In questo saggio del 1931, Ernst Niekisch indica il compito della resistenza all'occupazione occidentale della germania. Sono evidenti le incredibili similitudini fra la Germania di Weimar (sotto il controllo di Versailles) e l’Europa di oggi, sottoposta alla gestione delle istituzioni EU e alla Nato. Allo stesso modo incredibili sono le similitudini con la nostra attuale società: la borghesia liberale non riesce più a rispettare le sue promesse di ricchezza, oggi come ieri. Doveva darci ricchezza, non crea altro che povertà e malessere. Quello che oggi non sta succedendo (almeno in apparenza...), a differenza di ieri, è la nascita e l'affermarsi di opposizioni alla società borghese morente: ma ecco qui un altro motivo di grande interesse per leggere Niekisch; si fa un gran parlare oggi di "rossobruni" e "nazbol", spesso per infangare queste posizioni e collegarle al nazismo o al comunismo. Ma ecco che un grande politico "rossobruno" come Niekisch critica aspramente i Partiti Partiti comunista e nazionalsocialista, indicando come non fanno altro che perpetuare i valori borghesi. Diverso è invece l'approccio realista che va seguito: La Russia sovietica è il bastione contro Versailles, quindi contro l'occidente. La Germania per resistere deve allearsi con la Russia e deve carezzare la forza tattica del socialismo. Lo stesso Lenin ha basato la sua idea sulla forza nazionale russa. Continuiamo a stupirci su come un autore della rivoluzione conservatrice come Niekisch riesca a parlarci e indicarci la giusta postura da tenere cento anni dopo.
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Dal 1918, in Germania, si è andati verso un punto in cui i bisogni vitali dello Stato si trovano in totale incompatibilità con quelli della società borghese, un punto in cui è divenuto necessario a tutti i costi decidersi per lo Stato o per la società borghese. Da allora non si può essere che borghesi o tedeschi. Essere un borghese tedesco equivale ad incarnare una contraddizione insolubile. Applicare una politica borghese e tedesca non è oggettivamente possibile. Necessariamente, essa risulterà sempre un tradimento nei confronti della Germania da parte della borghesia. Per ragioni di autoconservazione, la borghesia tedesca deve diventare “paneuropea”; per poter continuare ad esistere, deve integrare la Germania nella Pan-Europa. La società borghese, la cultura occidentale, la situazione creata da Versailles sono, dal 1918, aspetti diversi di una stessa realtà. Ma il vero senso di questa realtà è la sottomissione della Germania e l'estorsione di tributi imposti al popolo tedesco. Una politica tedesca, volendo soddisfare i bisogni vitali del Paese, non può che essere antiborghese, anticapitalista e antioccidentale. Se non lo sarà, inevitabilmente ricadrà sempre negli interessi della Francia.
La società borghese ha prodotto un tipo di uomo a sua perfetta immagine e somiglianza. È la "personalità liberale" che è tratta interamente dall'economia e occupa posti chiave nell'industria, nel commercio e nella finanza. L'economia è il suo destino sotto ogni punto di vista, ed egli intende la politica esclusivamente in funzione dell'economia. Il suo benessere, la percezione che ha della propria importanza, la sua posizione sociale sono indissolubilmente legati alle tendenze economiche. Così tutto il suo campo visivo è occupato dall'economia, di quella che gli appare come la causa prima di tutto ciò che accade, come il centro della sua esistenza. Infine, anche il suo rapporto con la natura è distorto. La considera come una riserva di energia che deve sfruttare in modo razionale, sviluppandola con il fine di ottenerne un buon ricavo. È distaccato da tutto ciò che è elementare. Per lui questa non è una forza oscura che procede irresistibilmente, ma una fonte di energia dalla quale può trarre profitto. Egli concepisce il sentimento nazionale nello stesso modo. Freddamente calcolatore, strappa il velo della nazionalità e non prova alcuna emozione. Riconosce l'utilità di far credere che tali interessi economici costituiscano "i bisogni vitali della Nazione". Si entusiasma per la flotta che alimenta la domanda di piastre schermanti in acciaio, e la guerra è una buona occasione per realizzare i suoi interessi. La personalità liberale diventa l'artefice di questo scandaloso abuso che ha contaminato il Reich caduto e ha distolto i lavoratori tedeschi dall'idea di Stato: questo abuso che consiste nell'invocare l'interesse nazionale quando la sete di guadagno e la volontà di sfruttamento permette loro di saccheggiare in sicurezza. L'attuazione di un complotto egoistico, sotto forma di "affari nazionali", è stata una bestemmia che ha distrutto l'innocenza del sentimento nazionale. Di questi tempi, quando si alza un'ondata nazionalista, cerchiamo istintivamente il borghese liberale che c'è dietro e che aspetta l'occasione per arricchirsi.
Il Manifesto Nazbol, pubblicato da noialtri |
La personalità liberale costituisce il rappresentante più tipico della società borghese. Ma per poter esistere, deve incorporare e orientare l'accettazione della sua scala di valori a tutti quegli strati della società che non possono farne parte senza certe riserve. Il contadino, l'intellettuale, l'aristocratico, il soldato, l'impiegato dipendente e l'operaio non del tutto proletarizzato non possono fargli eco nel corpo e nell'anima. Mai costoro sono stati così esclusivamente dipendenti da fattori economici, a differenza della personalità liberale. Difendono ancora una posizione particolare che non è determinata dal denaro e dalla ricchezza. Hanno un orientamento borghese, senza essere intimamente borghesi. Si sono adattati alla società borghese solo per conservare dentro di sé elementi non borghesi. Vedono il mondo attraverso le lenti della borghesia, ma non possono ancora rimuovere tali lenti e costruirsi un'altra immagine del mondo. Il contadino rimane attaccato ai suoi campi e al ritmo della natura, anche se ha imparato i segreti della gestione dei conti. L'intellettuale ha protestato in cuor suo contro il fatto che la forza delle sue riflessioni e l'abbondanza della sua immaginazione vengano sottoposte alla legge della domanda e dell'offerta sul mercato pubblico. Certo, lo Junker e il soldato si sono adattati a questa società, ma hanno compensato ciò con il disprezzo nei confronti di quello a cui non potevano più opporsi. Il dipendente si è rifiutato di accettare che il suo valore sociale potesse dipendere oggettivamente dalla sua posizione. Con le sue idee romantiche, egli si è distinto per la dignità del suo rango. Avvolgendosi nel culto di un bel passato, ha superato la dolorosa umiliazione che il presente gli ha inflitto. L'operaio non proletario, infine, ha cercato di acquisire una coscienza del proprio valore particolare e personale, rimanendo attaccato alle tradizioni religiose e patriottiche.
La società borghese ha pressato per facilitare il compromesso con queste classi sociali la cui essenza le risultava estranea. Nei riguardi del contadino ha osservato un atteggiamento prudente e discreto. Le concessioni che ha fatto alle sue particolari regole di vita sono state sorprendentemente clementi. Ha prestato attenzione a ciò che vi ha trovato dal punto di vista economico. Ha persuaso l'intellettuale proclamando pubblicamente "l'uguaglianza nei diritti di istruzione e di proprietà". Ha impedito a qualsiasi studente squattrinato di utilizzare la nobiltà del suo spirito contro la quota dei profitti del direttore generale. Con generosità, ha posto l'istruzione, questa “provvigione” di conoscenza, oltre il possesso di proprietà, la possessione di beni materiali. Ha lusingato l'aristocratico e il soldato facendo del loro modo di vivere un modello e pagandoli bene per stringere accordi matrimoniali con loro. Non ha infastidito il dipendente, dedito ai suoi hobby di mezza età. Se durante le ore di lavoro si comporta da proletario buono e docile, ha il diritto di procurarsi qualche compenso nella libertà virile delle fantasie di sodalizio. Ha cercato di comprare il lavoratore “non marxista”, senza rendersi pienamente conto della situazione, tramite le comunità di lavoro e le istituzioni sociali.
La società borghese ha potuto irretire queste classi sociali assicurando loro entrate sufficienti. Coloro che hanno saputo adattarsi, sono rimasti liberi dal bisogno. L’opposizione ha dovuto difendersi dalla pena di morte per fame, mezzo per rendere docili i più recalcitranti.
È vero che in Germania la società borghese ha rivelato nel tempo la sua impotenza in un ambito in cui avrebbe dovuto avere forza suggestiva e che sarebbe stata la vera portatrice della sua esistenza: dopo il 1918, si è mostrata incapace di assicurare alle masse il loro lavoro e il loro pane quotidiano. I suoi miracoli economici sono serviti da mezzo di corruzione. In questo momento rimane in debito con i miracoli. La sua magia è svanita; abbiamo scoperto che ciò che voleva che accadesse era una menzogna a fronte della verità. Facendo dell'economia il motore dell'universo, il suo mondo ha perso di senso, poiché l'economia non funzionava più.
Ha dato motivo di dubitarne proprio a queste classi sociali che, in fondo al cuore, non vi avevano mai preso parte. Così non ha saputo impedire che i contadini venissero cacciati dalle loro terre. Ha abbandonato completamente l'intellettuale. Agli uomini d'onore, al soldato in particolare, ha inflitto una vergogna senza eguali. Anche l'operaio, non impegnato nella lotta di classe, è stato consegnato alla disperazione. Essa è divenuta la nemesi e la maledizione di tutti quegli uomini. Il fatto che continuasse a esistere, ha rovinato quelli a cui si era appellata. Non disponeva più delle riserve che le consentivano di distribuire elemosine a coloro la cui riluttanza doveva sopportare al riguardo. I princìpi sui quali si reggeva la società borghese sono serviti improvvisamente a giustificare la rovina di coloro di cui, fino ad oggi, essa si era conquistata la fiducia tramite promesse di vantaggi economici. Ovunque ha diffuso angoscia e miseria dove ci si attendeva invece benessere e progresso. Chi non era, in cuor suo, borghese, non ha avuto più motivo di difendere la società borghese. Essa non riusciva più a convincere nessuno della sua missione e appariva invece come un inganno e un'organizzazione fraudolenta. Il fascino che esercitavano i valori e i modi di vita borghesi è stato spezzato. L’essenza fondamentale, la voce dello spirito etnico, gli istinti basilari, che per tanto tempo sono stati sacrificati alla disciplina della vita borghese, hanno ritrovato la loro voce. Bisogna porsi la questione dell'essere o non essere e capire subito che l'essere è incompatibile con il mantenimento della società borghese.
Lo abbiamo percepito profondamente dopo aver trascurato il fatto che la società borghese era divenuta un'istituzione e una misura di sicurezza per il mondo di Versailles, questo mondo che è in opposizione fondamentale alla rivendicazione del diritto alla vita della Germania. Laddove si discute di questa rivendicazione, d'ora in poi sarà necessario organizzare la rivolta contro la società borghese. Se l'economia borghese e capitalista vuole costringere la Germania a dissolversi in Pan-Europa, la Germania deve reagire con sangue e fuoco a questa società per la quale l'economia rappresenta il destino.
La società borghese, che deve giustificarsi con i successi economici, ha perso il suo potere sui contadini, sull'intellighenzia, sui soldati, sugli impiegati e sugli operai quando con la firma del Trattato di Versailles li ha gettati nella miseria. Da questo fatto è scaturito in loro, e solo in loro, un nuovo impulso, naturale e tedesco. Da allora sono rimaste solo poche migliaia di capitani d'industria, banchieri, amministratori e giornalisti venduti la cui precaria esistenza è tesa, per ragioni interne, a mantenere la società borghese. Al di fuori di essi, questa società non può resistere che, tutt'al più, per l’abitudine e la legge d'inerzia. Ma niente le permetterà di rimanere per sempre. Il declino dell'Occidente di Spengler è la profezia del crollo della società borghese. E il suo libretto L’uomo e la tecnica si rivolge alla stessa società dandole il cortese consiglio di morire con dignità.
I processi di distacco interiore di queste classi sociali, trascurate dalla società borghese, si riflettono nella storia dell'evoluzione del movimento nazionalsocialista. Il Nazionalsocialismo era questa forma sotto la quale si sono espressi i primi sentimenti oscuri di queste classi che non partecipavano veramente alla società borghese. Dal movimento nazionalsocialista hanno preso coscienza della loro particolarità non borghese. Non erano ancora in grado di formulare ciò da cui volevano essere guidati. Non è quindi un caso se il loro programma sociale sia rimasto impreciso, nebuloso e confuso. Hanno professato il socialismo senza che quella dichiarazione avesse un contenuto concreto. Era solo l'espressione enfatica del loro desiderio di tenere a bada l'ordine borghese.
Il loro ardore nazionalista è stato l'irruzione di un'originalità fondamentale. La volontà nazionale di vita che, a ragione, si sentiva minacciata dall'esecuzione politica dei trattati, guidati da un’ottica borghese, veniva affrontata con veemenza. Questa si è risvegliata quando l'uomo ha preso coscienza di tutta la gravità della situazione e dell'impossibilità di uscire dalla sua miseria individuale. All'improvviso ha capito che questa miseria toccava anche le basi dell'esistenza nazionale.
È vero che il sentimento, l'orientamento e le forze motrici di questo movimento antiborghese non corrispondevano all'organizzazione da esso poi formata, non corrispondevano più alle tendenze e agli obiettivi del "Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori".
Il Partito non è diventato lo strumento di una volontà antiborghese. Non l'ha più rafforzata e non ha seguito le sue vie. Al contrario, in seguito ha preso posizioni per indebolirla, paralizzarla e deviarla dal suo cammino. Prima la ha incanalata per domarne la veemenza, e poi per lasciarla impantanare. La rendeva inoffensiva, diventava solo un semplice appello alla coscienza della società borghese, volendo, di fatto, impedire una rottura con la borghesia. Da lì, si è trasformato improvvisamente in un'associazione per il salvataggio della società borghese. Ha avuto l'effetto di una misura che doveva imbrigliare gli istinti antiborghesi per poterli poi dominare più saldamente. È una misura che ha fatto tutte le sue prove. Da sempre la Chiesa cattolica è stata usata per rendere inoffensivi i movimenti insurrezionalisti. Il Partito Nazionalsocialista è diventato lo strumento che consente alla società borghese di applicare la stessa tattica. L'abbandono di alcuni punti socialisti, scritti nel programma, gli accordi con l'industria pesante, la tendenza a fare coalizioni con i partiti di destra, l'assicurazione di una legalità ininterrotta, l'impegno preso nei confronti della cultura occidentale sono segni che indicano chiaramente come il Partito si senta in obbligo verso l'Occidente.
In Hitler il sentimento della vita borghese ha perso la sua naturale sicurezza. Nella misura in cui rappresenta la società borghese, la incarna solo nella sua estrema angoscia, nell'isteria della sua paura della morte, e nella ferocia della sua disperata difesa. Era quindi inevitabile che l'infamia borghese si amplificasse in lui fino a diventare grottesca, volendo mettere le ruggenti flottiglie dei più autentici sentimenti nazionali al ripugnante servizio dell'egoismo “privato” e borghese. L'alleanza che Hitler ha concluso con i direttori generali dell'industria pesante dell'Occidente è un simbolo terrificante: ancora una volta, abbiamo venduto il fervore tedesco per usarlo come rinforzo delle speculazioni importune e dei tentativi scellerati degli uomini d'affari borghesi.
Quando queste classi sociali emarginate si sono rese conto della truffa di cui, ancora una volta, sono state vittime, l'adesione al Partito Comunista è apparsa loro come l'unica soluzione. Se le idee nazionaliste fossero davvero solo l'esca che i reazionari usano per attirare gli imbecilli, se il sentimento nazionale è solo un'ebbrezza passeggera, che fa bene ai freddi calcolatori egoisti, allora, per amor proprio, non si dovrebbe rifiutare per sempre di cadere nella trappola del movimento nazionalista? Non è idiota continuare a considerare l'“internazionalismo” qualcosa di sconcertante?
Tuttavia, non c'è dubbio che queste classi sociali si sentano apolidi a prescindere dal Partito Comunista. Vista la caratteristica particolare del Partito, come potrebbe essere altro?
Certamente il proletariato delle grandi città industriali è allo stesso modo un prodotto del mondo borghese. La borghesia ha tagliato il legame tra il lavoratore e la natura, i mezzi di produzione, la sicurezza della proprietà. Lo ha obbligato a vedere il suo unico significato nel fatto di essere venduto alla "forza lavoro" e di essere usato come tale. Gli ha inculcato che non vi è nulla al di fuori dei processi economici e che la sua intera esistenza è governata da congiunture economiche. Se, a poco a poco, l'operaio inizia a pensare solo in termini economici, viene messo a disposizione della stessa società borghese. Non è stato Marx a spingerlo lì. In fondo, Marx ha solo spiegato le leggi che regolano l'economia capitalista e le ha impresse nella mente dell'operaio, non permettendo più che la sua comprensione ne venisse offuscata. Marx, con molto rigore scientifico, ha dimostrato che le forze profonde, che muovono la società borghese, derivano esclusivamente dall'ordine economico e che la sua concezione del mondo è tutta fondata su un modo di pensare in termini economici e calcolabili. Ha incoraggiato gli operai ad appropriarsi, con mente calma, delle stesse forze e delle stesse concezioni. La fonte del pensiero materialista si trova nella società borghese. Il marxismo è la cinica rivelazione del segreto più profondo della borghesia. È una spietata esplorazione della coscienza borghese. E ostacola questa società, non perché sia in opposizione con essa, ma perché vede attraverso di essa. Il borghese che ingiuria l'operaio, perché egli pensa solo al suo stipendio e al suo contratto, è inconsapevole e ignorante oppure un terribile ipocrita. La differenza tra il borghese e il proletario è semplice da capire: uno è un beneficiario della società borghese e l'altro deve pagarne tutti i costi.
Fino al 1918, l'opposizione “marxista” è stata solo una lotta all'interno del sistema capitalista. Seguendo l'adagio “vivi e lascia vivere”, si è cercato un compromesso che permettesse di assicurare il profitto alla borghesia e che impedisse al proletariato di perdere ogni speranza. La socialdemocrazia e i sindacati hanno adempiuto alla loro funzione impedendo alla pressione del proletariato di superare i limiti oltre i quali un'esplosione sociale sarebbe stata inevitabile. In questo senso, sono stati valvole di sicurezza della società borghese.
Il proletariato era, a questo punto, un prodotto della società borghese divenuto finalmente disvelatore delle vere tendenze di questa società. Rappresentava concretamente dove essa ci avrebbe dovuto condurre. Proprio perché aveva un'ombra, all’interno di essa si intensificavano gli impulsi più cupi, le conseguenze velate, l'istinto profondo nascosto, la legge più segreta di questa società. La sua esistenza sradicata simboleggiava e anticipava tutta la miseria dello stato finale della società borghese: la sua mancanza di legami con la natura, il suo materialismo ottuso, il suo razionalismo senz'anima, la sua natura occidentale, il suo pacifismo, la sua pantomima paneuropea, il suo consumo nazionale. Il proletariato socialdemocratico che ha fatto un'astrazione di ogni tradimento, ed è prossimo a riconciliarsi con la Francia, è solo una rivelazione che affretta le intenzioni più segrete della società borghese. L'operaio “marxista” pronuncia già oggi quello che direbbe domani il suo capo.
La socialdemocrazia è parte della società borghese tanto quanto i nazionalsocialisti. Anche essa “salva”, ma funziona su un altro livello. Mentre Hitler raccoglie chi è dissidente ai borghesi, il socialdemocratico cerca di imbrigliare gli uomini segnati dal ferro rovente, gravati dai colpi del destino, questi uomini il cui sangue e sudore sono stati usati per costruire la società borghese.
Quando nel 1918 la società borghese si è trovata in difficoltà e non ha potuto più permettersi il denaro necessario per placare il proletariato, gran parte dei lavoratori tedeschi è sfuggito al potere addomesticante della socialdemocrazia. Erano annientate tutte le speranze del proletariato, che voleva proseguire nella sua perdita. Le sue riserve di sostanza umano e nazionale sono state distrutte tra le mura delle grandi città. Dall'istante in cui ha perso le basi della sua esistenza, è rimasto solo il risentimento sociale, nella volontà di contrattaccare e mettere in atto un'ultima difesa. L'ira insensata della sua volontà di distruzione l'ha spinto fino alla negazione assoluta della società borghese. La sua insurrezione si è impantanata nel dominio socio-economico, incapace di acquisire una forza di attacco politico. Così ha espiato il peccato di essere stato il prodotto di questa società. Perché non porta avanti in alcun modo una vera politica. Una politica che si orienti principalmente in funzione di criteri economici è sempre rimasta una “politica amatoriale, dilettantesca” e subisce con forza battute d'arresto.
Dietro l'intensa sete di distruzione, c'è il sogno impotente di una società futura, e non la ferma determinazione a creare lo stato del futuro. Anche se, in ragione dei nessi di causalità, il colpo alla società borghese è stato forte quanto il colpo di Versailles, l'effetto non è stato calcolato dal punto di vista di una vera politica.
Era compito del Partito Comunista riunire le masse proletarie le cui speranze erano state annientate. Evidentemente, i quadri che offriva e la sua atmosfera dominante erano poco adatti a questi contadini, intellettuali, soldati, impiegati e operai non ancora definitivamente proletari. A causa delle condizioni sociali della loro esistenza, queste classi non hanno la stessa amarezza sociale. Hanno ancora basi che sono qualcosa di diverso dal “risentimento sociale”, e possono trasformarsi in impulsi politici. Anche se ciò sembra paradossale, l'operaio comunista è un prodotto della società borghese, molto più di questi "non proletari". La società borghese ha creato e formato l'operaio, anche se lo ha maltrattato. Così le altre classi sociali, anche quando si sentivano integrate nella società borghese, custodivano sempre la loro particolarità al di fuori e al di là delle influenze borghesi. Così è nell'accrescimento dell'estrema miseria esistenziale, che allora si sono viste cose più grandi e più complesse di quelle rappresentate dalla società borghese. Quindi hanno percepito molto rapidamente che nel Partito Comunista non avrebbero trovato il loro posto. Visibilmente questo stesso sentimento vive nell'operaio, attualmente iscritto al Partito Comunista ma che, nonostante il suo destino proletario, custodisce ancora il resto della sua sostanza nazionale e umana. Pur condividendo l'ostilità verso la borghesia, è lo stesso tormentato da un’ansia che gli dice che è, in qualche modo, un cattivo dipendente.
Il Partito Comunista ha capito che il proprio attacco alla società borghese, attacco la cui forza motrice era stato il risentimento sociale, non corrispondeva alle esigenze politiche della situazione e mancava persino di obiettivi decisivi. Si è reso conto che per la sua posizione di principio non poteva che riunire il proletariato industriale e sradicato, e che gli strati sociali importanti, pressando per sfuggire all'influenza della borghesia, restavano sordi ai loro appelli. Di conseguenza, ha cercato di sostituire con la tattica ciò che gli mancava per natura. Si arrivò così alla linea di Scheringer e al programma agrario comunista. Sono questi due fenomeni di adattamento che sono stati loro imposti dalle circostanze esteriori, e che non sono in alcun modo una reazione diretta dalla loro stessa natura.
Per questo gli manca la forza per convincere. Il programma agricolo, sebbene adeguato al sentimento di vita del contadino e alla sua concezione del mondo, non crea una vera apertura verso la popolazione rurale. Il contadino vi ha fiutato un'«intenzione», una trappola, ed è rimasto in guardia. Il programma agricolo comunista non rappresentava una condanna ma era il risultato di calcoli assolutamente arbitrari. E quando entrano in gioco calcoli arbitrari, le basi sono fragili. Certamente, la linea di Scheringer era un tentativo di occupare "posizioni nazionaliste". Ma intanto bisogna rendersi conto che il Partito Comunista non era abituato a combattere su questo terreno. Già causa di ammutinamenti nelle loro stesse fila, non possono mantenere questa linea. Il proletariato industriale occidentalizzato non ha più uno spessore psicologico e popolare tale da essere portatore del pesante compito della politica nazionalista. Per questo motivo il Partito Comunista tedesco è trotzkista, sebbene sia dalla parte di Stalin. Il leninismo, che ha rappresentato una realtà di Stato totale, esige una pienezza viva, una pienezza che questo partito non ha più, ma che l'operaio russo, sempre attaccato al suo villaggio, custodisce ancora in sé.
In questo momento entriamo nello spazio politico della resistenza tedesca.
Per il Partito Comunista resta una tattica piena di zelo, ma inefficace, per il movimento di resistenza è una vocazione alla quale non può sottrarsi. La resistenza taglia i ponti con la società borghese, le sue istituzioni e le sue scale di valori. Il destino di chi non possiede nulla, quella società borghese imposta ai contadini, agli intellettuali e agli impiegati, facilita la loro decisione di rompere con loro. Non hanno più interessi economici che potrebbero legarli a questa società. Certamente, mettiamo in discussione la funzione politica della società borghese prima di attaccarne il carattere sociale. È necessario spazzarlo via perché è diventato lo strumento che il regime di Versailles usa per dominare la Germania. Grattando lo smalto tedesco della società borghese, scopriamo il regime di Versailles. Incarna una contromisura istituzionale che impedisce la liberazione della Germania. La volontà di rivoluzione sociale della resistenza tedesca ha ragioni politiche segrete. Deve rompere questo meccanismo applicando la legge di Versailles sul territorio tedesco. Non solo il proletariato delle città industriali, ma semplicemente la Germania, non ha più nulla da perdere se non catene. Solo che il proletariato non vede che le catene sociali che deve sopportare sono fatte di ferro politico. Da questo punto di vista, anche l'idea di lotta di classe assume improvvisamente una colorazione politica: il borghese appare, all'interno dei confini tedeschi, come un legionario straniero. Tutto ciò che possiamo fare contro di essa è, in verità, una forma di guerra contro lo straniero. La causa della Germania è sempre nelle mani di coloro che combattono la borghesia. In primo luogo, instaurare la comunità nazionale con la borghesia equivale a una fraternizzazione con il nemico.
Noi riconosciamo il borghese, in questo senso, nella sua posizione sulla proprietà privata e sulla Russia.
Accettando il principio della proprietà privata illimitata, si conferma la validità del titolo dei creditori stranieri a danno del popolo tedesco, e si antepone l'arbitrio individuale alla pretesa del diritto alla vita della Nazione. Il bolscevismo russo non ha abolito di per sé l'istituzione della proprietà privata. Per i bisogni dello Stato, lo circoscrive e lo riduce ai beni minimi di quella categoria. Essere tedeschi significa oggi limitare all'estremo, in modo analogo, l'estensione della proprietà privata per ragioni di conservazione nazionale.
La Russia è il centro del mondo anti-Versailles, e ha subito su di sé tutte le conseguenze che non risparmiano le forze antagoniste contro Versailles. Non è un paradiso, come crede l'operaio comunista. È un campo opposto all'Occidente. Lì, la gerarchia è determinata dalla capacità di ciascuno di adempiere alla propria funzione di operaio e di soldato. La ricchezza è semplicemente un peccato. Questo è ciò che spaventa la borghesia, ma costituisce un modello per la resistenza tedesca.
Poiché il Partito Comunista è incapace di assumersi tale responsabilità politica e, quindi, voler rovesciare la società borghese è solo un mezzo per il fine rivoluzionario nazionale. Anche nel solo piano sociale esso è molto meno rivoluzionario di quanto supponga la sua dottrina. Manca, per così dire, il ricco suolo umano, dal quale scaturiscono sempre nuovi impulsi, incalzanti azioni rivoluzionarie. Ma questo suolo esiste nelle classi dei contadini, degli intellettuali, dei soldati, degli impiegati e degli operai semi-proletari che stanno uscendo dal campo borghese e già sentono cupamente che la società borghese è la più sicura garanzia della sottomissione tedesca. Per questi uomini sventola la bandiera della resistenza tedesca. Il loro posto è qui, si riuniscono sotto questa bandiera.
C'è un tratto comune tra il movimento comunista e la resistenza tedesca: entrambi condividono l’appartenenza al fronte anti-Versailles e sono pienamente consapevoli che è necessario rompere con la cultura occidentale, la società borghese e il sistema capitalista, se si vuole prendere seriamente la guerra contro Versailles. Non possiamo appartenere al fronte anti-Versailles se vogliamo “salvare” in qualunque modo alcune parti del vecchio mondo. Sarebbe "fascista", se si considera il "fascismo" l'ultimo sforzo dell'Occidente. Tutte le vere tendenze anti-Versailles devono essere, in un modo o nell'altro, "comuniste" o "bolsceviche". Un tempo il bolscevismo era la più grande e coraggiosa levatura della Russia, che le ha permesso di ottenere, nonostante tutto, la vittoria sull'Occidente. Quest’ultimo l'hanno capito benissimo. Il modo in cui esso vitupera contro la Russia rivela che sta cercando di vendicarsi. Con questa natura delle cose, “essere bolscevico” significa infliggere una sconfitta all'Occidente. Quando attacchiamo il bolscevismo, dichiariamo di subire questa sconfitta, che consideriamo la causa persa dell'Occidente come la nostra causa.
Ma questo tratto comune non cancella la particolarità della resistenza tedesca. La resistenza ha più respiro; ha respiro politico, pensa in termini di strategia. Così la lotta di classe dei comunisti è solo un canale di combattimento tattico per essa. Essa conta sul valore combattivo delle brigate proletarie nella missione contro l'Occidente. Assicura che lo spirito militare del “Fronte Rosso” sia diretto dal pensiero politico. Non teme l'internazionalismo comunista. L'universalismo occidentale del cattolicesimo romano e la comunità degli interessi economici globali dell'Occidente liberale sono molto più pericolosi di ciò.
Di per sé, la resistenza tedesca non è né comunista né anticomunista. Ma è capace di comunismo, quando non c'è altra soluzione. Piena di determinazione, è pronto a tutto, quando agisce per salvare la Germania. Data la situazione globale, il collettivismo è certamente oggi un mezzo necessario per ottenere i fini politici della Germania; questo è un dato di fatto. La politica di resistenza consiste nell'usare questo fatto per assicurare un futuro alla Germania.
Dal punto di vista politico il comunismo, che all'inizio aveva significati esclusivamente economici, si trasforma in questo unico tipo di collettivismo che l'orgoglio umano può tollerare, vale a dire il collettivismo delle truppe valorose. Il collettivo contadino diventa una comunità per la difesa dei contadini, la fabbrica socialista diventa un battaglione di operai, e tutti i processi di produzione si trasformano in prestazioni militari, in un'impresa eroica e guerriera. Il popolo tedesco ha sottoposto la sua esistenza a un intero piano onnipresente per giungere alla distruzione delle basi del regime coercitivo di Versailles mediante misure applicate secondo un metodo rigoroso. Il collettivismo ne è l'espressione. Il popolo tedesco non ha ancora capito che i suoi oppressori hanno organizzato sistematicamente la sua sottomissione. I piani di Dawes e Young sono stati appena visti da questo punto di vista. In confronto, la resistenza "nazionale" tedesca sembra pietosa e deplorevole, un'opposizione che rimane fermamente attaccata ai diritti individuali della "personalità creativa". Difficilmente è possibile affrontare il mondo e la politica con una tale incoscienza. I piani dei popoli soggiogati non possono essere troppo estesi, troppo “globali”, per sopravanzare l'ordine metodico dei conquistatori. Il piano quinquennale della Russia dà l'esempio di dove un popolo in pericolo deve essere pronto ad arrivare. Il “secolo della libertà individuale” è finito, è iniziato quello della progettazione collettiva. Un tempo il liberalismo “consegnava” l'umanità a uno stato di dipendenza organica. Allora l'umanità ha contratto questo male che è l'individualismo esacerbato e che deve essere, oggi, consegnato allo spirito liberale. Già l'avanguardia ha varcato la soglia di una nuova epoca di vincoli esigenti, razionali e consapevoli.
Il partigiano della resistenza tedesca, così come il proletariato comunista, si colloca all’interno di questa avanguardia. Entrambi sono combattenti incondizionati, l’uno attaccato alla politica dello Stato quanto l'altro lo è alla classe. Il coraggio della loro assoluta convinzione viene dalla loro povertà. Quando hanno qualcosa da perdere, è facile manipolarli momentaneamente. Sebbene, in conseguenza delle sue opinioni, il proletariato comunista debba essere ostile all'idea di Stato, il potere coercitivo dell'idea di “Stato totale” è così grande – e la Russia lo dimostra – da attrarre anche il proletariato – in contraddizione ai suoi principi antistatali – nel suo campo di forza. Essere comunista o partigiano della resistenza tedesca non è una questione di principio, ma di sostanza nazionale. Alla fine, la sostanza tedesca sarà così forte da trasformare l'idea di comunismo in uno strumento al servizio della futura grandezza della Germania. Anche Lenin, che non è mai stato proletario, ha sottoposto la logica della sua teoria marxista ai comandamenti politici della sostanza nazionale russa.
Se il non proletario volesse improvvisamente annullarsi nel Partito Comunista, questa sarebbe una fuga codarda e molto conveniente. Non hanno alcun compito da svolgere lì, devono solo adattarsi ad esso. Credere che ad attenderli ci sia una missione di educazione nazionale sarebbe un'illusione che si creerebbero da soli. Nessuno vuole essere educato da loro. In precedenza, i loro "doni" sarebbero stati considerati sospetti, come "gusci vuoti e reazionari". Noi non vogliamo i loro “regali”, vogliamo che si pieghino energicamente alle regole. Entrano in un dominio straniero. Se non ne rispettano gli usi e costumi, dovremmo disprezzarli. Devono distruggere ciò che conviene loro per essere riconosciuti uguali, per non dargli più importanza. Alla fine essi si renderanno conto che aderiscono al partito solo perché la vita che conducevano è già in rovina e hanno perso ogni speranza. All’interno del partito. Saranno liberi dalla disciplina che impone le richieste tedesche. Nessuno lo desidera. Discretamente, anche loro si sentiranno poi sollevati per essere sfuggiti con onore al rigore di questi requisiti.
L'operaio comunista è soltanto social-rivoluzionario, e questo per ragioni oggettive. Partendo dalle condizioni sociali e storiche della sua esistenza, è impossibile per lui – prima di tutto – essere un nazional-rivoluzionario. C'è una possibilità per il tedesco che il suo radicalismo sociale sia un esplosivo in grado di scavalcare l'ordine coercitivo di Versailles. Sebbene l'operaio comunista non dubiti del significato politico della sua azione, il fatto che la compia è già sufficiente.
I compiti più pesanti sono riservati agli strati non proletari. Il loro radicalismo sociale dovrebbe essere la prova della loro sincerità nazional-rivoluzionaria. La serietà della convinzione nazional-rivoluzionaria sarà il vero senso della loro vita. Il loro radicalismo sociale non è spontaneo, ma è necessario. Deve essere al di sopra di ogni sospetto. Questo è lo spirito di resistenza. Generalizzarlo ed estenderlo a tutte le classi non proletarie, ecco cosa si deve fare. Ciò richiede infinitamente più energia del salto liberatorio nel Partito Comunista. Quando il radicalismo sociale diventerà un elemento essenziale dell'atteggiamento generale di queste classi sociali, avrà una base di fiducia che consentirà loro di organizzare e andare incontro al lavoratore comunista. Il loro ardore nazional-rivoluzionario, la fermezza della loro volontà politica diverranno allora la forza motrice che potrà allargare la spinta in avanti rivoluzionaria sociale per compiere un'azione politica con un'apertura alare molto ampia.
La resistenza tedesca è dove si assicura che l'azione sociale rivoluzionaria serva ugualmente alla causa rivoluzionaria nazionale avendo come fine la caduta della società borghese ed è, allo stesso tempo, il punto di partenza per la resurrezione della Germania.
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