“Lo studio ideologico dev’essere basato al 99% sulle opere del Grande Timoniere Mao Tse Tung, perché esse superano, in qualità, le opinioni di Marx, Engels, Lenin e Stalin.” Lin Piao
ORIGINI TAOISTE DELLA TEORIA DELLE CONTRADDIZIONI
Mao Tse Tung afferma: “La legge delle contraddizioni inerenti alle cose, cioè la legge dell’unità degli opposti, è la legge fondamentale della natura della società e, per estensione, del pensiero”[1].
Mao ammette, con Marx, che la contraddizione è il motore universale di tutto lo sviluppo. Ma il pensiero di Mao differisce da quello marxista nel momento in cui, collocandosi sotto la tutela della tradizione taoista, esso descrive il carattere complementare degli avversari: “Senza l’alto, non c’è basso, senza il basso, non c’è alto”[2].
Secondo gli insegnamenti taoisti, yin e yang sono “dei principi opposti e, allo stesso tempo, complementari e inseparabili, che possiedono delle valenze multiple: sono l’eterno mascolino e l’eterno femminino, l’attivo e il passivo, il Cielo (in senso lato) e la Terra, il luminoso e l’oscuro, il creativo e il ricettivo, e così in eterno”[3]. Lo yin e lo yang sono “due categorie simboliche degli eterni opposti, seppur non siano opposti in senso stretto, ma complementari l’uno con l’altro, necessari l’uno all’altro, l’uno non potrebbe esistere senza l’altro”[4].
E’ il principio della complementarità, presente nei due principi della tradizione estremo-orientale, quello che troviamo al centro della teoria maoista della contraddizione, la quale considera gli avversari nella loro interdipendenza: “E’ ciò che si produce attraverso tutti gli opposti; in certe condizioni essi sono opposti tra loro, in altre sono reciprocamente legati: si completano, sono reciprocamente permeabili, sono interdipendenti; questo è ciò che noi chiamiamo identità”[5]. Secondo il taoismo, “l’essere e il non-essere si succedono, si posizionano davanti e dietro, si completano in alto ed in basso, possibile ed impossibile sono delle differenziazioni complementari”[6], ecc. Nel taoismo, l’azione permanente dei contrari dà luogo a delle modificazioni che “talvolta si completano, talvolta si trasferiscono l’una all’altra”[7].
L’interpretazione delle contraddizioni dialettiche operata nel maoismo è legata a nostro avviso alla tradizione estremo-orientale e propone una rivendicazione degli insegnamenti taoisti sotto le sembianze di una terminologia marxista-leninista.
ASPETTO SOLARE DEL NUOVO ORDINE MAOISTA
In “Per approfondire la grande rivoluzione culturale proletaria”, Mao Tse Tung scriveva: “Lo sviluppo di tutte le cose dipende dal Sole e fare la rivoluzione dipende dal pensiero di Mao”.
Possiamo comprendere che nella presente frase si esprime la nozione che identifica il Capo con il Sole. E’ così che l’Imperatore della Cina doveva fare il giro del “Tempio della Luce” nel senso del posizionamento apparente del Sole per un osservatore che guardasse verso il sud, fermandosi dodici volte, presso le dodici stazioni simboliche che corrispondono ai dodici mesi; “In questa maniera egli s’identificava con i ‘dodici soli’, che sono i dodici ‘âditya’ della tradizione indù, ed i ‘dodici frutti dell’Albero della Vita’ del simbolismo apocalittico”[8]. Mao ha ereditato dagli imperatori quest’immagine analogica, la quale è continuamente messa in evidenza dai canti della rivoluzione cinese:
“L’Oriente è rosso, il Sole si leva,
Sulla terra di Cina appare Mao Tse Tung”
“Il Partito Comunista è come il Sole;
Là dove appaiono i suoi raggi tutto è illuminato.
Affinché le creature crescano, esse hanno bisogno del Sole;
Per fare la rivoluzione noi abbiamo bisogno di Mao.”
“Il pensiero di Mao Tse Tung è un Sole che ci indica l’Oriente.
Per navigare in alto mare abbiamo bisogno del Grande Timoniere.
Rispettate e amate il presidente Mao, il grande educatore, la grande guida.
Sole del cuore, Sole rosso del cuore del popolo rivoluzionario.
Viva il presidente Mao!
Dalla montagna d’oro di Pechino i suoi raggi illuminano il pianeta.
Questo sole d’oro è il presidente Mao.”
La caratteristica solare attribuita con insistenza al ruolo di Mao Tse Tung porta a pensare che il maoismo sia l’apparizione contemporanea della tradizione imperiale cinese.
VOLONTARISMO
Il maoismo offre una reinterpretazione delle forze agenti nella storia. Mao riafferma l’importanza delle idee nello sviluppo storico: “Le idee giuste sono proprie dell’avanguardia del popolo, tramite la quale penetrano nelle masse, esse sono una forza materiale capace di trasformare la società e il mondo”[9].
Mentre nell’analisi marxista il ruolo attribuito alle forze materiali è preponderante, il pensiero di Mao ristabilisce l’uomo come fattore decisivo: “è sufficiente che degli uomini esistano, per compiere un qualunque fine... La Rivoluzione può cambiare tutto”[10]. Da qui la formulazione delle quattro priorità: dell’uomo sul fatto materiale, del lavoro politico sulle altre attività, della dottrina sul lavoro politico, delle idee vive sulle idee dei letterati. Ci troviamo davanti l’immagine di un idealismo volontarista, dove è escluso ogni determinismo di carattere laico o marxista. Il maoismo mette l’uomo al suo giusto posto: soggetto della storia, non oggetto d’una Storia superstiziosamente finalista.
Questo idealismo volontarista è alla base della rivoluzione culturale: “La rivoluzione culturale ha come fine la rivoluzionarizzazione del pensiero dell’uomo”[11]. E’ l’uomo il fattore decisivo, non l’economia: non è sufficiente insistere sulla seconda, bisogna agire sul primo. Allo stesso modo, Corneliu Codreanu propose la “riforma dell’uomo”: “Questo paese va verso la rovina per mancanza d’uomini, non di programmi. E’ la nostra convinzione. Non dobbiamo creare altri programmi, ma altri uomini, degli uomini nuovi”[12]. Ma l’analogia tra le dottrine di Codreanu e di Mao sarà più evidente quando osserveremo l’importanza che riveste il contadino nel nuovo ordine maoista.
IL CONTADINATO
L’importanza del contadino e l’antitesi tra campagna e città sono elementi centrali nella concezione maoista dello Stato, degli elementi che in Europa hanno costituito i fondamenti delle teorie “rurali” di Oswald Spengler, Walther Darré, Karl Dyrssen, Ferenc Szàlasi ecc., nelle quali la “Bauerntum” [contadinato] fedele alla terra è stata vista come la fonte della forza più sana del sangue e del “Volk”. La concezione contadina di Mao e di Lin Piao conosce, in termini analoghi, l’opposizione tra il borghese, il “nuovo nomade”, “l’uomo infecondo” – protagonista della “Zivilisation”, fase terminale, crepuscolare di ogni ciclo – e la figura antidemocratica del contadino, “principio e fonte inesauribile del sangue che crea la storia mondiale”[13].
Nel nuovo ordine maoista si osservano di nuovo le profezie eretiche che hanno visto nel bolscevismo il regime eletto dei soldati-contadini, con il quale la Germania, tornata alle sue tradizioni socialiste e contadine, avrebbe potuto fare fronte comune contro “l’Occidente” mercantilista[14].
Lin Piao scriveva: “La guerra di resistenza contro il Giappone fu essenzialmente una guerra rivoluzionaria dei contadini guidati dal nostro Partito.. Prendere posizione tra i contadini, creare le basi rurali e servirsi delle campagne per attaccare ulteriormente le città: fu il cammino che condusse la Rivoluzione cinese alla vittoria”[15].
A questa teoria della creazione delle basi rivoluzionarie nelle zone rurali e del loro progressivo riavvicinamento alle città, Lin Piao attribuisce un valore universale: “Conquisteremo tutto il globo terrestre in questa maniera. Se l’America del Nord e l’Europa Occidentale possono essere considerate come la ‘città’, l’Asia, l’Africa e l’America Latina rappresentano le sue ‘zone rurali’. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il movimento rivoluzionario del proletariato nei paesi capitalisti del Nord America e d’Europa, per diverse ragioni, ha perduto il suo cammino, mentre i movimenti rivoluzionari dei popoli d’Asia, d’Africa e d’America Latina hanno conosciuto un vigoroso sviluppo. In un certo senso, la rivoluzione del mondo contemporaneo è un accerchiamento delle città da parte delle campagne”[16].
Ferenc Szàlasi, il capo delle Croci Frecciate ungheresi, invocò un’insurrezione anti-plutocratica delle nazioni dall’economia agricola contro la potenza industriale dell’Europa e del nord America.
In questa “distanza aristocratica e lotta esistenziale contro la borghesia cittadina”[17] risiede l’opposizione tra la società basata sulla fedeltà alla terra degli avi e la civilizzazione cosmopolita, tra il senso della discendenza e l’imbastardimento democratico. Gli intellettuali borghesi considerano con orrore questa realtà: “E’ possibile che questa adorazione delirante per il capo sia una nuova forma di razzismo, che finora non ha mai attecchito negli altri popoli asiatici”[18]. “Una nuova muraglia si costruisce in Cina, più alta e inespugnabile della precedente, e consiste nel separare i Cinesi da tutti gli stranieri presenti sul territorio, nell’isolarli. Nessuno può instaurare un’amicizia con i Cinesi, che sia Europeo, Africano o Asiatico”[19].
LA GUERRA
“La guerra indurisce il popolo e gli permette di accelerare la marcia della storia”[20]. Questa frase di Lin Piao, che può riassumere l’etica spartana instaurata nella Cina maoista, ha scandalizzato tutte le coscienze pacifiste, che hanno percepito in questa affermazione un eco dell’esaltazione della guerra che fu espressa dall’affermazione provocatoria di Marinetti: “l’igiene del mondo”.
I giornalisti della borghesia hanno manifestato la loro paura nei confronti della visione maoista della guerra: “Tra i simboli della Guardia Rossa rivoluzionaria, con la falce e il martello, si è collocato un elemento nuovo e blasfemo per il marxismo: il fucile. I fucili dicono di più su Mao di qualunque dei suoi esegeti. Karl Marx voleva la pace, Mao Tse Tung vuole la guerra; Karl Marx predicava la pace come fine della lotta di classe, Mao Tse Tung proclama l’eternità della guerra popolare...”[21].
L’eroismo rivoluzionario occupa un capitolo speciale del “Libretto Rosso”: in esso sono esaltate le virtù guerriere, il coraggio, il sacrificio e lo spirito di lotta: “Un’armata va sempre avanti, decisa a vincere e a non sottomettersi al nemico. Anche nelle condizioni più difficili essa continuerà a combattere fino all’ultimo uomo”[22]. “Svilupperemo continuamente il nostro stile di lotta – coraggio in battaglia, nessuna paura davanti al nemico, nessun timore davanti alla fatica e ad una lotta continua, un accanimento a dar battaglia di nuovo dopo un intervallo di tempo breve e senza riposo”[23].
“Migliaia e migliaia di martiri hanno sacrificato eroicamente le loro vite nell’interesse del popolo. Alziamoci, avanziamo su questa strada rossa del loro sangue!”[24]. Il maoismo testimonia una preziosa riconoscenza per i valori eroici ed oppone al pacifismo una concezione guerriera della vita, con la spiritualità, i valori e l’etica che sono caratteristici di una tale concezione. Questa concezione non lascia spazio all’individualismo, ma predica questa impersonalità attiva la quale, in un clima libero da suggestioni soggettive, dà luogo al sacrificio eroico, che per definizione è deindividualizzato, anonimo.
Di fronte alla società del mercato la quale esalta solamente le “virtù civiche”, che “identifica i valori materiali con i valori in sé e dove l’ideale di vita è la vita sicura e confortevole del lavoro, la produzione, lo sport, il cinema e la sensualità”[25], il maoismo propone come alternativa un tipo di società in cui il primo posto è occupato dal guerriero e dall’eroe.
Ma non bisogna pensare che il maoismo, nel proporre una morale militare di rango superiore alla morale borghese, non prenda delle precauzioni contro il militarismo: “Il partito deve guidare il fucile, il fucile non dovrà mai guidare il partito”[26]. L’elemento militare è, in generale, guerriero, si trova nella sfera dei mezzi, non dei fini: nell’ordine maoista esso dev’essere subordinato al principio politico, come nello Stato platonico l’elemento volitivo e la casta guerriera sono subordinati all’elemento intellettuale e all’élite dei saggi-iniziati.
L’ARTE
“La nostra letteratura e la nostra arte sono al servizio della grande massa del popolo degli operai, dei contadini e dei soldati; essa è creata per gli operai, i contadini ed i soldati ed è al servizio degli operai, dei contadini e dei soldati”[27].
Quattro anni più tardi lo stalinismo formula in termini analoghi la teoria dell’arte: “Spetta alla letteratura di aiutare adeguatamente lo Stato ad allevare la gioventù, rispondere ai suoi problemi, insegnare alle nuove generazioni ad essere coraggiose, a credere nella loro causa, a mostrarsi intrepidi nel superare gli ostacoli e le barriere...”[28].
Questa verità relativa dell’arte è simile a quella della concezione politica di Platone: “Il totalitarismo platonico (...) nasce dalla coscienza che la vecchia classe dirigente è morta e che la nuova non è ancora nata. Visto secondo questa prospettiva, il totalitarismo platonico presenta delle coincidenze storiche significative con il totalitarismo moderno, che vuole rimpiazzare le vecchie élites politiche instaurate dalle rivoluzioni liberali”[29].
Contro le teorie borghesi mistificatrici sull’arte, Mao afferma che “non esiste, in realtà, un’arte per l’arte, un’arte al margine delle classi, un’arte che si sviluppa fuori dalla politica o indipendentemente da essa”[30]; l’arte in Cina dev’essere un’arte popolare. Alla maniera di Platone, Mao definisce ciò che chiama un’arte “liberata”, che si rifà allo stesso tempo ai modelli di poesia tradizionale. Mao Tse Tung, poeta egli stesso come gli antichi imperatori Han, Leang, Tang e Wei, conosceva l’esercizio delle forme tradizionali della poesia, alle quali si conforma, dotandole di eleganza, di forza e di aristocrazia[31].
LA MEDICINA
Nel dominio della medicina, il maoismo presenta un’alternativa tradizionale alla pseudoscienza divenuta predominante nel mondo moderno. L’agopuntura è stata praticata in Cina da tempi molto remoti, e l’Occidente capitalista è obbligato ad ammettere che essa contraddice l’idea di “progresso”: “Dopo la guerra dell’oppio, nel 1840, tra la decadenza generale del paese e l’asservimento sempre più accentuato degli imperatori Ching da parte degli aggressori imperialisti, l’agopuntura occupò un rango secondario, e la situazione si aggravò ancor di più sotto il governo reazionario del Kuomintang, che esercitò una vera discriminazione contro questa terapia tradizionale”[32].
Il nuovo ordine di Mao Tse Tung ha significato, nel dominio scientifico, una riscoperta della medicina tradizionale. “Dalla fondazione della nuova Cina, il Partito e lo Stato hanno preso diverse misure per sviluppare le terapie tradizionali, così svariati centri di ricerca a Pechino e nelle grandi città sono stati fondati, e sono stati istituzionalizzati dei servizi d’agopuntura nella quasi totalità degli ospedali”[33]. Il principio di base dell’agopuntura, come di tutta la medicina tradizionale cinese, è la dottrina tradizionale secondo la quale la malattia proviene dalla rottura dell’equilibrio che mantiene una tensione ideale tra lo yang (mascolino, attivo) e lo yin (femminile, passivo). La medicina cinese vuole arrivare fino al livello delle cause, al contrario della medicina profana la quale si applica al livello degli effetti e che può essere descritta, tutt’al più, come sintomatica.
“Ma esiste un altro punto di vista che bisogna prendere in considerazione: la medicina cinese, come tutte le scienze tradizionali, ha in sé gli elementi simbolici che le permettono di applicarsi nel quadro della filosofia taoista come realmente cognitiva, di servire da base adeguata alla realizzazione personale. Così come davanti alla malattia il medico cinese tenterà di ricostituire l’equilibrio relativo per la salute, così esso darà al paziente la chiave simbolica per la sua realizzazione come Tchenn-jen, come Uomo vero, che è il punto da cui parte tutto il processo di conoscenza che conduce agli stati superiori dell’essere e che culmina nell’identità con il Tao, cioè nella condizione di Cheun-jen o Uomo trascendente”[34].
Nel tempo di costruire un’alternativa alla pseudoscienza del mondo moderno, la risposta della scienza tradizionale patrocinata dal maoismo pone le condizioni favorevoli per la realizzazione dell’aspetto iniziatico inscritto nelle arti e nelle professioni. Nel caso della medicina, l’agopuntura rivendicata dalla rivoluzione maoista mette al suo posto le basi del detto tradizionale: “Guarisciti tu stesso”.
Claudio Mutti
[1] Mao Tse Tung, “Sulla Contraddizione”.
[2] Idem.
[3] Julius Evola, “Introduzione al Tao Te Ching”.
[4] René Guénon, “La Grande Triade”.
[5] Mao Tse Tung, op. cit.
[6] Lao Tze, “Tao Te Ching”.
[7] Julius Evola, op. cit.
[8] René Guénon, op. cit.
[9] Mao Tse Tung, “Dove sono le idee giuste?”.
[10] Mao Tse Tung, “Discorso del 16 Settembre 1949”.
[11] Decisioni del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, agosto 1966.
[12] Corneliu Z. Codreanu, “La Guardia di Ferro”.
[13] Oswald Spengler, “Il Tramonto dell’Occidente”.
[14] E’ la tesi sostenuta da Karl Dyrssen, che nel suo libro “Die Botschaft des Ostens”, scritto nel 1933, approvò la rivolta dei contadini in nome del “socialismo prussiano”, che avrebbe dovuto liberare completamente la Germania dal capitalismo borghese. In termini generali, è la tesi di tutti i nazional-bolscevichi, non solo in Germania, ma in molti altri paesi europei.
[15] Lin Piao, “Vita e vittoria della guerra popolare”.
[16] Op. cit.
[17] Giorgio Freda, “Due lettere a controcorrente”. A proposito del ruolo del contadinato nel nuovo ordine cinese, l’autore scrive: “Si può forse negare che la formula – o meglio, la parola d’ordine – di Lin Piao, articolata nella lotta de ‘la campagna contro la città’, suggerisca l’esigenza analoga indicata da Spengler, e che certi rilievi dell’attuale ‘paesaggio’ cinese indicano (per il suo regime di condizionalità storica e per svariate altre ragioni) delle linee analoghe a quelle che espresse in Europa, ad esempio, il prussianesimo?”
[18] Salvatore Pellegrino, “Epoca”, N° 834.
[19] Lamberti Sorrentino, “Tempo Illustrato”, N° 45.
[20] Lin Piao, op. cit.
[21] Lamberti Sorrentino, op. cit.
[22] Mao Tse Tung, “Sul governo di coalizione”.
[23] Mao Tse Tung, “La situazione attuale e i nostri nemici”.
[24] Mao Tse Tung, “Sul governo di coalizione”.
[25] Julius Evola, “Gli Uomini e le Rovine”.
[26] Mao Tse Tung, “I problemi della guerra e della strategia”.
[27] Mao Tse Tung, “Intervento alla conferenza di Yenan sui problemi della letteratura e dell’arte”.
[28] Pravda, 2 agosto 1946.
[29] Adriano Romualdi, “Platone”.
[30] Mao Tse Tung, op. cit.
[31] Molte delle poesie scritte da Mao sono nate nell’esperienza del combattimento, ed in esse si rivela una visione del mondo non profana, ma, se così possiamo dire, tradizionale; come la poesia “Gli Immortali”, dove parlando di due rivoluzionari si dice che non sono morti, ma che hanno conquistato l’immortalità e si trovano nel Cielo, tra gli dèi.
[32] Commentario in un libro sull’agopuntura dell’Università di Pechino, 1972.
[33] Idem.
[34] Tullio Masera.
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