Philippe Banoy, lei ha cominciato questa scuola di quadri di "Synergies Européennes", da poco più di un anno. Perché ha lanciato questa iniziativa? A quale scopo?
Nelle nostre società triviali, spoliticizzate, affogate nel consumismo, ogni tentativo di formare qualcosa di durevole, di lasciare in eredità un corpus coerente in grado di sfidare l’usura del tempo si basa alla fine su di una scuola di quadri. Non devo ricordare a lei, che ha conosciuto personalmente Jean Thiriart, che il corpus teorico del suo movimento "Jeune Europe" resta sempre d’attualità; per cogliere la politica in sé, bisogna ancora e sempre "sgobbarsi" Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Julien Freund, Raymond Aron, Carl Schmitt, Sergei Tchakhotin, Max Weber, Nicolò Machiavelli, José Ortega y Gasset, etc. e ingurgitare la letteratura geopolitica giorno per giorno. Senza questo esercizio, senza questa ascesa permanente, si è condannati, come la maggior parte dei nostri contemporanei, a vagare come dei sonnambuli nelle nostre società non civili, nelle nostre società dei consumi che mandano in rovina e cercano deliberatamente di rovinare ogni riflesso di civiltà. Come a suo tempo Jean Thiriart, come lei e Guillaume Faye nei vostri rispettivi modi, come certi critici di sinistra o come l'équipe della rivista Catholica, io rimprovero alla "nouvelle droite" (canale storico), della quale ho letto quasi tutte le pubblicazioni, di non avere generato un chiaro filo conduttore, di non avere assorbito maggiormente i classici della politica (della “politica politica”, diceva Julien Freund) e di avere trascurato la geopolitica e l’analisi dei grandi movimenti planetari (spinti generalmente dagli Stati Uniti). La "nouvelle droite" (canale storico) non ha dato ai suoi membri, simpatizzanti e lettori, una spina dorsale (Ortega y Gasset) intellettuale, un nucleo comune accessibile a tutti, indipendentemente dalla loro formazione scolastica o universitaria. In effetti, se in realtà esiste una visione del mondo intellettualistica ed onirica propria alla "nouvelle droite" (canale storico), non vi è una visione del mondo pragmatica, nessuna utopia concreta e realizzabile che si libri chiaramente dalle migliaia di testi che essa ha prodotto.
Ora che lei ha rivelato le sue intenzioni, potrebbe dirci come ha proceduto alla scelta delle tematiche della sua scuola di quadri?
Si è tenuto conto di numerosi criteri. Ponendosi la scuola di quadri l’obiettivo di formare giovani studenti e liceali, mi sembrava essenziale utilizzare in larga misura delle opere di riferimento, dei classici del pensiero politico che sono accessibili e disponibili in edizioni tascabili. Queste opere devono essere in grado di fare il punto più chiaramente e completamente possibile su una questione cruciale della nostra epoca. Se un classico del pensiero è pubblicato in edizione economica, esso non solo è a buon mercato e accessibile a budget modesti come quelli degli studenti, ma vuole anche significare che la sua diffusione è stata e resta importante. In ogni caso, queste opere hanno lasciato delle tracce residue nel discorso diffuso che continua ad esistere nonostante i discorsi mediatici dominanti (residui nel senso in cui li intendeva Pareto, l'autore preferito di Jean Thiriart). Per quanto riguarda il primo ciclo di questa scuola di quadri, che si concluderà fra tre mesi, la scelta dei titoli mirava a disegnare un quadro del mondo contemporaneo e a trasmettere ai partecipanti un certo numero di strumenti che permettano di analizzarne alcune caratteristiche principali. Tra questi titoli, troverete dunque opere critiche nei confronti del discorso dominante, ma anche opere di riferimento in cui il sistema stesso propone una visione futura, ad esempio il Dizionario del XXI secolo di Jacques Attali o La grande scacchiera di Zbigniew Brzezinski. Per battere un nemico, bisogna pure conoscerlo, diceva già Sun Tsu. Globalmente, i libri da leggere per il primo ciclo hanno tutti un comune filo conduttore: essi si chiariscono gli uni con gli altri, denunciano la logica di livellamento del sistema a partire da diversi punti di vista: Guy Debord, Georges Orwell, Bertrand de Jouvenel, Pierre Bourdieu (almeno il suo opuscolo Sulla televisione), Immanuel Wallerstein, dimostrano tutti, ciascuno a suo modo, come il sistema lavori per eliminare le lezioni del passato, per generare una cultura senza significato e senza profondità, per mettere al passo le masse, per sradicare la nozione di popolo, per ridurre tutte le classi sottomesse nei confronti dei dominanti, etc. D’altronde, la successiva lettura della breve introduzione di Pascal Lorot ai grandi temi della geopolitica, del libro programmatico di Brzezinski e delle numerose tesi esplicitamente geopolitiche enunciate nel dizionario di Attali permette di mettere chiaramente in evidenza dei legami, dei giochi di cause ed effetti, rendendo più agevole la decifrazione dell’enorme flusso di informazioni che riceviamo ogni giorno. Ho scelto il trattato di Sun Tsu, non solo per introdurre nel nostro corso il pensiero strategico, ma anche e soprattutto per mostrare come funziona la società liberale, espressione del sistema, perché essa mira a produrre un massimo di risultati con il minimo sforzo, come preconizzava Sun Tsu (o un massimo di profitto con un minimo di investimento, che è la base del capitalismo). La società liberale o il sistema dello spettacolo si basa effettivamente su una strategia indiretta. Questa società privilegia specialmente oggi il metodo del “migliore dei mondi” di Huxley (spettacolo diffuso direbbe Debord) rispetto a quello troppo brutale e diretto del 1984 di Orwell (spettacolo concentrato, secondo Debord). La lettura di questi due grandi classici della letteratura contro-utopica inglese del XX secolo, abbinata a quella dei Commentari sulla società dello spettacolo di Guy Debord, permette effettivamente di acquisire eccellenti riflessi critici, di acquisire le condizioni della nostra propria vigilanza, riferendosi ad una letteratura che sarà difficile censurare o decretare "fascista" o "totalitaria". Il "migliore dei mondi" di Huxley modernizza in qualche modo il "panem et circences" dei Romani, sostituendo sempre più il pane con la marijuana (l’equivalente del "soma" nell’opera di Huxley).
Quali sono i rapporti tra questa scuola di quadri e le altre attività di "Synergies Européennes", come le pubblicazioni e l’Università d'estate?
Una precisazione, prima di rispondere più direttamente alla sua domanda: la scuola di quadri si tiene ad un ritmo mensile. Ogni mese, i partecipanti debbono leggere un’opera classica, come le ho appena spiegato. Ma, parallelamente a questa riunione mensile, noi organizziamo una riunione settimanale in cui i corsisti devono avere letto un articolo di stampa o un vecchio articolo, ma di fondo. Noi non ci ispiriamo al sistema di formazione che proponevano i partiti comunisti ai loro membri. Lo scopo era di operare una selezione tra i membri, di introdurre nei loro spiriti i fermenti di un pensiero critico e di sfociare in un’analisi ricercata del mondo reale. Noi non abbiamo altro obiettivo. Ma, presso i comunisti, il metodo, per quanto concettualmente buono, ha finito per fallire perché l’ideologia era troppo dogmatica. Il dogmatismo ideologico implicava una linea chiara e costante, ma i cambiamenti di posizione, richiesti dalla centrale moscovita, trovavano sempre una giustificazione sotto forma di una citazione di Marx o di Lenin. Anche gli spiriti più ottusi hanno finito per dubitare che li si manipolasse attraverso belle citazioni. Il sistema comunista assomiglia a quello dei Testimoni di Jéhovah, avendo per inconveniente principale il riduzionismo che consiste a non proporre altro che la letteratura prodotta da un partito comunista. È un inconveniente che noi evidentemente vogliamo evitare proponendo una letteratura diversificata, che sfugga ad ogni sterile separazione. Il rapporto tra la scuola dei quadri e l’università d’estate è semplice: il livello di queste università d’estate è più elevato di quello delle nostre riunioni settimanali e la scelta delle tematiche più varia di quella dei nostri cicli di diciotto mesi. Dunque, per trarre giovamento da queste università d’estate, sarà meglio che i corsisti abbiano ricevuto il requisito di una formazione permanente che sia critica, contrariamente a quello che insegnano le nostre istituzioni scolastiche (Nietzsche). Il problema maggiore della politica dell’istruzione, soprattutto in Francia e nel Belgio francofono (ma la Germania e le Fiandre non sono prese meglio), è che le materie insegnate sono sia rigide, ripetitive, atone, sia dogmatiche e isteriche quando pretendono di « suscitare il senso civico ». In nessun modo esse permettono di forgiare degli spiriti critici, adulti, dei cittadini. Come potrebbero i grigi luoghi comuni dei nuovi "lumi" dell’ideologia della comunicazione alla Habermas trasmettere delle continuità d'ordine storico, permettere la comparazione tra diverse epoche della storia, fare uscire gradualmente i liceali e gli studenti universitari oltre gli infantilismi dell’ideologia dominante e farne dei cittadini adulti? Il maggio 68 alla fine non ha introdotto che una falsa critica. Diffondendo un’ideologia ed una pratica dimissionaria, non criticando che le istituzioni antiche e fondatrici delle nostre civilizzazioni (Gehlen), diffondendo con Marcuse l'idea di un erotismo (?) liberatore delle costrizioni che ogni civilizzazione esige, provocando un pandemonio sessuale nauseante, il maggio 68 non ha prodotto un livello più elevato. Quando parliamo di critica, noi intendiamo vivere nel costruttivo, noi vogliamo argomentazioni solide, proprie di una civilizzazione intatta in cui l’idea di spazio pubblico voglia dire ancora qualche cosa. Dominique Wolton ha avuto ragione nel dire che la nozione di spazio pubblico che si trova al centro del discorso di Habermas sull’agire comunicativo, al momento attuale non esiste più e soprattutto non esiste più nei media (cf. Bourdieu). L'éros di Marcuse ha fatto scomparire gli uomini degni, cesellati da un rigore ascetico sul modello di Marco Aurelio, i soli capaci di incarnare questo spazio pubblico. Da qui, l’ambiguità del maggio 68, la sua fondamentale ipocrisia, che noi non accettiamo: parlare di spazio pubblico dopo avere fatto di tutto per far scomparire gli uomini solidi e ponderati che potevano incarnarlo! Per noi, oggi, l’atteggiamento critico non consiste nel fare baldoria come la mascherata denunciata da De Gaulle. Ma nel reintrodurre un’autentica disciplina monastica nei dibattiti e nelle discussioni sulla Città, dunque sullo spazio pubblico. Questa disciplina monastica, di antica ispirazione romana, è la sola garanzia possibile di un agire comunicativo su di un’autentica agora politica. Nella nostra epoca, l’agire comunicativo, male interpretato dalle maldestre volgarizzazioni di Habermas, ci impone di avere un parere stereotipato su tutto e non importa cosa, anche se non si dispone delle conoscenze necessarie. L'esempio patente di questo tipo di aberrazione ci viene dato dai nostri ministri in Belgio: Laurette Onkelinckx che esprime giudizi intempestivi e fuori luogo nei riguardi di decisioni ponderate e meditate dal Consiglio di Stato; Louis Michel che vomita delle argomentazioni inammissibili sull’Austria o sull’Italia, senza nulla conoscere delle realtà politiche estremamente complesse di questi due paesi, perché i loro cittadini non hanno votato per degli uomini politici di suo gradimento. Questi due personaggi sono degli autentici prodotti di questa vulgata sessantottarda: uno "spontaneismo" senza attenuanti commisto con una ignoranza crassa, che viene presa per una panacea, per un’audacia feconda! L'ascetismo che proponiamo è anche una lezione di modestia: non avere un’opinione su di un argomento che non si conosce. Lo scopo della nostra scuola di quadri è leggere dei libri; di conseguenza, chi viene non riceve un insegnamento ex cathedra. Presso di noi vi è eguaglianza dei partecipanti, qualunque sia la loro età o formazione. È, a mio avviso, capitale: ognuno sa in anticipo di che cosa si parlerà. Da qui il dialogo (la comunicazione!) può avere luogo. Noi intendiamo così rompere la logica del magistero infallibile. In questo senso, criticando del tutto le patenti derive del 68 e reintroducendo la disciplina degli studi, noi siamo gli autentici eredi della contestazione dei due decenni che hanno seguito il 1945. La nostra scuola dei quadri demolisce in modo del tutto naturale la logica dei guru, è a modo suo antiautoritaria, nella misura in cui essa non da’ la parola ad autorità poste come infallibili e insuperabili, ma trasforma gli stagisti e gli studenti in adulti responsabili. (Kant: far uscire l’uomo dallo stato minoritario in cui egli stesso si è perduto). In una prospettiva tradizionale, direi, in quanto lettore di Guénon, che questa scuola dei quadri ha in vista la qualità piuttosto che la quantità.
La scelta delle tematiche e dei libri non denota al primo sguardo un riferimento a destra o a sinistra. Posso supporre che ciò sia intenzionale, voluto?
Effettivamente. L'obiettivo fondamentale è quello di evitare il settarismo, di leggere autori schierati con tutte le tendenze, per ottenere come scopo del corso una sintesi nuova. Nessuno ha il monopolio assoluto di un’analisi definitiva o di una critica infallibile della società nella quale viviamo. È segno di profonda idiozia rifiutare un sapere senza nemmeno averlo esaminato, perché il suo autore ha una tale o talaltra etichetta giudicata “non corretta”. Noi rifiutiamo nettamente l’oscurantismo antiscientifico dell’ideologia dominante.
Il vostro cammino richiede un lavoro costante di archiviazione e di ricerca? Come procedete?
In generale, le opere selezionate sono state lette dall’uno o dall’altro membro del gruppo. La loro analisi ha qualcosa da apportare all’insieme del movimento, al fine di dare ad esso un massimo di densità, di pertinenza e di coerenza. Noi impegniamo tutti i nostri simpatizzanti ad essere degli osservatori e dei lettori critici ed efficaci, perché alla lunga essi possano sostituire le élite decadenti prodotte dalle nostre strutture scolastiche, il cui fallimento è oggi evidente, come ha appena dimostrato uno studio commissionato dalle istituzioni europee. Lo ripeto: è un lavoro che richiede una ascesa costante ed un rigore permanente. Ma la posta in gioco ne vale la pena: ritrovare l’autonomia del cittadino, del civis romanus, come volevano i nostri maestri del primo ciclo, Orwell, Jouvenel e Debord.
* Animatore della Scuola dei Quadri di "Synergies Européennes" in Vallonia
Argomentazioni raccolte da R. Steuckers, nel gennaio 2002, alla fine del primo ciclo
della Scuola dei Quadri
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