Nel XX secolo solamente tre forme ideologiche hanno potuto provare la realtà dei propri principi in materia di realizzazione politico-statale: il liberalismo, il comunismo e il fascismo.
Anche volendo, sarebbe impossibile citare un altro modello di società che sia esistito nella realtà e allo stesso tempo non sia una forma delle tre suddette ideologie. Ci sono dei paesi liberali, dei paesi comunisti e dei paesi fascisti (nazionalisti). Gli altri sono assenti. E non possono esistere.
In Russia, abbiamo passato due tappe ideologiche – quella comunista e quella liberale.
Manca un fascismo.
CONTRO IL NAZIONAL-CAPITALISMO
Una delle versioni del fascismo che, pare, la società russa è già pronta ad accettare oggi (o quasi), è il nazional-capitalismo.
Non c’è quasi alcun dubbio che il progetto del nazional-capitalismo o del «fascismo di destra» è l’iniziativa ideologica della parte d’élite della società che è seriamente preoccupata dal problema del potere e che sente nettamente lo spirito dei tempi.
Tuttavia la versione «nazional-capitalista», di «destra» del fascismo, non esaurisce affatto l’essenza di questa ideologia. Inoltre, l’unione della «borghesia nazionale» e degli «intellettuali» sulla quale, secondo alcuni analisti, si fonderà il futuro fascismo russo, rappresenta un brillante esempio di un approccio del tutto estraneo al fascismo, sia come concezione del mondo, che come dottrina e come stile. Il «dominio del capitale nazionale» è la definizione marxista del fenomeno fascista. Essa non prende minimamente in considerazione la base filosofica specifica dell’ideologia fascista, ignora coscientemente il pathos di base, radicale, del fascismo.
Il fascismo è un nazionalismo, ma non importa quale nazionalismo, se un nazionalismo rivoluzionario, ribelle, romantico, idealista, facente appello a un grande mito e all’idea trascendente aspirante a realizzare nella realtà il Sogno Impossibile, partorire la società degli eroi e del Superuomo, trasformare e trasfigurare il mondo. Al livello economico, per il fascismo, i metodi socialisti o socialisti moderati, che sottomettono gli interessi economici personali, individuali, ai principii del bene della nazione, della giustizia, della fraternità, sono caratteristici. Infine, la visione fascista della cultura corrisponde al rifiuto radicale dell’umanesimo, della mentalità «troppo umana», cioè di ciò che costituisce l’essenza degli «intellettuali». Il fascista detesta gli intellettuali. Vede in loro un borghese mascherato, un borghese pretenzioso, un chiacchierone e un fifone irresponsabile. Il fascista ama simultaneamente il feroce, il sovrumano e l’angelico. Ama il freddo e la tragedia, non ama il calore e il conforto. In altre parole, il fascismo non ama niente di tutto ciò che fa l’essenza del «nazional-capitalismo». Esso lotta per il «dominio dell’idealismo nazionale» (e non del «capitale nazionale»), e contro la borghesia e gli intellettuali (e non per quella e con questi). La frase celebre di Mussolini definisce esattamente il pathos fascista: «Viva l’Italia fascista e proletaria!»
«Fascista e proletario», questo è l’orientamento del fascismo. Operaio, eroico, combattivo e creatore, idealista e futurista, un’ideologia che non ha niente a che vedere con la garanzia di conforto supplementare dello Stato per i mercanti (anche se sono mille volte nazionali) e le sinecure per gli intellettuali e parassiti sociali. Le figure centrali dello Stato fascista, del mito fascista sono il contadino, l’operaio, il soldato. Al disopra, come simbolo superiore della lotta tragica contro il destino, contro l’entropia spaziale – il capo divino, il Duce, il Führer, il Superuomo realizzante nella sua persona sovra-individuale (più che individuale, come «superuomo») la tensione estrema della volontà nazionale verso l’impresa. Certo, da qualche parte in periferia, c’è anche posto per il cittadino bottegaio onesto e il professore di università. Anche loro inalberano le insegne di partito e si incontrano ai meeting. Ma nella realtà fascista, le loro figure si volatilizzano, sono perdute, indietreggiano al fondo. Non è tramite loro e per loro che si fa la rivoluzione nazionale.
Storicamente, il fascismo puro e ideale non ha mai avuto realizzazione diretta. Nella pratica, i problemi essenziali della presa del potere e della messa in ordine del sistema economico obbligarono i leader fascisti – Mussolini, Hitler, Franco e Salazar – ad allearsi con i conservatori, il nazional-capitalismo dei grandi proprietari e dei capi d’azienda. L’anticomunismo fanatico di Hitler, il capitalismo tedesco rianimato, costò alla Germania la sconfitta contro l’URSS, e credendo all’onestà del re (portavoce degli interessi della grande borghesia) Mussolini fu consegnato nel 1943 dai rinnegati Badoglio e Ciano, che gettarono il Duce in prigione e fra le braccia aperte degli americani.
Franco riuscì a mantenersi più a lungo, al prezzo di concessioni all’Inghilterra liberalcapitalista e agli USA, e del rifiuto di sostegno ai regimi ideologici suoi simili dei paesi dell’Asse. Inoltre, Franco non fu veramente un fascista. Il nazional-capitalismo è un virus interiore del fascismo, il suo nemico, la garanzia della sua degenerazione e della sua distruzione. Il nazional-capitalismo non è assolutamente una caratteristica essenziale del fascismo, essendo al contrario un elemento accidentale e contraddittorio all’interno della sua struttura.
Dunque, e nel nostro caso, quello del nazional-capitalismo russo in via di sviluppo, la discussione porta non sul fascismo, ma sul tentativo di sfigurare in anticipo ciò che non può essere evitato. Si può qualificare tale pseudo-fascismo come «preventivo», «anticipatore». Esso si affretta a dichiararsi prima che in Russia nasca e si rinforzi seriamente il fascismo, il fascismo originale, reale, il fascismo radicalmente rivoluzionario che verrà. I nazional-capitalisti sono dei vecchi capi di partito abituati a dominare ed umiliare il popolo, presto divenuti «liberal-democratici» per conformismo, ma adesso che questa tappa è finita anche loro cominciano ad affiliarsi con zelo ai gruppi nazionalisti.
Le partitocrazie con i loro intellettuali di servizio, avendo trasformato la democrazia in una farsa, si sono probabilmente riuniti per infangare con decisione ed avvelenare il nazionalismo nascente nella società. L’essenza del fascismo: una nuova gerarchia, una nuova aristocrazia. La novità consiste nel fatto che la gerarchia è costruita su dei principi chiari, naturali, organici: il beneficio, l’onore, il coraggio, l’eroismo. La vecchia gerarchia, che aspira a mantenersi oggi nell’era del nazionalismo, come già in precedenza, è fondata su delle facoltà conformiste: la «flessibilità», la «prudenza», il «gusto per gli intrighi», l’«adulazione», ecc. Il conflitto evidente fra i due stili, i due tipi umani, i due sistemi di valori, è inevitabile.
SOCIALISMO RUSSO
E’ del tutto inappropriato definire il fascismo un’ideologia di «estrema destra». Questo fenomeno è caratterizzato più esattamente dalla formula paradossale di «Rivoluzione Conservatrice». Questa combinazione fra l’orientamento culturale-politico di «destra» – il tradizionalismo, la fedeltà al suolo, le radici, l’etica nazionale – con il programma economico della «sinistra» – la giustizia sociale, la restrizione dell’elemento del mercato, la liberazione dalla «schiavitù della percentuale», l’interdizione dei traffici borsistici, dei monopoli e dei trust, il primato del lavoro onesto. Per analogia con il nazional-socialismo, che si definiva spesso semplicemente «socialismo tedesco», possiamo parlare del fascismo russo come di un «socialismo russo». La specificazione etnica del termine «socialismo» nel contesto dato ha un senso particolare. La discussione porta alla formulazione iniziale della dottrina sociale ed economica, non sulla base dei dogmi astratti dei razionalisti, ma su quella dei principi concreti, spirituali, morali e culturali, che hanno formato organicamente la nazione come tale. Il Socialismo Russo non consiste nei russi per il socialismo, ma nel socialismo per i russi. A differenza dei rigidi dogmi marxisti-leninisti, il socialismo nazionale russo viene da questa comprensione della giustizia sociale che è caratteristica della nostra nazione, della nostra tradizione storica, della nostra etica economica. Un tale socialismo sarà più contadino che proletario, più comunale e cooperativo che statale, più regionalista che centralista – queste sono le esigenze della specificità nazionale russa , che si rifletterà nella dottrina, e non solamente nella pratica.
3. L’UOMO NUOVO
Questo socialismo russo dev’essere costruito da un uomo nuovo, «un nuovo tipo d’uomo, una nuova classe». La classe degli eroi e dei rivoluzionari. I detriti della nomenklatura di partito ed il loro usurato regime devono perire come vittime della rivoluzione socialista. Della rivoluzione nazionale russa. I russi si sono stancati della freschezza, della modernità, del romanticismo autentico, della partecipazione vivente ad un grande evento. Tutto ciò che è loro proposto oggi è o assai arcaico (i nazional-patrioti) o assai noioso e cinico (i liberali).
La danza e l’attacco, la moda e l’aggressione, l’eccesso e la disciplina, la volontà e il gesto, il fanatismo e l’ironia cominceranno a bollire fra i rivoluzionari nazionali – giovani, cattivi, allegri, intrepidi, appassionati, che non conoscono frontiere. Per loro – costruire e distruggere, governare ed eseguire gli ordini, realizzare la pulizia dei nemici della nazione e preoccuparsi teneramente dei vegliardi e degli infanti russi. Con passo furioso e allegro, si dirigeranno verso la cittadella usurata, il Sistema in marciscenza. Sì, hanno sete di Potere. Essi sanno ordinare. Essi soffieranno
Davanti alla morte, lo scrittore fascista francese Robert Brasillach pronunciò questa strana profezia: «Vedo che ad Est, in Russia, il fascismo rimonta, il fascismo immenso e rosso».
Ricordate: non il capitalismo appassito, rosa-bruno, ma l’alba abbagliante della nuova Rivoluzione Russa, il fascismo immenso, come le nostra terre, e rosso, come il nostro sangue.
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