domenica 24 maggio 2020

La rivoluzione conservatrice in Germania (Armin Mohler)


1918-1932 I "Nationalrevolutionäre" e l'Est

Il vecchio schema [destra-sinistra, NdE] cade per quel che concerne non solo la politica interna, ma anche quella estera. Il modello nazionalrivoluzionario fa sorgere nuove prospettive. Finora "nazionale" è stato identificato con "antibolscevico" e quindi con "antirusso". Ciò vale genericamente sia per i "Voelkischen" che per gli "Jungkonservativen", anche se questi ultimi espressero l'idea d'una copertura alle spalle, con una certa diffidenza però, da parte dell'Unione Sovietica. I "Nazionalrivoluzionari" occupano una posizione ben diversa: tra di essi il nazionalboiscevismo ha i suoi maggiori fautori. Nel 1929 venne edito il libro di Ernst von Salomon Die Geächten (i proscritti), opera molto significativa per i "Nazionalrivoluzionari" : "Là dove, dopo la disfatta, si trovavano uomini che non volevano abdicare, si ridestò una indeterminata speranza nei confronti dell'Est. I primi che osarono pensare al "Reich" futuro anelavano istintivamente che l'esito della guerra avesse rotto ogni legame della Germania con l'Occidente". Nella Russia non viene visto dunque soltanto il nemico di Versailles. Essa è terra di miseria e di fame, alla ricerca di un sistema anticapitalistico e con caratteristiche nazionali. Schauwecker, in Deutsche allein [1931, NdE], fa dire ad un comunista russo: "Ho fatto la grande scoperta che la Russia esiste... tra dieci anni molti uomini in Russia lo diranno e molti già oggi lo sanno, perciò Trotzky dovette andarsene. Perchè è marxista, un vero marxista! Ma questo non è niente per la Russia! Il bolscevismo, questa è la Russia!". E lo stesso russo dice quel che divide i "Nazionalrivoluzionari" dai comunisti tedeschi: "I comunisti tedeschi: da questi sottufficiali del marxismo non ci si può aspettare niente". Alla base dell'apertura nei confronti dell'Est da parte di questo movimento, non ci sono soltanto il comune nemico in politica estera ed il medesimo "ritmo". Quanto più l'Occidente si disgrega, tanto più si accresce l'ombra che la Russia getta sulla penisola che le sta ad ovest, un'ombra che ridesta una strana commistione di paura, avversione ed ammirazione. Delle due grandi potenze che Tocqueville ed altri spiriti illuminati del XIX secolo vedevano sorgere ed affacciarsi nel secolo a venire, l'America non ha in nessun momento esercitato un'influenza comparabile a quella russa, e della stessa profondità.

L'influenza russa non è però rintracciabile in egual misura in tutta la Germania. All'interno della zona che si estende tra il Tevere, la Senna e il Meno, e che costituisce il nucleo dell'Occidente, tale influenza è più debole che nei territori del nord-est, che non furono mai aperti dalle legioni romane all'ecumene antico-cristiano. Come nel gioco dei vasi comunicanti, l'ascesa della Prussia a forza determinante nel mondo tedesco corrisponde alla decadenza dell'Occidente, e ciò determina anche un avanzamento della Russia. La storia della Prussia è collegata a quella della Russia, più di quella di ogni altro Stato europeo, anche della monarchia austroungarica. L'attuale nazionalbolscevismo può connettersi ad un'antica tradizione prussiana. E non solo all'opera del "re-soldato", che si basa su un socialismo di Stato, ma ancor più al tradizionale orientamento della politica prussiana nei confronti dell'Est: dal fatto che Federico il Grande fu salvato dallo zar Pietro III alla convenzione di Yorck di Taurrogen, al trattato di controassicurazione di Bismarck, fino ad Ago von Maltzan ed al generale von Seydlitz del comitato di Mosca. Come dimostrano questi esempi, l'atteggiamento nei confronti dell'Est non era offensivo. Nella stessa ottica, l'impero austroungarico viene considerato la parte orientale della Prussia, "zona di frontiera" di uno Stato in cui la Prussia è il vero centro. In ciò non vi è soltanto l'idea di un baluardo protettivo: si sa che ogni zona di frontiera è anche una porta aperta alle invasioni (ciò vale per la Prussia ancor più che per la monarchia danubiana). La mancanza di una propensione per una vasta azione offensiva contro la Russia, come quelle compiute dal còrso Napoleone o dall'austriaco Hitler, è anche evidenziata dalla commistione slavo-germanica che costituisce l'essenza del prussianesimo: questo non nega la provenienza dai sabbiosi e poveri terreni di confine, e conduce una politica pratica e possibilistica. Con la soluzione "piccolo- tedesca", di contro a quella "grande-tedesca" sotto l'egemonia asburgica, anche per quanto concerne la politica estera la Prussia non si schiera contro la Russia, anzi la vede come alleata. La Prussia è dunque un antico baluardo contro l'Est; ma a causa di questa vicinanza anche la forza dell'Est può gradualmente disgregarsi, cosa di cui si rende conto proprio quell'Occidente che funge da baluardo. Nel periodo da noi considerato cadono perciò nel vuoto le dichiarazioni bellicose in spirito di crociata scagliate verso la Prussia da Monaco di Baviera. Al popolo prussiano è estraneo tanto l'elemento idilliaco piccolo-borghese quanto il tempestoso apocalittismo divino della Germania meridionale. E' significativo che il prussiano Rauschning definisca il nazionalsocialismo bavarese, austriaco e sudeto, un "barocco ateo" nello stile di un Carlo V: "Si sostituisce la fede cattolica con una nuova fede rivolta al dio-Fuehrer; questa è la posizione dei Nazionalsocialismo nella sua volontà di dominio del mondo. E' questa un'oscura visione barocca ispirata da una moderna Inquisizione. Il XVII secolo produsse in Germania le guerre più sanguinose, e l'ambito da considerare non è quello sobrio e concreto del nord prussiano, ma il mondo meridionale dominato dal fanatismo spagnolo". Toni simili compaiono già alla fine della Prima Guerra Mondiale nel saggio di Spengler Preussentum und Sozialismus, edito per la prima volta nel 1919: "Lo spagnolo ha una grossa missione da compiere, egli non è un "io", ma una "funzione". Egli è soldato o prete... Lo spirito spagnolo vuole conquistare i pianeti, un Impero su cui il sole non tramonti mai... anche Vienna è una creazione dello spirito spagnolo... (Il popolo austriaco) è divenuto profondamente estraneo agli altri tedeschi, irrevocabilmente... Questo popolo resta asburgico e spagnolo e lo sarà anche quando non sopravviverà più nessuno della casa asburgica". [Cfr. 0. Spengler, Politische Schriften, 1933. NdA] Il nazionalsocialismo affonderà pertanto le sue radici sempre nella zona della Germania situata a nord del Meno e ad est del Reno. 

E per questo il nazionalbolscevismo in Germania significherà sempre una prussianizzazione della nazione. Già prima della caduta della monarchia degli Hohenzollern la Prussia è qualcosa di più di un semplice paesaggio (Landschaft) o di uno Stato. "Il prussianesimo è un principio", dice Moeller van den Bruck all'inizio del suo libro Der preussische Stil, in cui cerca di delineare l'essenza dei prussianesimo. Questo è il motivo per cui esiste "una scelta prussiana", per Hegel come per molti altri, e non una "scelta bavarese". Nella cerchia dei gruppi nazionalrivoluzionari i nazionalbolscevichi possono essere considerati "prussiani d'elezione". Come Ernst Niekisch, figlio di madre sveva e di padre della Slesia, che si sente legittimo erede dell'antica Prussia. La sua profonda avversione al nazionalsocialismo trae come non ultima ragione il risentimento di un emigrante della zona baltica nei confronti delle dichiarazioni dei crociati contro la Russia. Per questo egli esclama: "Hitler rappresenta la vendetta di Koenigsgratz". Non si può tuttavia tacere che in questo nazionalbolscevismo vive anche un forte messianismo chiliastico estraneo al prussianesimo. Esso sorge dall'impulso di abbandonare la nave dell'Occidente che affonda e di attaccarsi alla forza dell'Est, "giovane", "barbarica", ancora non corrosa. Nell'espressione "un Reich da Vladivostock a Vliessingen" si nascondono i sogni di un dominio del mondo russo-tedesco, sogni che purtuttavia ebbero un qualcosa di più realistico che non i sogni di Hitler. Questo tono messianico viene utilizzato già dai "profeti", in riferimento alla missione della propria terra. Nei frammenti postumi di Nietzsche (XIII, p.430) si trova un programma in quattro punti per la grande politica tedesca. Il primo punto è intitolato "Il senso della realtà", il terzo dice: "Abbiamo assolutamente bisogno di un accordo con la Russia, con un nuovo programma comune, che non preveda in Russia alcun dominio inglese. Nessun futuro americano ! ". Il quarto punto dice in modo ancor più chiaro: "Una politica europea è insostenibile ed un rinchiudersi in una prospettiva cristiana un'assoluta disgrazia...". Di contro risponde Dostoevskij : "La Germania ha bisogno di noi non per un'azione politica temporanea, ma per un legame eterno... Due grossi popoli, noi e loro, hanno il compito di trasformare l`aspetto del mondo". [Cfr. E. Mueller, Nationalbolschevismus, Heidelberg 1933. NdA ] L'idea che il bolscevismo russo possa attuare una rivoluzione mondiale solo alleandosi a quello tedesco viene continuamente ripresa, da Bruno Bauer fino al leninismo. E' come un incubo che grava sull'Europa occidentale, che si manifesta chiaramente nel momento in cui la Francia incomincia a ritirarsi come dietro ad una sorta di muraglia cinese. Significativo è anche l'aneddoto del vecchio Clemenceau, dotato di un fiuto che andava oltre la contingenza politica, il quale, ricevendo un giornalista nella sua casa in Vandea, rispose alla domanda sulle sue attività dicendo che curava le rose del suo giardino e che andava su e giù dal tetto per vedere se arrivassero gli Unni. Cosi, non desta meraviglia che gli Inglesi denunciassero questa situazione già in un libro del 1932 dal titolo The Russian Face of Germany [C.F. Melville, The Russian Face of Germany, London. NdA] Sulla base di quest'elemento ulteriore, il movimento "Nazionalrivoluzionario" può esser definito con ancor maggiore chiarezza. Quel che per i "Voelkischen" è costituito dal tempo primordiale germanico, e per gli "Jungkonservativen" dal Reich medioevale, per i "Nazionalrivoluzionari" lo è la Prussia del re-soldato Federico il Grande. E la Prussia è la comunità sognata dai "Nazionalrivoluzionari", non nel senso del sangue e del suolo, o di alcunché di artificiale; essa è un vero e proprio "movimento". Ciò che unisce è il marciare in una stessa direzione, in base allo stesso ritmo: questo è più importante del contenuto o della meta. Il prussianesimo, paragonabile alla scelta "piccolo-tedesca", è anche qualcos'altro, che appare sempre nell'atteggiamento nazionalrivoluzionario: il ritorno ad un centro stabile, dal quale poter poi procedere.

Dal capitolo IV di Die Konservative Revolution in Deutschland 1918-1932 (I ed. Stuttgart 1972; II ampliata ed. Darmstadt 1972; III ed. ampliata Darmstadt 1990) Trad. it. di L. Arcella (dalla II ed.) per le edizioni Akropolis-La Roccia di Erec, Firenze-Napoli 1990. Si riproduce senza autorizzazione, per ogni uso consentito.

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