città di Bassora è una città di fede sciita, come tutta la regione meridionale e che anche gli Sciiti hanno i loro buoni motivi per non amare il Dittatore.
Allora ditelo: siete qui per liberare i Curdi e gli Sciiti? Se il punto della questione fossero i Curdi, dovreste muovere guerra anche ad altri paesi, tra cui la Turchia che non è certo tenera con questo popolo e che in questa sporca guerra è un vostro alleato.
I Curdi, è normale che odino Saddam; si tratta di vedere se il nuovo padrone che avranno sarà migliore di quello attuale...
Quanto agli Sciiti, non mi pare che abbiano aperto ai vostri amici Inglesi le porte della loro città di Bassora né che vi aiutino nella regione meridionale dove sono in maggioranza. Essi odiano Saddam, ma sanno bene che cosa li aspetterà sotto i nuovi padroni; così come i loro fratelli nella fede che si trovano al di là del confine, nell’antica Persia, sanno bene quale sarà il loro futuro, una volta caduto il Rais. -
- Ti hanno detto che sei in questo Paese per eliminare un tiranno sanguinario. Hanno rappresentato le sue azioni su tutti gli schermi degli Stati Uniti senza nemmeno avvertire i bambini che avevano costruito un film dell’orrore. Quegli stessi registi, se venissero ben pagati da un Saddam vincitore, quanti film-verità di segno opposto potrebbero girare, senza nemmeno mentire? O pensi che il tuo Bush e gli altri Presidenti della storia americana abbiano le mani più pulite di quelle dell’Irakeno?-
- Accetto solo in parte ciò che mi dici, Spirito. Ora comprendo che ogni popolo possa darsi i capi che crede e che non sia giusto interferire nelle questioni politiche interne agli altri Paesi. E se l’effetto dell’azione del Rais si limitasse all’ambito irakeno, potrei concordare con te. Rimane il fatto che Saddam finanzia il terrorismo e si dice che ci sia anche la sua mano dietro gli attacchi alle Torri Gemelle. Come vedi, la sua eliminazione è inevitabile perché gli Stati Uniti ed altri Paesi possano vivere senza il timore di azioni terroristiche.
- Possibile che tu non riesca fare uso della tua intelligenza e che le porte della tua mente siano spalancate per dare albergo a qualsiasi menzogna? Non tutto quello che viene raccontato risponde a verità, soprattutto quando il narratore lavora in una televisione o nella redazione di un giornale. Le tue accuse a Saddam sono gravi: egli minaccerebbe addirittura la pace mondiale! E in nome di questa minaccia è stato sollevato un esercito contro di lui, il suo paese viene attaccato e sul popolo irakeno si abbattono nuove sofferenze. Secondo te, un’azione del genere andrebbe intrapresa alla leggera? In un processo normale e giusto, non occorrerebbero delle prove per condannare un imputato? E bada bene che qui non è solo una persona a subire, ma un popolo intero. Quali prove sono state prodotte contro Saddam Hussein? Ti rispondo io: in realtà nessuna prova concreta lo collega materialmente al terrorismo internazionale. Tutte le inchieste a suo carico hanno prodotto il nulla. Pensi che gli inquirenti siano amici suoi e abbiano occultato qualche prova? In realtà quelli che hanno cercato, senza trovarle, queste prove sono gli stessi che oggi gli muovono guerra. Il dispiegamento della loro potenza militare è il simbolo del loro fallimento come indagatori e la migliore dimostrazione dell’innocenza del Rais, almeno come terrorista internazionale. Su questo piano, la volontà di eliminarlo rappresenta un ingiustizia nei suoi confronti ed un inganno per il popolo americano a cui viene dato un falso colpevole senza cercare sul serio quelli veri….
E le armi di distruzione di massa, altro falso pretesto dei suoi accusatori, dove sono? Non ti pare che, se l’Irakeno le avesse, avrebbe già cominciato ad usarle visto che lo avete attaccato? In realtà non esiste nessun arma di distruzione di massa qui. Non ti accorgi, allora, quale apparato di menzogne è stato messo in campo per preparare il terreno alla guerra?-
- Ma la Coalizione non è qui solo per eliminare, come dici tu. La libertà, la democrazia che essa vuole portare saranno un bene per il popolo dell’Iraq.
- Quante parole vuote, ti hanno insegnato, figlio mio! Non fermarti alle apparenze e guarda cosa si nasconde dietro gli specchi ingannatori del Nemico di tutti gli uomini! Tu dici che gli Stati Uniti sono un paese democratico ed io, per il momento, concordo con te. Anzi, aggiungo: sono stati un paese democratico sin dalla loro nascita. Ne convieni che un paese democratico dovrebbe, per definizione, amare e coltivare la libertà del proprio popolo e quella degli altri popoli? Mi dici che siete qui in Iraq anche per questo.
- Quello che dici risponde a verità, Spirito. Democrazia e libertà, dovrebbero camminare fianco a fianco.-
- E allora, giovane troppo fiducioso, tu dovresti studiare meglio la storia del Paese di cui porti le armi. Questi non sono più tempi in cui si può scendere sul sentiero di guerra fidandosi ciecamente dei propri capi. Il mondo è pieno di uomini malvagi e un guerriero deve essere consapevole per chi o per che cosa sta combattendo. Un tempo era facile riconoscere il proprio capo come tale, perché immediato era il giudizio del valore. Che cosa puoi dirmi di Bush? L’hai visto solo in televisione o anche dal vivo, forse, a qualche cerimonia ufficiale. Nulla di quanto ha detto poteva venire dal suo cuore, perché in tal caso si sarebbe smascherato all’istante. Ha pronunciato delle frasi piene di inganni che altri avevano scritto per lui e tu l’hai ascoltato senza nemmeno pesare le sue parole. Eppure l’hai preso come tuo capo. -
- Che cosa c’entra tutto questo con il nostro discorso? -
- C’entra, se ti farà capire quanto pericolosa sia l’ignoranza… Ma torniamo alla libertà e alla democrazia. Gli Stati Uniti sono stati un paese democratico sin dalla loro fondazione. Già in precedenza, quando erano ancora delle colonie inglesi, nei loro porti giungevano delle grandi canoe. E i ventri di quelle canoe erano ricolmi di figli del Popolo Nero, strappati alla loro terra e coperti di catene. E questi uomini, coperti di catene, venivano portati ai mercati per essere venduti come bestie. Che effetto ebbe la fondazione della democrazia in America su quel turpe commercio? Te lo dico io: nessun effetto per quasi cento anni. Non solo non furono liberati gli schiavi esistenti, ma ne affluivano continuamente di nuovi. Ci vollero una guerra civile tra i Bianchi e dei calcoli interessati per chiudere quell’infamia. -
- Appunto, quell’infamia si chiuse ….-
- Proprio mentre ne continuava un’altra. E tu dovresti saperlo benissimo. Gli Stati Uniti erano sempre un paese democratico, anche quando vennero a liberare le vostre terre. Non erano dei selvaggi sanguinari i tuoi Padri, secondo loro? Devo parlarti del martirio subito dal tuo stesso popolo? Gli Uomini Bianchi erano stati accolti nella nostra Terra come dei profughi; poi quando vi furono delle carestie ed essi morivano di fame, furono nutriti dai figli di alcune Nazioni rosse. Videro la bellezza delle nostre terre e decisero che dovevano essere le loro. Un trattato dopo l’altro, un inganno dopo l’altro, un massacro dopo l’altro…Sai bene come finì.
E la fine del Popolo Rosso non fu la fine delle loro infamie. Altri popoli, dapprima nel loro stesso continente, poi anche oltre gli Oceani, hanno conosciuto il sapore della loro libertà. Ed essi si fermeranno solo quando per tutti i popoli della Terra la coscienza di essere liberi sarà un ricordo appartenente al passato. In realtà, quella che essi chiamano libertà ha un solo significato: il loro capriccio di commettere qualsiasi sopruso, senza rispetto per alcuna persona o alcun popolo. Quando essi si muovono per liberare una terra, vuol dire che il popolo che ci vive dovrà farsi da parte e, se possibile, scomparire. La parola libertà nella loro bocca è una parola pericolosa. E il popolo a cui viene promessa questa libertà, dovrà guardarsi bene dal loro dono. Oggi, è per gli Irakeni che sentiamo questa lugubre campana il cui suono ha un significato di morte per il popolo costretto a udire i suoi rintocchi. Ecco quindi quale libertà cammina a fianco della loro democrazia: la libertà di scegliere se accettarli come padroni o morire. È questa la tua libertà, Lucero? È per questo che sei qui? -
Le parole di Spirito laceravano l’animo del suo ascoltatore come gli artigli di un puma squarciano la carne della preda. Tuttavia il giovane non si sentiva ferito dalle sferzate del suo interlocutore: ad essere colpita non era la sua essenza più profonda. Quegli attacchi che all’inizio l’avevano sconcertato e disorientato erano in realtà benefici. Distruggevano nel suo essere solo degli strati superficiali che, in fondo non gli appartenevano e liberavano in lui una luce di autenticità.
- Non la libertà, quindi, cammina a fianco della democrazia, bensì un suo simulacro. – riprese Spirito – e al riparto di questo fantasma vengono compiute le peggiori nefandezze. E la democrazia non ha una funzione diversa. La parola democrazia non significa “governo del popolo”? E momento culminante della vostra democrazia non sono forse le elezioni del Presidente degli Stati Uniti? Non è così? -
- Si, certo. È particolarmente in quella circostanza che il popolo mostra la sua volontà. -
- E, secondo te, quale volontà avrebbe mostrato il popolo americano nella sua ultima elezione presidenziale? Non è vero che, in democrazia, la volontà della maggioranza è il criterio per determinare chi ha vinto? -
- Indubbiamente, e mi pare che dalle elezioni un vincitore sia uscito, anche se io non ho votato per lui.-
- Però tu segui questo vincitore, anche se egli siede alla Casa Bianca contro la volontà del suo popolo. -
- Non ti capisco, Spirito. Perché Bush sarebbe al suo posto contro la volontà del popolo? -
- E allora rispondi a questa domanda: alle elezioni presidenziali hanno votato più Americani per Bush o per il suo avversario? -
- Ma, il sistema elettorale ….-
- Già, il sistema elettorale. Ricadiamo nei ragionamenti che facevano a proposito della libertà. Dietro il simulacro dei begli ideali, che nella realtà sono delle vuote parole, si nasconde sempre qualche inganno. Secondo te, chi avrebbe vinto le elezioni, se fosse stato rispettato il criterio della maggioranza? Chi siederebbe alla Casa Bianca?-
- Ma, Al Gore, naturalmente! E chi altri? -
- E ancora una volta ti sbagli! Se fosse stata rispettata la volontà della maggioranza degli Americani, alla Casa Bianca non siederebbe nessuno, perché il partito più numeroso tra di essi è stato quello di chi non è andato a votare. Il nulla è quindi il risultato della vostra democrazia, ma questo nulla deve essere riempito da qualcosa altrimenti il sistema non reggerebbe e, come ti ho dimostrato, il Nemico qualche simulacro lo trova sempre per riempire il vuoto che crea. Ecco il significato del tuo sistema elettorale democratico. Un sistema che non ha niente a che vedere con la volontà del popolo americano. In realtà, quando i potenti parlano del popolo, intendono parlare di se stessi, dei loro amici, dei loro clan o, tutt’al più, di clan rivali che fanno comunque parte del loro mondo. È da questo loro popolo in esclusiva che fanno uscire il Presidente e in questo essi possono dirsi dei veri democratici, anche se nella loro democrazia il vero popolo non c’entra per nulla. -
- Eravate forse dei democratici voi Apache? Non conoscevate nemmeno questa parola. E non ne avevate bisogno. Un popolo non è una somma di numeri. Perché allora mettersi a contare le teste, quando voi tutti, nessuno escluso eravate veramente un popolo ed era subito evidente il valore o il difetto dei vostri capi? Forse che il Consiglio degli Anziani era meno saggio del Senato americano? Le loro decisioni erano dettate dalla giustizia, perché essi aprivano il loro cuore e la loro mente ed io mostravo loro la Via. Il popolo vedeva questo ed era naturale per ciascuno vivere secondo la propria natura e portare a compimento il destino che gli era riservato. -.
- Ora vedo che il tuo cuore già si rifiuta di portare agli Irakeni quel simulacro di nome libertà. Vorresti consegnarli al vuoto della democrazia americana? Dopo aver imposto questo nulla, chi si installerà sul seggio del potere? Inizialmente il governo del Paese sembrava destinato ai corrotti che vivono nel lusso degli alberghi americani ma costoro, essendo degli sciacalli, riceveranno solo gli avanzi dal loro padrone. Infatti, ora si parla di un governo militare transitorio. -
- Come vedi, siamo ritornati al discorso iniziale. E abbiamo accertato che la libertà e la democrazia marciano davvero fianco a fianco. La parola libertà in bocca agli americani significa distruzione di un popolo; l’altra parola, democrazia, vuol dire esclusione di un popolo da ogni decisione sul suo destino. -.
- Ma perché allora siamo stati portati qui? È dunque per il possesso dell’oro nero che si vuole abbattere Saddam, come dicono gli avversari della Coalizione? –
- Potrei limitarmi ad assentire, ma in questo modo solo una parte della verità verrebbe alla luce. Tuttavia, la tua domanda sul petrolio ha una risposta indiscutibile. Questa guerra non costa solo vite umane e disastri di ogni tipo. Essa ha dei precisi costi economici. Pensa che è stato calcolato che ciò che serve a mantenere uno di voi basterebbe per 400 irakeni. Sai quanto ha stanziato il Governo degli Stati Uniti per sostenere questa guerra? Rispondo io al tuo posto: 80 miliardi di dollari sulla durata di un mese. Per farti un altro esempio, gli Inglesi hanno calcolato che se la guerra durasse sei mesi, essi non potrebbero più reggerla e sarebbero costretti a ritirare gran parte della loro forza che scenderebbe da 60.000 a 5.000 uomini. Abbiamo visto prima che cosa siano in realtà la libertà e la democrazia che la Coalizione vuole portare in Iraq. Pensi che tutto lo sforzo bellico sia fatto solo a questo scopo? In questo caso, chi pagherebbe i costi, visto che il sistema finanziario americano è sull’orlo del collasso? Siamo perciò giunti ad un altro dei paradossi prodotti dal Nemico dell’Uomo. Il popolo irakeno pagherà, con le ricchezze del proprio sottosuolo il costo delle armi che lo stanno massacrando. E le armi più mortali per un popolo non sono nemmeno quelle che impugnate voi. Ti posso già dire che oggi sono in corso di stampa milioni di libri scolastici destinati ai bambini irakeni. In essi la storia del loro popolo viene completamente azzerata e questo è lo scopo dell’istruzione futura: cancellare la memoria storica. Ti chiedo ancora: chi pagherà anche queste armi del dopoguerra? È evidente che il petrolio e i futuri guadagni che da esso deriveranno sembrano quindi il movente dell’omicida. -
- Alle tue parole, ogni motivazione ideale che alimentava questa guerra si svuota di significato e si dimostra una crisalide Solo che una crisalide racchiude quello che era un verme e che subisce una metamorfosi. Questo pensiero mi turba, Spirito. Quella crisalide costituita dai simulacri del Nemico che cosa nasconde in realtà? È la sete di ricchezza la caratteristica dell’Avversario? Avverrà in lui una metamorfosi? Vedremo alla fine in lui l’approdo ad una forma definitiva? -.
- Non è ancora giunto il momento in cui esso perverrà a manifestare compiutamente e apertamente la sua vera natura. Il suo animo è quello di un vile ed il suo freno è il dubbio. Il suo destino è di avere delle sembianze ributtanti e di non poterle mostrare, pena il rifiuto universale. Ecco il motivo di tutte le sue maschere attraenti, che servono solo ad irretire i popoli e a renderli meno guardinghi nei suoi confronti. Egli non può mostrarsi, altrimenti perderebbe. Il suo volto si paleserà solo quando riterrà inevitabile il suo completo trionfo. Per il momento, ha ancora bisogno dei suoi simulacri, delle sue trappole mentali, in modo che tutti coloro che lo guardano non possano riconoscerlo e coalizzarsi contro di lui. Oggi, si sente forte solo con i più deboli. Osserva l’esempio dell’Iraq. Questo paese è di medie dimensioni ed il suo territorio, moltiplicato per 20 volte, ancora non raggiunge l’estensione di quello degli Stati Uniti e la popolazione americana è dodici volte superiore a quella irakena. Non parliamo della potenza tecnologica. Lì proprio non vi sono confronti: siamo al coltello contro il fucile. Tuttavia, ci sono voluti 12 anni di embargo e la certezza, dopo le ispezioni dell’ONU, che Saddam fosse realmente disarmato perché si scatenassero le orde dei liberatori ad attaccare un popolo prostrato. –
-Questo, Spirito, me l’hai già spiegato o quasi. Non hai però ancora risposto alla domanda che mi preme. È la brama di ricchezze la sua principale caratteristica?
- In realtà essa è l’esca con cui fa i muovere i suoi servi. La risposta alla domanda è sotto i tuoi occhi. Ti ricordi che abbiamo parlato della fine del Popolo Rosso? Un trattato dopo l’altro, un inganno dopo l’altro, un massacro dopo l’altro. E sempre per rubare qualcosa. Ma, il ladro, una volta introdottosi in casa tua e finito il suo lavoro, non vi si installa definitivamente. La tua casa, per quanto devastata, rimane tua. Qui siamo di fronte a qualcosa di più radicale. A voi fu portato via tutto quello che avevate e non solo perché aveva valore, ma perché voi con la vostra stessa esistenza costituivate un oltraggio per il Nemico dell’Uomo, perché eravate popoli di uomini liberi. Egli non sopporta qualcosa di diverso da sé. Ai più avidi tra i suoi servi egli offrì l’oro delle Colline Nere e della California, agli altri terre fertili e pascoli abbondanti. Per sé ottenne nuovi domini e il godimento di avere spezzato dei popoli liberi. Perché ti dico questo? Per farti capire che oggi, come allora, il metodo è sempre lo stesso. Solo che siamo su dimensioni diverse. Stavolta, invece di una tribù alla volta , è un intero popolo alla volta che si vuole distruggere Sai qual'è il peggiore incubo del Nemico? Che chi non è dei suoi acquisti la consapevolezza di chi egli veramente sia, che tante persone e popoli aprano gli occhi. Solo se aumenta la schiera degli uomini liberi è possibile intimorirlo e farlo uscire anzitempo allo scoperto in un momento in cui è ancora vulnerabile. Questo è il motivo per cui prima ho castigato la tua ignoranza e ti ho dimostrato quanto sia pericolosa. -
Lucero avvertiva in sé una sorta di vertigine. Il corso della sua vita era sempre stato sostenuto da certezze, come è giusto in un giovane non ancora pronto a camminare con le proprie gambe. Queste certezze erano cresciute, si erano consolidate ed egli, al momento in cui aveva deciso di imboccare il sentiero di guerra, si era sentito sulla cima di una grande montagna dalla quale era facile avere una visione diretta di quelle che sembravano verità inconfutabili. Quella stessa sera, mentre accendeva la sua pipa sul limitare del campo, la montagna era ancora sotto i suoi piedi e le piccole frane che aveva avvertito non gli erano sembrate altro che episodi normali di assestamento geologico. Ben altro che un assestamento era stato l’impetuoso effetto del confronto con Spirito. Da quanto tempo si era manifestata a lui la sua Presenza? Qualunque fosse la risposta, essa aveva ormai un’importanza relativa. Un’altra realtà ormai si imponeva. Guardò sotto di sé e vide che la montagna delle sue certezze si era completamente sgretolata ed egli ritrovava poggiato sulla cima di un altissimo pinnacolo di cristallo traslucido, la cui esigua superficie era per lui appena sufficiente. Al di sotto stava il vuoto di un abisso senza fine, al di sopra , l’immensità del cielo. La vertigine aumentò, ma la voce di Spirito lo sostenne.
- Non lasciarti turbare da quanto accade in te. Gli ultimi fumi che avvolgevano la tua mente si stanno diradando. Non rimpiangere delle certezze che erano solo apparenti. Non offrire loro la presa della tua inquietudine. Rendi sottile il tuo animo ed esse lo attraverseranno e se ne andranno per sempre. Ora il tuo punto d’appoggio sarà in ciò che tu sei stato da sempre e che non conoscevi. È questa l’unica possibilità a disposizione degli uomini liberi che vogliono battersi contro il Nemico dell’Uomo. Infatti, due sono gli errori capitali che possono commettere gli uomini liberi: non riconoscere se stessi e non riconoscersi tra di loro.-
- Ma come è possibile essere libero e non riconoscere se stesso? -
- Si può essere sufficientemente liberi per riconoscere le malefatte dell’Avversario e volerle combattere. Ma contemporaneamente si può essere non abbastanza liberi da vederne la natura e fermarsi alle apparenze. Si rischia così di focalizzare la propria vista sul movente delle ricchezze materiali, cioè i compensi che il nemico dell’Uomo da’ ai suoi servi e di farsi sfuggire i veri fini di distruzione e di asservimento totale che Egli si propone. Il piano della lotta, metafisico, sarà distolto su di un obiettivo parziale, quello materiale.
Il primo vero confronto che ciascuno deve porsi, è quello interiore. Io mi sono presentato a te in un certo modo, ho usato un certo linguaggio e il mio scopo non è stato quello di provocarti una semplice reazione emotiva, di farti indignare, ma di consentirti il recupero di te stesso. Ho parlato a te per farti ritornare quello che sei sempre stato, un uomo apache ed ecco che tutte le menzogne che ti avevano ingannato sono uscite dalla tua mente.
Ora tu sei un uomo libero, ma non sei solo.Ora che la tua mente è sgombra e non ti coglie più la vertigine, guarda il pinnacolo di cristallo che ti sostiene; esso è tutto il tuo popolo e tu in questo momento ne sei il vertice. Appoggiato saldamente alla Tradizione del tuo popolo, conscio di te stesso come giovane ramo della tua gente, puoi valutare su quale vero piano si svolga la lotta e puoi porti di fronte all’Avversario secondo la tua natura, come un positivo si oppone al negativo. -
- Se in te vi fosse vuota astrazione, come in coloro che considerano se stessi dei cittadini del mondo, degli sradicati, come in coloro che disprezzano la propria origine, confondendola con la larva che ne ha lasciato l’Avversario, non troveresti la forza per opporti. Oppure questa forza, apparentemente tua, potrebbe essere un alimento che ricevi dalla stesso che ti illudi di combattere e che invece ti sta usando. Se tu ritenessi di essere un individuo isolato, di non avere un’origine, una terra, un popolo, una Traduzione, nella migliore delle ipotesi saresti completamente disarmato di fronte alle regole del tuo Avversario, nella peggiore accetteresti queste regole come tue e saresti pronto ad entrare al Suo servizio. Servi del Nemico dell’Uomo, non sono solo quegli Americani che pensano di creare un loro Impero mondiale e intanto lavorano per Lui: anzi, i migliori tra i suoi servi sono proprio dei cittadini del mondo che, in quanto non appartengono a nessuna gente, hanno in odio ogni tipo di comunità di uomini e fingono di chiamare comunità qualche effimera associazione. Pensa ai burocrati che siedono alle cosiddette Nazioni Unite. Che cosa hanno fatto per impedire questa guerra infame che distrugge persino il senso della loro esistenza? Niente, quando potevano fare molto. E, se fossero stati degli uomini, se ne sarebbero andati da qualcosa che non esiste più e avrebbero denunciato al mondo la tracotanza della Coalizione. Ma essi sono cittadini del mondo, cioè pensano solo a se stessi, perché chi non ama la libertà del proprio popolo non ama neppure la libertà degli altri. È imitando questi schiavi che si spera di battere il Nemico dell’Uomo?
Riconoscere se stessi come ramo del proprio popolo è il primo passo. Riconoscere gli altri uomini liberi del proprio popolo, anche se apparentemente diversi da sé e tendere loro la mano, è il secondo passo. Amare la libertà degli altri popoli, rispettarne la peculiarità e vivere in pace con essi è il terzo passo. Quando si realizza ciò che si è, allora si avverte il pericolo che minaccia questo nostro essere. Solo su queste basi, gli uomini e i popoli ancora liberi possono saldarsi tra di loro come gli anelli di una catena e sbarrare il passo all’Avversario -
- Ora che la mia mente si è rischiarata, ora che riesco a vedere in me stesso, quale potrà essere il mio destino, Spirito? Questa guerra non è la mia guerra, tuttavia io sono in essa intrappolato da un giuramento che mi è stato carpito con l’inganno. Eppure non posso più continuare su questa strada di ingiustizia: ne avrei vergogna per me stesso e per il popolo di cui faccio parte. Esiste per me una via di uscita che mi permetta di non rinnegare me stesso? -
- La prima via non sono io a offrirtela. Essa è tracciata dal grande Sciamano Bianco di Roma ed una via di pace. È semplice: domattina ti presenterai al tuo Comandante, gli consegnerai le armi e ti rifiuterai di continuare questa guerra. -
- E che cosa mi accadrà? -
- Sarai trattato come prigioniero e, appena possibile, rimpatriato. Lì subirai un processo di fronte alla corte marziale, sarai bollato come traditore, ma non credo avranno con te la mano pesante dal punto di vista materiale. Certamente sarai considerato un vile, forse anche dalla tua gente che potrebbe non capire le tue vere ragioni. Non è questa la maniera apache di uscire dalla tua contraddizione, ma è comunque una via onorevole. Se è questa che veramente vuoi, io la rispetterò e non ti biasimerò, perché è una via molto amara da percorrere e richiede grande forza d’animo. Se questa sarà la tua scelta, significa che ti sarai guadagnato il nome che porti e forse gli Abiti Neri che te l’hanno dato capiranno il senso della tua azione. -
- Perché mi offri questa via, Spirito? Sai bene che essa, dopo quanto mi hai fatto vedere, non è per me. -
- Te l’ho offerta perché, qui ed ora, essa sarebbe comunque per te una via onorevole. E poi ho voluto in questo modo riconoscere tutti gli sforzi fatti dal Grande Sciamano Bianco per evitare questa guerra. In un momento decisivo egli si è rivelato un prezioso alleato, anche se purtroppo tra i suoi, si annidano molti servi dell’Avversario. Gli riconosco, almeno in questo frangente, di avere degnamente rappresentato la figura di colui che pone ostacolo all’avanzare del Figlio della Rovina. Non ha forse detto egli apertamente a tutto il mondo che questa guerra è Male?-
- Ma vedo che altre sono le tue intenzioni ed io pongo di fronte a te una via da guerriero per chiudere quello che hai cominciato. Domani si scatenerà una tempesta di sabbia e gli irakeni approfitteranno per attaccarvi. Inizialmente sarete in grave difficoltà, non potendo gli elicotteri volare in mancanza di visibilità. Dopo alcune ore la tempesta si attenuerà ed il vostro Comandante farà decollare un elicottero per battere le posizioni irakene. Quello è il tuo momento: partito quell’elicottero, tu salirai a bordo di un altro, raggiungerai il primo e gli darai battaglia. Così per un giorno, almeno qui, la guerra sarà combattuta ad armi pari, o quasi. -
- Ma, e il resto dell’equipaggio, il pilota? Io sono un addetto all’artiglieria, non ho mai guidato un elicottero e non so farlo. -
- Non ci sarà a bordo nessun equipaggio. Quale equipaggio ti aiuterebbe in quest’avventura? Se qualcuno fosse a conoscenza delle tue intenzioni, saresti arrestato ancora prima di avvicinarti al mezzo. -
- Resta il fatto che io non so pilotare un elicottero. -
- E non dovrai farlo. Tu penserai solo a salirvi e farai quello di cui sei capace. Non sarai solo: io sarò con te. E l’elicottero volerà, perché io stesso ti condurrò alla battaglia. O dubiti che possa comandare un Apache? -
- Mi stai chiedendo di sparare ai miei commilitoni -
- Non sarebbe da guerriero comportarsi da vigliacco e sparare loro alle spalle. Li sfiderai in leale combattimento, loro avranno tutte le possibilità di difendersi e quello che deve essere, sarà. -
- E la mia sorte quale sarà?
- La tua sorte sarà quella di lasciare da Apache questo sentiero di infamia. Per un giorno, avrai dato un po’ di luce a questa gente senza speranza e avrai mostrato ai servi dell’Avversario che ovunque può trovarsi un Uomo Libero. -
- Mi chiedi la tua sorte? Sei in vetta al picco di cristallo, sei pienamente te stesso. Puoi prendere il volo, se vuoi. Io ti darò un nuovo Nome e sarai per sempre al mio fianco. Addio, ora. -
Spirito era scomparso e sul terreno dov’era seduto stava infissa la penna di un’aquila.
Cronache d’armi
Un giorno imprecisato sul finire del mese di marzo 2003, alle 14:25 ora di Mosca (GMT +3), – da una località situata nella zona settentrionale del Caspio, la stazione d’ascolto “Krupskaja” del controspionaggio russo intercettava il seguente rapporto inviato dalla zona delle operazioni sul fronte meridionale dell’Iraq verso i Comandi militari della Coalizione, di stanza a Doha:
.... vi è stato un deciso incremento dell’attività sul fronte sud. Dalle ore 07:00 le forze della coalizione sono sottoposte a pressoché continui attacchi sull’intera linea del fronte. Il comando irakeno ha approfittato dell’infuriare della tempesta di sabbia per raggruppare le sue truppe e per rafforzare le difese lungo le vie per Karbala e An-Najaf con due forti unità corazzate (circa due brigate corazzate per un totale di 200 tanks). Le unità d’attacco irakene si erano avvicinate in modo coperto alle posizioni della III Divisione di Fanteria e alla 101^ Divisione Aviotrasportata. Con il sorgere del sole e l’aumento di una parziale visibilità, gli Irakeni hanno attaccato al fianco le nostre forze ovest di Karbala.
Simultaneamente, venivano effettuati un massiccio fuoco d’artiglieria di sbarramento e lanciati attacchi contro unità della III Divisione USA di Fanteria e della 101^ Divisione Aviotrasportata che effettuano operazioni di combattimento nei pressi di An-Najaf. La nostra situazione era complicata dal fatto che la continua tempesta di sabbia ci costringeva a raggruppare le unità in convogli di battaglioni al fine di evitare di perdere truppe ed equipaggiamento in condizioni di visibilità quasi a zero. I nostri convogli di battaglioni erano concentrati lungo le strade che portano a Karbala e a An-Najaf e avevamo solo delle difese limitate. Non c’era una singola linea del fronte, la ricognizione aerea in quelle condizioni non era possibile e fino all’ultimo momento il nostro commando non era a conoscenza delle preparazioni irakena.
Nel corso di tali attacchi le forze irakene sorprendevano un’unità della III Divisione di Fanteria in fase di manutenzione e riparazione di veicoli. In un breve combattimento, l’unità USA veniva distrutta e dispersa, lasciando indietro un’autoblinda, un veicolo in riparazione e due tanks Abrams tanks, uno dei quali pienamente operativo.
In quel momento la visibilità nella zona di combattimento non superava i 300 metri, il che limita l’efficienza della 101^ Divisione Aviotrasportata e quella dei suoi elicottero d’attacco che rappresentano la principale forza di supporto per la ricognizione aerea e sul terreno della coalizione. Due degli elicotteri d’attacco Apache sono entrati in collisione, probabilmente a causa della scarsa visibilità, ed si sono incendiati, sfracellandosi successivamente al suolo. ....
.... durante la giornata le perdite della coalizione in quest’area [ Kerbala e An-Najaf ] sono state di 18-22 morti e oltre 40 feriti. La maggior parte delle perdite sono avvenute in seguito ad attacchi a sorpresa da parte delle Forze Speciali irakene contro le nostre retrovie e contro le postazioni di comunicazione. Questo è un segnale dell’aumento delle azioni diversive e di imboscate da parte degli Irakeni ....
Il giorno successivo la postazione russa intercettava un altro rapporto, molto più riservato. L’estensore J.Butcher, tenente della 101^ Aviotrasportata e referente della CIA in quel teatro di guerra, trasmetteva, tra l’altro, al proprio supervisore di Kuwait City:
.... per quanto riguarda la perdita dei due nostri elicotteri da combattimento Apache 0038 e 0044, ufficialmente classificata dai Comandi militari come una collisione in volo dovuta alla scarsa visibilità nel corso di una tempesta di sabbia, ho ritenuto di effettuare un’inchiesta nel corso della quale ho accertato quanto segue:
1) il primo elicottero, Apache 0038, si trovava in azione su ordine del proprio Comando, in una zona desertica circa due miglia a sud delle nostre linee, con l’incarico di inseguire e bombardare il nemico in fase di momentaneo ripiegamento;
2) il secondo elicottero, Apache 0044, non aveva alcun ordine di volo e, invece che a terra presso la propria base, si trovava, per motivi tuttora ignoti, nel teatro di operazione del primo elicottero;
3) in quelle fasi di combattimento, i due velivoli si trovavano lontani dalle nostre linee e nessuno dei nostri ha potuto assistere direttamente al disastro;
4) ho effettuato un’indagine tra i prigionieri irakeni catturati in quella giornata di scontri e ne ho individuati tre che asseriscono di essere testimoni oculari del fatto. Interrogati separatamente essi hanno fornito delle versioni che, pur divergendo in particolari non significativi, collimano nei seguenti punti essenziali:
a) la loro unità era in fase di ripiegamento e il primo elicottero ( A 0038) stava portandosi su di loro;
b) sopraggiungeva il secondo velivolo (A 0044) e anziché affiancare il nostro mezzo nell’attacco al nemico, lo fronteggiava lanciando un razzo di avvertimento;
c) successivamente, sotto gli occhi degli increduli irakeni, i due elicotteri ingaggiavano un vero e proprio combattimento che si concludeva inevitabilmente con la loro reciproca distruzione.
5) Stamani mi sono recato con una nostra unità di recupero sul luogo dell’incidente e dai resti dell’elicottero A 0038 venivano recuperati i cadaveri carbonizzati di sette membri dell’equipaggio, dei quali veniva effettuato il riconoscimento;
6) Né tra i rottami dell’elicottero A 0044 e neppure sul terreno circostante veniva rinvenuto alcun cadavere. Rimane pertanto il mistero di chi vi fosse a bordo di questo secondo apparecchio;
7) All’appello del mattino presso il campo della Divisione, risultavano presenti, a parte uno, tutti gli effettivi componenti dell’equipaggio dell’elicottero A 0044 ed una rapida indagine accertava la loro completa estraneità al fatto. L’unica eccezione era costituita da uno degli addetti all’artiglieria, Lucero Sandseagle, nativo di nazionalità Apache proveniente dalla riserva di S. Carlos, il quale sembra essere scomparso sin dalla prima mattinata di ieri;
8) Il suddetto Lucero Sandseagle è risultato irreperibile anche ad ogni successiva ricerca e permangono gravi sospetti che egli sia in qualche modo implicato in questa grave azione di sabotaggio
9) Le scatole nere recuperate dai due elicotteri risultano irrimediabilmente danneggiate e da esse non si può ricavare alcuna informazione.
10) Sulla base di quanto esposto, l’unico dato in mio possesso è la testimonianza dei tre prigionieri irakeni e, in mancanza di ulteriori elementi, l’inchiesta è costretta a segnare il passo.
*** *** ***
Epilogo
Ora che il pittogramma impressomi da Aquila ha trovato il suo sviluppo in termini di logica discorsiva e che la mia opera di modesto interprete può dirsi conclusa, vengo assalito dai dubbi sul significato di questa mia esperienza. Sogno, visione rivelatrice, allucinazione indotta da un eccesso di coinvolgimento emotivo? E m’interrogo. Qual è il valore veritativo di questo scritto?
Poi accendo il televisore e mi si para dinanzi lo spettacolo dei telegiornali, dei dibattiti e odo le opinioni dei manutengoli di ogni genere i quali straparlano, a beneficio degli ingenui, di un Iraq finalmente liberato. I loro volti si illuminano di sinistra soddisfazione, mentre le scene dei saccheggi scorrono nei grandi monitor alle loro spalle. Per loro, autentici democratici di razza, le azioni inconsulte di alcune migliaia di scatenati hanno più valore della disperazione dei milioni di Irakeni che si vedono rapinati della loro Patria.
Allora le mie sottigliezze filosofiche dimostrano la consistenza della neve nel deserto e la risposta, semplice, balza ai miei occhi.
Ci sono molte più verità tra queste mie righe di origine onirica che sulle bocche di coloro che, da un comodo salotto televisivo, vibrano l’ultima pugnalata alla schiena di una Nazione ormai saldamente tra gli artigli del Nemico.
BELGICUS
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