sabato 10 agosto 2013

L’Asse Parigi-Berlino-Mosca cerniera dell’Eurafrica e dell’Eurasia (Tahir de la Nive)

Dopo l’ "Evil Axis" di Bush, l’Asse del Male, un po’ zigzagante, da Tripoli a Pyongyang passando per Teheran, Damasco e Pechino, le prese di distanza dei signori Chirac, Putin e Schröder nei confronti di Washington hanno creato l’Asse Parigi-Berlino-Mosca ? Esse, in ogni caso, ne hanno posto i fondamenti, sui quali si osa sperare che questi tre capi di Stato collaborino ad un autentico progetto geopolitico. Quest’Asse Parigi-Berlino-Mosca costituisce precisamente il tema del colloquio del GRECE tenutosi a Parigi il 18 gennaio (1). Trattenuti lontano da Parigi, ne siamo stati informati troppo tardi per potervi dare il punto di vista euroislamico, specialmente l’analisi storica e geopolitica che s’impone.

Storica, per cominciare. Senza risalire alle calende greche, ricordiamoci dei due grandi tentativi di unione grand-europea, quello della Francia napoleonica, quello della Germania un secolo più tardi e che tra questi due grandi progetti si produsse una sequenza di giochi diplomatici che presero la forma di una rivalità galante tra la Francia e la Germania nel corteggiamento della Russia.



Il primo tentativo si sviluppò dopo la pace di Tilsit, in cui l’Imperatore dei Francesi e lo Zar si erano abbracciati e giurati fedeltà di fronte al resto del mondo. Lo Zar tradì l’alleanza formulando, come nel 1941 Stalin a Hitler, delle pretese inaccettabili per l’Imperatore, imponendo a quest’ultimo, o dandogli il pretesto, di marciare verso Est, verso la futura rovina del suo esercito. Berlino dovette fornire a Parigi un contingente agli ordini del generale von York che Clausewitz fece passare dalla parte russa disapprovato apertamente dal suo stesso re al punto di essere costretto a proseguire la sua carriera militare nell’uniforme verde degli ufficiali dello Zar. Poi vennero quelle che gli storici tedeschi chiamarono le Befreiungskriege, le pretese guerre di Liberazione, con la creazione della Landwehr e della scuola di Scharnhorst, Boyen, Gneisenau, etc. Qui resistiamo alla tentazione di entrare in questo argomento appassionante e ricco dai cui insegnamenti noi trarremo solo quello di Martin Kitchen: organizzando la resistenza a Napoleone, gli ufficiali rivoluzionari prussiani segarono il ramo che li sosteneva. Il loro operato fu, dal 1815, metodicamente annientato dai monarchi reazionari che si succedettero fino all’avvento di Bismark, che utilizzarono il loro esercito per schiacciare le ribellioni popolari interne, rendendo con ciò la Prussia incapace di svolgere un ruolo adeguato durante la crisi di Crimea.

Ci volle, in effetti, Bismark per ridare lustro al blasone del « Vecchio Fritz ». Geopolitico che condivideva con Nietzsche il gusto per l’elmetto a punta, egli riprese la dottrina clausewitziana dell’alleanza Berlino-Mosca che combinava il rifiuto sistematico di ogni avventura militare ispirata a quella del 1812, con il desiderio di assicurarsi la benevolenza russa, lasciando alla Germania la mano libera a Occidente, specialmente verso la Francia revanchista della 3^ Repubblica. L’Asse Berlino-Mosca in gestazione servì in primo luogo alla Russia contro il Giappone, in quanto l’Inghilterra, non essendo ancora diretta da fantocci dell’America del genere Tatcher e Blair, ma da fini geopolitici, si rendeva conto che il grande continente eurasiatico aveva come pendants due piccoli arcipelaghi la cui simmetria e rassomiglianza dettavano l’opportunità dell’alleanza. L’Inghilterra dunque sosteneva il Giappone, la Germania la Russia. Schiacciata quest’ultima sul mare e umiliata su terra, – era, nel passaggio dal XIX al XX secolo, la seconda volta in sette anni che una grande potenza europea era battuta da una emergente non-europea – a Tokyio si pensò che le ostilità fossero terminate con la Russia ma non con la Germania, di conseguenza cacciata dai suoi possedimenti coloniali d’Africa, ma anche d’Asia, specialmente da Tsin-tao ancora oggi famosa per la sua birra !

Nel frattempo gli spiritisti e i pretesi teosofi di Steiner erano riusciti a far perdere a Moltke-junior (da non confondersi con il suo geniale padre, il vincitore ed il super-stratega del 1866 !) la salute mentale e al suo sabotaggio del Piano Schlieffen corrispose lo sgretolamento dell’eredità clausewitziana e bismarkiana dell’’asse Berlino-Mosca. Tra Marianna e Germania, lo Zar scelse di convolare con la prima, spinto dalla politica turcofila ed anche certamente islamofila del Kaiser, anche dalla sua alleanza con l’Austria. Il Reich guglielmino dovrà dunque battersi su due fronti. Curiosamente per certi, fu l’America, più precisamente la politica segreta di Wilson, che lo liberò da questa angoscia fomentando la rivolta bolscevica del 1917, che approdò nell’immediato all’armistizio russo-tedesco di Brest-Litowsk ma, in un secondo tempo, appena un anno dopo, al trionfo dei Bolscevichi a Berlino, Budapest, Vienna e Monaco, come all’esilio del Kaiser.

Comprendere la comunanza d’interessi a brevissimo termine, molto realpolitischdenkend, tra Wilson ed il Kaiser, significa comprendere la ragione per cui Trotsky permise alla Reichswehr detta « nera » di addestrarsi dai primi anni 1920 (Hitler non era ancora che un oscuro oratore da birreria) in territorio russo, nel caso sovietico, alle tattiche che faranno trionfare la Wehrmacht nel 1939 e 1940, ma anche nel giugno 1941. Si può parlare, qui, di un asse Washington-Berlino-Mosca, con l’elemento mediano del trio manipolato dagli altri due, dovendo svolgere il ruolo di detonatore paragonabile a quello della Serbia nel 1914, nel giorno in cui un governo tedesco si fosse degnato di rimettere in causa il Trattato di Versailles e in modo generale la pace americana imposta all’Europa nel 1919 e portatrice del conflitto seguente, a seguito del quale le potenze del vecchio continente sono cadute per sempre a vantaggio degli USA. Per sempre ? Lo vedremo !

Nonostante le arringhe ideologiche, l’asse Washington-Berlino-Mosca si mantenne fino al 1941. Le raffiche tirate tra i piloti della Legione Condor e i pochi inviati da Stalin ai Rojos spagnoli fanno più la figura di esercitazioni con pallottole vere che di un’autentica guerra. Infatti la politica razziale del III Reich convergeva con i progetti della parte più influente dell’entourage di Roosevelt ed il Giappone imperiale firmò la propria condanna a morte, non tanto impadronendosi di territori del continente asiatico quanto con la volontà di creare in uno di essi, il Manchukuo, un focolare per le vittime di questa politica. In breve, proponendo una soluzione pacifica a coloro che da lungo tempo pianificavano la guerra in Europa e nel mondo (2). Lo stesso Giappone imperiale vedeva d’altronde l’asse Berlino-Mosca, ravvivato a fine agosto 1939 dopo che Berlino aveva incitato i suoi alleati a firmare il patto antikomintern, con inquietudine, riprovazione ed anche con vivo risentimento nei confronti del Reich. Tenuto conto di questo, i Tedeschi non erano per nulla in buona posizione per criticare la mancata sollecitudine del Giappone ad attaccare l’URSS dopo il 1941.

L’asse Berlino-Mosca funzionò dal 1920 al 1941 nel modo in cui Bismark e Schlieffen avevano sperato dal 1871 al 1914, cioè contro le democrazie atlantiche Francia e Inghilterra. La Linea Maginot consentiva agli strateghi di Washington, senza dubbio male istruiti o semplicemente negligenti delle innovazioni tattiche di Guderian ed altri anziani della Schwarze Reichswehr degli anni 1920, di prevedere una riedizione dei combattimenti di posizione del 1916, una guerra che sarebbe durata almeno quanto la precedente, mettendo nuovamente a ferro e a fuoco il continente europeo. I generali Student e Guderian li costringeranno dunque ad attendere quattro anni per realizzare il loro piano di sottomissione della Francia, incaricandosi già l’Inghilterra, a Mers-el-Kebir, di privarla dello strumento navale della sua geopolitica (è, senza dubbio, per rendersi meglio conto del dissesto navale della Francia che Roosevelt le inviò come ambasciatore un ammiraglio, Leahy) ; Albione era già, dall’estate 1940, ai piedi dello Zio Sam, nella persona di Churchill che inumidiva le ghette di Roosevelt con il suo sudore freddo, con le sue gocce di gin e con il sangue francese; si può dire che è da quest’epoca che la Gran Bretagna ha cessato di esistere come potenza sovrana, quattro anni prima della Francia il cui governo di Vichy, nonostante le conseguenze della disfatta del giugno 1940, godette di una sovranità maggiore nei confronti della Germania, rispetto all’Inghilterra nei confronti degli USA. (3).

Nel luglio 1940, in termini puramente geostrategici, l’Europa Centrale, garantita dalla benevola neutralità dell’Europa Orientale, aveva dunque già messo l’Europa Occidentale ai piedi dell’America. Ormai, nella fase seguente di questo Drang nach Westen, spettava all’Europa Orientale di invitare l’Europa Centrale a giungervi: fu la Nato. Poi, con il crollo del Patto di Varsavia, è stata la volta dell’Europa dell’Est… fino a quello che Putin, in effetti…

Un’altra potenza, eurasiatica come la Russia, ad aver dato un po’ di filo da torcere a Washington al momento della questione Iraq, è stata la Turchia. Confessiamolo: siamo stati molto delusi per la smentita riguardo l’ingresso delle sue truppe in Iraq. Resta il fatto che l’atteggiamento turco ha posto al Pentagono problemi inattesi di logistica. È senza dubbio dal fatto dell’assenza di concertazione tra Ankara e le altre tre capitali del detto Asse che si continua a parlare di questo, invece di un blocco che includerebbe la Turchia. Estendiamo qui il nostro richiamo storico alle relazioni tra la Francia, la Germania e la Russia con la Turchia, più precisamente con l’Impero Ottomano che era, conviene tenerlo a mente, il detentore legittimo dell’autorità islamica. Di queste tre potenze, l’ultima costituì nel corso dei secoli il nemico atavico dei Sultani, più ancora dell’Austria poiché in fin dei conti, nel 1914, essi si ritrovarono a fianco degli Asburgo contro lo Zar. La pace di Tilsit fu pure sentita ai suoi tempi come un grave cambiamento politico di Napoleone nei confronti del suo amico turco.

Questo ci porta a rievocare le relazioni degli altri due paesi verso la Porta, che essi corteggiarono un po’ come corteggiarono la Russia. La turcofilia dei re di Francia – essa non si smentirà da Francesco I a Luigi XV – era soprattutto di ragione (4), quella dei re di Prussia, di cuore, andando di pari passo con l’islamofilia germanica ereditata da Federico di Hohenstaufen. Con Napoleone – già con Robespierre come testimonia il riconoscimento della Repubblica francese da parte della Reggenza di Algeri nel 1793 – fu la Francia a conquistare definitivamente i cuori musulmani e soprattutto la simpatia ottomana. La leggenda di « Ali Bonabardi sultano dei Francesi » percorse tutto l’Oriente musulmano dall’Africa ai Carpazi, in un’epoca in cui le notizie viaggiavano alla velocità delle carovane. Quindici anni, giorno più giorno meno, separano Waterloo dallo sbarco francese di Sidi-Ferruch, con Bourmont, il traditore del 1815, a riprendere parola per parola ad Algeri la dichiarazione fatta da Bonaparte a Il Cairo. Come Bugeaud, fatto caporale ad Austerlitz, le truppe erano composte da veterani dell’epopea imperiale ; esse tuttavia non avanzavano più precedute dall’Aquila liberatrice, ma dallo strumento di supplizio e di morte del quale l’Occidente aveva fatto il suo simbolo, e dalla corona decaduta nel 1792, restaurata nel 1814 e 1815 dal nemico della Patria. I musulmani di Algeri non se ne accorsero che troppo tardi, si raggrupparono allora dietro l’Emiro Abdelqader che, dopo aver combattuto quella dei Borbone, si rialleerà alla Francia di Napoleone III. Quest’ultimo e il Sultano ottomano si chiamavano « cugini » ed in effetti lo erano tramite una sorella di Giuseppina di Beauharnais. Nel 1870, la Turchia si dichiarò pronta a sostenere la Francia contro la Prussia. Nel 1871, avvenne nell’Est algerino la sollevazione contro i Decreti Crémieux, contro il nuovo regime nato a Parigi dalla sconfitta e che aveva appena abbattuto la colonna Vendôme. È nella stessa regione che nella data emblematica dell’8 maggio 1945 le popolazioni musulmane algerine si solleveranno di nuovo, in seguito ad una provocazione montata da manifestanti che portavano una forca da cui pendeva l’effigie del maresciallo Pétain ; nel 1945 come nel 1871, i difensori dell’onore dell’Esercito francese e quelli dell’Islam non hanno formato che un solo e medesimo campo.

La Germania ed i suoi ufficiali, con il loro Sachligkeit ed il loro idealismo, scalzarono i Francesi dal rango privilegiato in cui erano stati introdotti dall’Aquila di Bonaparte nei cuori turchi e musulmani in generale. È vero che prima di loro Federico II, il re-sergente, flautista e filosofo, amico di Lessing, di Nicolaï, dei francesi Guibert, Folard e Voltaire, ammiratore del genio spagnolo Santa Cruz de Marcenado (5), aveva voluto essere erede degli Hohenstaufen, precedendo Nietzsche («Guerra a Roma, Pace all’Islam !») e Bismark con la sua Kulturkampf. La prima moschea tedesca risale al suo tempo, una « moschea di guarnigione », costruita a Potsdam per i suoi soldati musulmani, seguita di poco da quella di Schwetzingen, in stile « turco-rococò », a pochi chilometri da Heidelberg, tanto da poter immaginare lo studente Mohammed Iqbal srotolarvi il suo tappeto da preghiera !

Così, nell’agosto 1915, l’asse Istanbul-Vienna-Berlino tagliò in due il magma Parigi - Londra - Roma - Mosca - Tokyo, finché la doppiezza yankee non rinforzò militarmente il campo alleato ad Ovest provocando il suo crollo ad Est, creando diplomaticamente il dispositivo che avrebbe favorito la ripresa a breve del conflitto inter-europeo, dando anche all’Esercito tedesco del novembre 1918, per nulla battuto, ma esausto, la possibilità di riprendere le sue forze – certo non, lo si capisce bene, per germanofilia, ma perché bisognava, se si voleva che gli Europei finissero di darsi il colpo di grazia, che le nazioni d’Europa finissero per scalzarsi una volta per tutte dal podio della Storia, che vi fosse da una parte e dall’altra i mezzi per farlo.

I signori Chirac, Schröder e Putin hanno saputo trarre dalla Storia questa lezione ? I popoli dell’Europa in generale, quella delle loro follie e delle loro lacerazioni del passato ? Hanno infine misurato la demenza suicida di coloro che, sprofondati nella mollezza della decadenza, non avrebbero denti che per mordere la mano che tentasse di spezzare la loro catena ? In altri termini, la tracotanza d’oltre Atlantico ha infine, in poche settimane, provocato il miracolo atteso dopo più di un millennio, di un asse Parigi-Berlino-Mosca che succeda alle effimere alleanze Parigi-Mosca contro Berlino, Berlino-Mosca contro Parigi… Speriamolo, anche se osiamo appena credervi !

Perché questo pessimismo ? Perché non vediamo alcuna grande visione storica dietro questo Asse, tutt’al più soprassalto di dignità – cosa molto buona, ma di certo non bastante – di fronte al diktat di Bush. E a che cosa serve voler fare l’Europa quando non ci saranno più Europei ? Nel corso di questo colloquio del GRECE, il signor Coutau-Béguerie ha esposto le realtà demografiche del nostro Continente, tracciando un quadro estremamente cupo di quella che sarà l’Europa del 2030.

Ora, bisogna pure dirlo, il rifiuto di un popolo di riprodursi significa in tutta evidenza le sue dimissioni dalla Storia e, in termini aritmetici, la sua futura sparizione. Altrove (6) abbiamo analizzato il ritorno della società europea alle strutture feudali « meno cavalieri e trovatori », dimostrato la concordanza esistente tra il ritorno dei nostri eserciti al mercenariato e l’abbassamento del sistema sociale che fino ad oggi era l’orgoglio dell’Occidente « civilizzato ». L’abbiamo spiegato basandoci sugli insegnamenti convergenti di Guénon e di Clausewitz, evocando la soluzione euroislamica, la sola in grado di strappare in extremis i nostri popoli alla loro corsa all’estinzione.

Noi abbiamo ancora, ma senza dubbio mai abbastanza, denunciato la pratica veramente satanica dell’Usura come la fonte di tutti i mali, si tratti dell’estinzione dei popoli d’Europa come dello squilibrio Nord-Sud e delle ondate migratorie che esso provoca, prima che ne derivi il famoso “scontro di civiltà”. Abbiamo mostrato come l’Islam non solo condanni l’Usura in tutte le sue forme, ma le opponga ancora un sistema coerente ed efficace, basato sulla solidarietà, il merito e lo sviluppo assicurato e condiviso (7) ; tentando di aprire gli occhi a tutti quelli circuiti dalle falsità dello Zio Sam e degli altri propagandisti dell’Occidente cristiano-capitalista: l’islamofobia a cui si cerca sempre di istigarli non ha nulla a che vedere con una « guerra di religione », con la difesa dell’Occidente contro l’Oriente degli Unni, dei Mori e dei Vandali. Che lo sappiano: ciò a cui vengono chiamati, è la difesa del sistema usurocratico che strangola e conduce l’Umanità tutta intera, in particolare i nostri popoli europei, verso l’estinzione.

Così, dunque, noi proclamiamo che per avere un senso, l’Asse Parigi-Berlino-Mosca deve soprattutto avere un’anima, una visione geo e metapolitica; che comporta che i popoli che lo compongono riprendano coscienza della loro missione storica che giustifica un diritto di vivere che si traduce in desiderio delle Europee di procreare di nuovo, nella prontezza degli Europei a correre alle armi, se necessario. Si capisce che le prime non abbiano oggi che una voglia assai blanda di mettere al mondo dei futuri disoccupati, drogati e schiavi dell’Usurocrazia; che per i secondi sia naturale non dover più marciare sotto delle bandiere che hanno perduto ogni significato, per degli interessi privati, estranei se non opposti a quelli del Popolo e della Nazione. Ma che sia spezzata la costrizione all’indebitamento, che sia scongiurato lo spettro della miseria, che i popoli dell’Europa riprendano il gusto alla vita, alla creazione e alla procreazione, e vedremo di nuovo rifiorire le città e le campagne del nostro Continente, noi leveremo di nuovo i canti gioiosi dei nostri studenti, dei nostri operai, dei nostri contadini, come quelli dei soldati incaricati di difendere la loro libertà e la loro dignità riconquistate, la loro prosperità ristabilita, come di portare il ferro ovunque lo esigerà la loro missione storica.

Chi è abituato a leggere i nostri scritti ha capito che nulla ci è più odioso del fanatismo religioso, che niente provoca il nostro sarcasmo quanto il bigottismo e che noi consideriamo tutte le « fedi » egualmente prive d’interesse. L’Islam non troverebbe ai nostri occhi più indulgenza delle altre se, giustamente, fosse una di esse. Le discussioni di livello esoterico tra « credenti » che tentano reciprocamente di « convincersi » di ciò di cui dubitano nel più profondo di se stessi, ci fanno sbadigliare ! Ci interessa solo l’Alta Scienza, l’esperienza esoterica vissuta, costruita sul fondamento stabilito dall’Ordine sociale. Napoleone lo ha riconosciuto: io non vedo nella religione il mistero dell’incarnazione, ma il mistero dell’ordine sociale; concezione pienamente conforme al suo islamismo, che spiega, tra le altre cose, la sua vicinanza con l’Islam, « religione utile » per la quale non c’è « basso mondo » ma un campo di esperienza e di creazione, se necessario di battaglia, per lo stabilimento dell’Ordine sociale che serva da quadro e da base alla realizzazione metafisica. È vano vantare le attrattive di quest’ultima a delle persone che non sappiano domani di che cosa si nutriranno, se ci saranno ancora un tetto e un abito, per le quali il confort si riduce a mettere nel vaso del loro cervello i teleromanzi, che la pratica dell’Usura ha tosato come pecore, privandoli dei beni più basilari !

Ecco perché è importante non « corannizzare » gli Europei come erano stati evangelizzati, ma ricreare l’ambiente per il loro rifiorire intellettuale e spirituale; costruire il quadro politico, economico, sociale e culturale necessari a questa rivoluzione interna di cui parla il Corano. È in questo senso che si comprende la parola di Mohammed, ultimo Messaggero dell’Unico, cavalcando con i suoi compagni verso i loro focolari, di torno dalle campagne: « Noi ritorniamo dal Piccolo Jihad per intraprendere il Grande ». In altre parole, avendo con le armi assicurato le frontiere dell’impero, noi possiamo mettere mano all’opera di pacificazione interna: dello Stato, della società e delle nostre proprie anime. Tre centinaia d’altri erano venuti prima di lui, portatori della medesima dottrina, pur differente nella sua forma esteriore in funzione dei tempi e del popolo degno di riceverla. Noi Musulmani li veneriamo tutti, che ci siano rivelati nel Corano o lasciati alla valutazione dei suoi lettori. I loro discepoli formano per noi, non altre religioni – sarebbe deviante dal puro monoteismo credere che l’Unico abbia creato differenti religioni – ma altre comunità. Noi trattiamo di questo in altri lavori e se lo menzioniamo qui, è per sottolineare il fatto che gli adepti del Tao, dello Shinto, dell’Odinismo, i discepoli di Brahma, di Zoroastro, del Buddha, in breve di tutte le tradizioni viventi del grande continente eurasiatico, formano con noi un solo mondo: il mondo della Tradizione, minacciato, aggredito dall’Occidente. « Andate a cercare la Scienza, fosse fino in Cina ! », comandava già Mohammed, undici secoli dopo Buddha, Confucio e Sun-Zu, circa tre millenni dopo Lao-Tse.

I tre principali tentativi grand-europei, se vi includiamo quello di Alessandro il Grande che numerosi Musulmani considerano uno dei trecento Messaggeri dell’Unico, furono anche e soprattutto eurasiatici. L’accanirsi francese a Smolensk nel 1812, tedesco a Stalingrado della fine 1942, si spiegano nel primo caso con la volontà napoleonica di marciare verso l’incontro con il suo amico Tipou-Sahib, sultano dei Musulmani dell’India; nel secondo, saltando da Bismark ad Haushofer, di congiungersi con l’Asahi, il simbolo solare venuto dall’Est, in quella stessa regione in cui i Talibani della CIA hanno invitato il GI’s a stabilirsi, il nuovo Tipou-Sahib avendo nome Bose. Come se l’Asse Parigi-Berlino (imposto da Parigi nel 1812, da Berlino nel 1942) dovesse saltare oltre Mosca per estendersi a Kabul e a Tokyo.

Senza dubbio oggi, a Madrid come a Oslo, a Dublino come a Shanghaï, a Karachi come a Mosca, a Sapporo come a Teheran, a Istanbul come a Hambourg e a Bagdad come a Giakarta, si è infine compreso chi è, dove si trova il nemico. Colui che, in base alla definizione clausewitziana, cerca di imporci la sua volontà. Uno « scontro delle civiltà » ? Per niente ! Quello tra due tipi di uomini, quelli che hanno dignità e quelli che non ne hanno. Perché è a questo che si riduce oggi essere a favore o contro gli Yankees. (8). In tutti i luoghi citati, vi sono coloro che hanno coscienza del loro passato nazionale, della loro cultura, della loro tradizione, della grandezza degli eroi e dei geni della loro Storia. Ci sono in particolare coloro la cui Storia recente risuona ancora del genocidio al napalm, al fosforo e all’atomo. Costoro non hanno che un desiderio: Abbasso gli Yankees ! E poi ci sono quelli che sbavano d’invidia e di ammirazione davanti agli « eroi » dei teleromanzi che gli agenti del colonialismo inseriti nei media impongono ai loro compatrioti, davanti alla potenza dello Zio Sam al suo modo di schiacciare i popoli. Sono, nel termine usato da Benabi (9), i « colonizzabili ».

Questi tentativi furono anche eurafricani. Ma in Asia come in Africa, essi dovettero appoggiarsi politicamente, militarmente sull’Islam. Che la si consideri come la teologia adottata dai popoli che formano la triplice cerniera tra l’Europa e l’Asia, l’Europa e l’Africa, l’Africa e l’Asia, o che lo si consideri da un punto di vista strettamente ideologico come l’antitesi dell’Occidente capitalista, l’Islam non è aggirabile. Esso costituisce sia l’equilibrio che il cemento della grande costruzione euro-afro-asiatica. Solo il suo sistema è in grado di risolvere i grandi problemi nazionali, sociali ed economici in particolare, internazionali ed intercontinentali, specialmente nel rompere la costrizione del Debito di cui soffrono i più poveri – si tratti dei cittadini più squattrinati di uno stesso popolo, o si tratti ancora dei paesi più sfavoriti – ristabilendo gli equilibri senza i quali la grande costruzione intercontinentale a cui noi alludiamo crollerà come un castello di sabbia, per quanto non abbia mai preso forma!

I viaggi di Jacques Chirac in Africa del Nord s’inscrivono nella tradizione bonapartista della Francia, nella permanenza dei suoi interessi geostrategici, infine in questo « genio particolare » di cui parla il generale Spillmann (10). Questa politica simultanea di riavvicinamento franco-magrebino e di indipendenza nazionale di fronte ai diktat di Washington gli è valsa una ripresa di popolarità presso i Musulmani nel Mondo, specialmente presso i 7 milioni che vivono in Francia. Sarebbe un grande errore da parte sua perderla per una semplice questione di velo ! Gli stessi che hanno puntato il dito verso il nostro paese quando ha rifiutato di versare il sangue dei suoi soldati per le prugne della California, oggi lo fanno burlandosi del paese dei Diritti dell’Uomo in cui si vieta a delle giovani di portare un velo! È impensabile che il signor Chirac non riesca a realizzare il modo in cui la Francia e il suo governo vengono rigirati, in seguito a quella che altro non è che una manipolazione da parte di quelli che vogliono la caduta del secondo, privato dei milioni dei voti musulmani, l’isolamento della prima nel ridicolo, con la reputazione di un paese in cui si perseguita l’Islam.

L’attentato che ha appena fatto ripiombare Mosca nel sangue e nel terrore ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, quali siano i metodi usati dagli sbirri dello Zio Sam. Sono quelli della Mafia, del crimine organizzato che dirige la politica americana, intrecciata ai servizi speciali yankee i cui primi bersagli sono gli stessi inquilini della Casa Bianca, alla mercé di un Watergate, di una Lewinsky, di un assassino, messo lui stesso a tacere da un altro… Già dallo sbarco in Sicilia nel 1943, gli Yankees si affrettarono ad armare la Mafia, a far uscire i suoi padrini dalle prigioni fasciste, così che gli gli slogan di benvenuto ai « liberatori » e di odio verso il Duce erano punteggiati da «Viva il Crimine!», con la promessa, in verità vaga, di fare dell’isola un principato indipendente o un protettorato yankee (11). Che i successori di Hoover, Dulles, Donovan e tutti quanti abbiano incluso nei loro carnets mondani i prosseneti e i trafficanti dell’Europa centrale e orientale; che essi manipolino inoltre, attraverso l’interposizione di Wahabiti e Talebani, degli attivisti ceceni, è una cosa del tutto naturale e lo resterà a lungo fino a quando ci saranno dei cretini e dei corrotti pronti ad ogni uso.

Da Mosca a Madrid, il ricatto terrorista porta uno stesso segno, perché la Spagna, terza potenza navale atlantica europea, è uno degli ostaggi essenziali degli USA dal 1898. A soli dieci anni dalla consegna data ai Rojos di massacrare tutti gli ufficiali di Marina che cadevano nelle loro mani, l’America di Truman rinnovava le sue pressioni su Madrid, prendendo come pretesto l’influenza del movimento nazional-sindacalista creato da Jose-Antonio Primo de Rivera (12) negli Stati dell’America Latina. In attesa che domani la Spagna finalizzi la sua missione storica di proiezione del grande Asse eurasiatico verso le Filippine, Cuba, Puerto-Rico e l’insieme della Latinità fino a Los Angeles e « Frisco », oggi l’intensità del ricatto terroristico in Spagna come nel regno Unito costituisce il barometro della stima che Washington porta ai suoi lacché Aznar e Blair (13).

Così dunque, i tentativi di destabilizzazione dei popoli e dei paesi di qualsiasi asse sia di resistenza a Washington, di ricatto operato sui loro dirigenti, non mancheranno né di fondi né di braccia. Spetta a questi popoli, a questi paesi, a questi dirigenti di non mancare né di coraggio né di intelligenza. .



Tahir de la Nive



NOTE

1) Nel suo brillante intervento di chiusura, Alain de Benoist ha messo insieme delle citazioni violentemente francofobe di politici e giornalisti yankee. Ce n’è una che noi spesso segnaliamo, tanto essa riflette l’arroganza di Washington e la colonizzabilità che si attende dai suoi « alleati »: il desiderio espresso dal professor van Evera nel Giornale di Studi Strategici comparso all’epoca della prima coalizione anti-irachena, che i manuali di Storia in uso nelle scuole europee siano censurati dall’amministrazione yankee, espurgati da ogni « nazionalismo ».

2) Stesso astio, stesso odio per i Tedeschi che agirono per la pace, quantomeno per la fine delle ostilità ad Occidente, si trattasse di dignitari del NSDAP come Rudolf Hess, oppure anche di ufficiali antinazisti della Wehrmacht, che l’Intelligence Service ignorò bellamente nel periodo precedente la guerra per consegnarli, essendo state divulgate dalla BBC le liste dei congiurati del 20 luglio 1944, legati mani e piedi a Roland Freisler e ai suoi Volksgericht. La sorte di questi ultimi è da paragonare a quella del generale Paulus e altri, passati al servizio di Stalin e pienamente da lui appoggiati per il loro comitato della « Germania Libera ».

3) E’ bene ricordare che fino all’11 novembre 1942, la Wehrmacht non occupava che il litorale atlantico della Francia, che essa non s’impadronì della zona detta « libera » che in risposta allo sbarco americano in Africa del Nord ; essendo l’autoaffondamento a Tolone di ciò che restava della potenza navale francese, la conseguenza della presa del Maghreb francese da parte di Washington. Quanto a loro, le U.S. Forces occuparono immediatamente tutti i punti del territorio britannico che sembravano loro utili. Sessant’anni dopo, esse osservano la medesima etica. Ci si risparmi miserie del tipo: Ah sì ! Ma esse sono qui da amici, per difendere il Regno a fianco di ciò che resta delle truppe di sua Maestà ! – Non in difesa contro il terrorismo dell’IRA in ogni caso, ormai quasi ufficialmente sostenuto, visibilmente controllato da Washington !

4) La turcofobia sullo sfondo dell' islamofobia di una parte della Nouvelle Droite ha permesso a certi dei suoi sostenitori di accusare Francesco I di tradimento dell’Occidente cristiano (rieccoci !) per la sua alleanza con la Porta. Traditori loro questi signori, che si reclamano volontari del Nazionalismo mentre sottomettono gli interessi della Nazione a quelli di una potenza straniera o di un’ideologia che le è nociva, in particolare il Vaticano !

5) Autore di « Riflessioni politiche e militari » suddivise in una ventina di tomi, Santa Cruz de Marcenado brillò sia come diplomatico che come capo militare. Egli cadde nel 1732 alla testa delle sue truppe durante la spedizione spagnola d’Oran, precisamente sulla collina che porta ancora il nome di Santa Cruz e che domina la rada di Mers-el-Kébir. La sua opera segna a tal punto il pensiero politico e militare prussiano che, quanto dei diplomatici spagnoli lodarono l’eccellenza del suo esercito a Federico il Grande, quest’ultimo rispose loro : Ma è a Santa Cruz de Marcenado che io la devo !

6) Nel nostro lavoro « Guénon, Clausewitz e la dottrina islamica del Tawhid ».

7) Nel nostro lavoro « Le Crociate dello Zio Sam », introduzione al capitolo 2.

8) Preferiamo questo termine a quello di « antimericanismo », perché se da una parte l’America è lontana dal limitarsi ai soli Stati Uniti, noi non nutriamo alcuna animosità contro i cittadini di questi ultimi, tra i quali abbiamo degli amici e incontriamo persone del tutto simpatiche – compresi ufficiali delle U.S. Forces degni dei nostri eserciti europei, asiatici o africani. Più ancora che degli USA in quanto potenza, è del suo sistema capitalista di cui essi sono il braccio armato, che non ne vogliamo sapere.

9) Malek Bennabi, scrittore algerino, padre del concetto di « colonizzabilità ». Autore, tra l’altro, di « Napoleone e l’Islam » ; opera da non confondersi con « Bonaparte e l"Islam» di Christian Cherfils.

10) Al punto che il Sindaco di Londra inviò una lettera di protesta e di appello alla ragione al governo francese.

11) Considerazioni proprie da fare qui, più che un paragone, un avvicinamento alla questione della Corsica. L’ultimo importante attentato separatista compiuto nell’isola non ha colpito l’esercito Francese proprio nelle circostanze del suo non impegno a fianco dei lacchè di Washington in Irak ?

12) Assassinato dai Marxisti nella prigione di Alicante agli inizi della guerra civile con la complicità di Franco che s’ingegnò a sconsigliare ai servizi speciali tedeschi un’operazione un po’ nello stille di quella di Skorzeny al Gran Sasso (sia pure navale e non aerea) in vista della sua liberazione.

13) Togliamoci ogni ipotesi di neo-colonialismo. Quando noi parliamo di proiezioni asiatiche, africane, latino-americane dell’Asse grand-europeo, è esclusivamente in termini di cooperazione fraterna, certamente non di soggezione che lo facciamo, anche se è innegabile che esistano dei legami particolari tra certi paesi dell’Europa e le loro ex colonie. Il dibattito sui fatti e i misfatti del colonialismo è oggi del tutto desueto, essendo indubbio che, in effetti, dei popoli dell’Europa e di altri continenti hanno così imparato a conoscersi e, quanto meno le loro elite, a stimarsi nel senso detto nel Corano (49/13).

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