domenica 25 agosto 2013

Risposte di Carlo Terracciano a tre quesiti della redazione di Poljarnaja Zvezda

Intervista frutto del periodo successivo all'11 settembre e la conseguente aggressione all'Afganistan. Ma utile per capire la rotta che bisogna tenere per una sistemazione adeguata delle forze.

Quanto è attualmente profonda la contrapposizione degli USA e dell'Europa? E' attualmente una contrapposizione di sistema o una frizione temporanea destinata a scomparire in contemporanea con l'inizio delle operazioni militari in Iraq?


Per rispondere alla domanda sulle contraddizioni tra le posizioni di Europa ed USA, sia attuali che future, bisogna prima fare una distinzione, anzi due: tra popolazioni e governi e tra questi ultimi e gli interessi economici e geopolitici del nostro continente. Incredibilmente, dopo l’11 settembre, a parte una emotiva ed esteriore solidarietà con le vittime, l’atteggiamento dell’opinione pubblica europea è mutato. Finalmente gli Stati Uniti (e Israele) sono percepiti come “aggressori” sia per l’Afghanistan sia soprattutto nella attuale crisi irachena. Alcuni governi, cavalcando il momento favorevole, hanno preso una posizione decisa in difesa degli interessi nazionali, essendo chiaramente l’eventuale occupazione americana dell’Iraq la fine di ogni indipendenza economica, energetica e militare dell’Europa dalla superpotenza mondiale. Penso soprattutto alla Francia post-gaullista, perché la Germania vive da quasi sessanta anni sotto il ricatto ideologico, la negazione della propria storia, alimentati anche dalla “mitologia olocaustica” impostagli dal sionismo mondiale. L’Inghilterra, come sempre nella sua storia, gioca contro l’unità continentale e rappresenta il trampolino americano da questa parte dell’Atlantico. In quanto all’Italia poi, il governo reazionario Berlusconi-Fini-Bossi si accoda alla potenza dominante, nonostante una popolazione in toto avversa alla guerra, per essere con il potenziale vincitore; salvo tradire e cambiar fronte in caso di sconfitta. Un’altra cosa è l’interesse GEOPOLITICO ed economico dei due tronconi della NATO (oggi appunto in crisi). In tempi medio-lunghi Europa ed Usa sono necessariamente destinati a divergere, dividersi e contrapporsi. Basti dire che l’interesse europeo attuale è quello di avere rapporti pacifici e di buon vicinato sia con il mondo arabo-islamico che con la Russia, ma anche con la Cina o l’America Latina. Con il crollo dell’URSS l’Europa occidentale non si sente più minacciata; anzi l’attuale Russia è percepita come un buon partner almeno commerciale. L’interesse dell’imperialismo americano, al contrario, è di uno stato di guerra e di conflittualità generale per l’appropriazione delle materie prime, specie il petrolio, ma anche per riversare su guerre esterne la crisi economica interna (ben precedente all’11 settembre) con un surplus di produzione nel campo militare. Insomma tra la solita antitesi tra “burro e/o cannoni” l’Amministrazione Bush ha scelto i “cannoni”, i missili, le atomiche ecc…per continuare ad avere anche il “burro”! E questo è particolarmente vero specie di fronte ad una crisi economico-finanziaria mondiale oramai alle porte e che sarà devastante per tutte le economie.

Pensa che l'insorgere di un simile conflitto possa danneggiare alquanto le relazioni esistenti tra Europa e Stati Uniti, e se sì quanto profondamente? In particolare quanto estesamente si rifletterà nelle già difficili relazioni economiche tra Europa e USA?

Per dirla volgarmente, in termini popolani, quando una coperta è troppo corta per coprire due persone, si assiste ad un tira-tira il cui risultato non può che essere o la rottura della coperta o l’appropriazione di uno dei due contendenti. Ancora una volta nella Storia la Geopolitica, cioè l’interesse di un popolo nel proprio spazio vitale e nella propria posizione mondiale, prende il sopravvento su qualsiasi sovrastruttura ideologica, propagandistica, religiosa o simili. E l’Europa fa necessariamente parte integrante di una massa continentale euroasiatico-africana che la separa nettamente dall’America. Si delinea a distanza l’ennesima contrapposizione fra “Terra” e “Mare” in dimensione planetaria. Certo l’attuale asse Parigi-Berlino-Mosca esteso fino a Pechino e Pyongyang è quanto mai provvisoria e contingente, dettata più dalla paura dei vari governi per lo strapotere USA che non da una reale coscienza geopolitica di Francia, Germania, Russia e Cina. Eppure PROPRIO QUELLA E’ LA VIA: la collaborazione e domani l’unità dell’Europa dall’Atlantico al Pacifico, quindi Europa + Russia intera, resta l’unica alternativa potenziale di fronte al dominio mondiale degli Stati Uniti. Dominio la cui conseguenza non potrebbe che essere l’asservimento dell’Europa per un altro secolo e la DISINTEGRAZIONE della Federazione Russa in tempo molto più breve. Francamente non credo che gli attuali governanti degli stati europei siano in grado, o anche solo vogliano veramente arrivare ad una rottura e ad una contrapposizione agli Stati Uniti. Ma non è vero il contrario. Un piccolo aneddoto: sono già in circolazione adesivi su automobili americane con la simpatica scritta “Oggi l’Iraq, domani l’Europa”! L’ampiezza e l’estensione di una frattura che esiste nei FATTI e comincia a farsi largo nelle COSCIENZE europee dipenderà molto, ancora una volta, da eventi e scelte che si prenderanno fuori dall’Europa. Per esempio: SE le Forze Armate statunitensi non riuscissero a piegare in breve tempo la resistenza irachena ( e poi, dopo poco tempo, toccherà all’Iran) o se, peggio ancora per Washington, Bush fosse in qualche modo costretto a NON invadere l’Iraq. In tal caso l’Asse europeo giocherebbe un nuovo ruolo centrale economico e politico, recuperando gli stati rivieraschi (Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, la stessa Turchia) e quelli dell’Est, che sono filo-americani per paura di Mosca. O ancora: SE la Russia cambiasse politica e tornasse a giocare sulla scena mondiale il ruolo che le compete.

Quale tipo di posizione dovrebbe assumere la Russia nello svilupparsi della contrapposizione tra Europa ed USA? Quale sarebbe per la Russia la migliore tattica di comportamento per guadagnare il massimo dei profitti politici?

Mi si permetta di dire che la terza domanda è mal posta. Altro che “highest political dividends”! Qui ed ora è in gioco la SOPRAVVIVENZA STESSA DELLA RUSSIA nella sua unità statale. Vista da un osservatorio esterno la politica estera condotta dal governo Putin fino a tutto il 2002 è stata letteralmente folle, autolesionistica e, in potenza, suicida. La seconda guerra cecena, che pur ha fatto vincere le elezioni, ha dimostrato che la Russia non riesce a vincere e sottomettere neanche un piccolo popolo montanaro determinato a resistere (e ricordiamo che l’Afghanistan fu la pietra tombale dell’URSS, allora seconda potenza mondiale). Persino l’azione delle forze speciali al teatro Dubrovka di Mosca, spacciata per un successo con 130 ostaggi uccisi (!) , ceceni a parte, ha fatto inorridire gli europei, risvegliando antichi fantasmi sulla presunta barbarie russa. Contare sugli Stati Uniti come alleati è addirittura tragicomico. L’alleanza e la collaborazione offerta dopo l’11 settembre a “enduring freedom” ha portato la talassocrazia a stelle e strisce a penetrare profondamente verso il cuore dell’Eurasia, l’Hearthland mackinderiano, ben dentro la oramai vuota CSI, a cuneo tra Russia siberiana e retroterra cinese. E la Cina con la Russia sarà l’obiettivo strategico finale della conquista del mondo USA. Purtroppo credo che abbia ragione il vostro deputato Lukin di Jabloko: “Se gli Stati Uniti inizieranno un’azione unilaterale [in Iraq] noi naturalmente protesteremo, ma dobbiamo ammettere che non potremo fare nulla”! Eppure la Russia, impotente anche nel difendere la Serbia ortodossa, è sempre stata un alleato naturale dell’Iraq; a prescindere dagli interessi petroliferi della Lukojl, con la recente crisi rientrata dopo la visita di Sultanov a Bagdad, e a quelli più generali, geopolitici, in tutto il Medio Oriente. Eppure mai momento è stato più favorevole per Mosca dell’attuale per riassumere un ruolo GUIDA nella politica mondiale, in quella europea e araba in particolare. La chiave della risposta alle prime due domande sui rapporti tra Usa ed Europa sta proprio nella terza: il ruolo della Russia. Una scelta OBBLIGATA, pena la futura disintegrazione di quel che resta dell’ex impero. La Russia come primo passo deve chiudere la questione Cecenia, trattando direttamente con i capi ceceni, veramente rappresentativi del proprio popolo e disposti alla pace con onore. Questo oltre tutto permetterebbe di riavvicinare Mosca al mondo arabo e islamico, riproponendola nel ruolo che ebbe per oltre quaranta anni. Credere come pensa qualcuno che la Russia potrebbe domani giocare la carta sionista, magari facendo leva sui russi, ebrei e non, emigrati in Israele, staccando l’entità sionista dall’alleanza con gli USA è un’assurdità che supera ogni commento. Una negazione della ragione politica e geopolitica, come della storia stessa tra i popoli, per non parlare della religione e dell’escatologia. Soprattutto la Federazione dovrebbe porsi con fermezza a difesa di Francia e Germania in questo frangente, nonché fornire a Bagdad e Teheran tutto l’appoggio che può. Ma prima ancora il popolo russo, i suoi intellettuali, le sue forze armate dovrebbero fare una scelta coraggiosa e definitiva, dettata proprio dalla sua storia e dalla geopolitica che, per posizione ed estensione, mantiene la Russia in un ruolo centrale eurasiatico. Non credo affatto che la Russia non abbia più i mezzi per contrastare l’imperialismo egemonico della talassocrazia mondiale. Quello che manca è la VOLONTA’. Quello che manca è una CLASSE DIRIGENTE che abbia una chiara visione geopolitica e quindi una determinazione assoluta ad attuarla. Quello che manca è una nuova IDEA, una nuova visione del mondo (come fu per l’Ortodossia o il Comunismo), una MISSIONE SALVIFICA che esalti e spinga al riscatto. Eppure questo è il paese che ha prodotto un Ivan , un Pietro, un “uomo d’acciaio”. Capi politici e militari che conquistarono immensi territori, fondarono un impero plurisecolare, aprirono i mari e gli oceani alle flotte dello Zar o tramutarono, col sudore e col sangue, con l’”acciaio” appunto, un paese agricolo semifeudale nella seconda potenza terrestre di tutti i tempi. Se l’America si dice terrorizzata da un Bin Laden o da un Saddam Hussein, cosa farebbe di fronte ad una Russia con i potenziali atomici ancora intatti unita ad un’Europa potenza economica e finanziaria, in alleanza con la promessa del futuro, la Cina? Del resto NON c’è alternativa, né per l’Europa né soprattutto per la Russia. Quando la talassocrazia americana si sarà saldamente insediata in tutto il Rimland eurasiatico, nella Fascia Marginale, inizierà l’offensiva finale contro i due colossi rimasti: Cina e appunto Russia. Un’offensiva che prevede lo sfaldamento delle varie componenti etniche e religiose, iniziando dall’esterno verso il cuore. Centro Asia, Caucaso, Vladivostock per voi, Sinkiang, Tibet, Taiwan per la Cina. Alla fine sarà molto se resterà il “Principato di Moscovia” con un governatore yankee, come previsto ora per l’Iraq del dopo Saddam. Sono sempre assolutamente convinto che la III Guerra Mondiale sia già cominciata. Quarta se consideriamo la cosiddetta Guerra Fredda persa dai russi e vinta dagli americani. E’ iniziata ufficialmente l’11 settembre, ma fu preparata dal 1991, crollo dell’Urss, o meglio ancora dal maggio ’45, dalla caduta di Berlino, se proprio non vogliamo andare ancora dietro nel tempo… L’11 settembre l’Amministrazione Bush ha ripetuto la trappola di Pearl-Harbour per i giapponesi, estendendola al mondo intero. L’inganno non è durato molto. Per qualcuno, più lucido e cosciente della storia e della geografia non è durato neanche un istante. Il problema attuale non è ovviamente quello di fare la guerra alla superpotenza egemone che nel suo delirio di onnipotenza scavalca anche l’ONU (il suo “zerbino”) e persino la NATO: il problema è creare un fronte unito che IMPEDISCA AGLI USA DI FARE GUERRE, usando una minaccia credibile. La pace, in questa fase storica dell’economia mondiale, sarebbe per gli USA la peggiore delle sconfitte perché l’impero americano collasserebbe proprio sotto il peso del suo ipertrofismo militar-industriale inutilizzato ed incapacitato a raggiungere le fonti energetiche necessarie e gli obiettivi geostrategici prefissati per l’assalto finale all’Eurasia. Ora i popoli e qualche governo dell’Europa, il mondo arabo, l’Islam intero, la Cina, persino parte dell’America Latina stanno, pian piano, con molta titubanza, prendendo coscienza della realtà, quasi uscissero da un incubo durato 100 anni. E i russi? Ancora una volta hanno in mano le chiavi che aprono il futuro. O sapranno e vorranno usarle o…resteranno sepolti sotto le macerie della loro stessa “casa Russia”.

Carlo Terracciano

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