Scritto nel 1929, questo articolo di Niekisch sottolinea quanto è ancora necessario affrontare oggi: la totale sovrapposizione fra ideologie politiche e dominio geopolitico, ossia come il liberalismo sia nient'altro che il vincolo occidentale e inoltre la postura e il carattere centrale della Germania: essa, come l'Europa può essere vincolata all'occidente politico, ma aspira alla libertà orientale.
Un tempo l'Est era uno spazio che attirava i tedeschi, uno spazio in cui si diffondeva la loro cultura. Il popolo tedesco avanzò verso l'Est, conquistandolo, colonizzandolo, mettendoci le radici e creando un nuovo paese, dando così prova dell'inesauribile e generosa ricchezza del suo sangue. Il battito del cuore tedesco, forte e sicuro di sé, risuonò fino agli stati baltici. Grazie ai colonizzatori, che integrarono l'Est nel ritmo e nelle tradizioni e variazioni della loro esistenza, la forza viva della volontà di vita tedesca si estese quasi all'infinito. Assetata di imprimere la sua forma, ha sottomesso ciò che ha dimostrato, vicino e lontano, la legge della sua essenza. Un'audacia giovanile spingeva uomini temerari verso l'Oriente. Le loro avventure, le loro vittorie e le loro opere dello spirito inondarono le terre orientali, come una benedizione fruttuosa.
Quale profondo e brutale cambiamento è avvenuto da allora! La progressione tedesca verso l'Est divenne difensiva, e poi dalla difesa, alla ritirata. Per decenni, la Germania continuò a perdere il suolo che un tempo aveva conquistato. Nel 1918, la ritirata divenne una debacle fatale; nello stesso modo in cui crollò il fronte militare, così crollò ad est il fronte civile. Il flusso di slavi che premeva da dietro, impose al popolo tedesco delle frontiere insopportabili e da allora hanno continuato a stendere le mani verso il suolo tedesco. Stanchi della guerra, i tedeschi hanno lasciato i territori minacciati, fuggendo il dolore e le sofferenze delle regioni di confine. Noi diciamo che l'Est sta morendo. Oggi, ci sono solo due isole che lottano disperatamente per sopravvivere: Danzica e la Prussia orientale. Il Reich non fa nessun appello di incoraggiamento promettendo la fine del blocco; nessuna truppa è in marcia portando soccorso. Per il Reich, sono una situazione scomoda, un imbarazzo. "Accettare obblighi supplementari, perché?"
Certamente, non abbiamo perso la visione dell'impegno. Di volta in volta, dichiariamo tedeschi i partigiani di Danzica. Favoriamo gli stabilimenti secondo la legge sulla creazione dell'insediamento. Accordiamo generosi crediti alla Prussia orientale. Periodicamente, tentiamo di dimostrare la solidarietà con l'Est. Deploriamo i fallimenti di tali sforzi e le spese. Lo deploriamo e lo spieghiamo. L'esodo rurale è un tratto dell'epoca. In campagna non si gustano i frutti della vita di città. I piaceri offerti dalle città seducono e attraggono. Il lavoro in campagna è duro, i salari sono troppo bassi, gli alloggi insufficienti. Accettare le condizioni rurali è un sacrificio per coloro che hanno qualche esigenza.
Questa interpretazione della situazione si basa sull'opinione che il "progresso" sia l'essenza della città. Da questo punto di vista, i fondi inviati all'Est assumono l'aspetto di un'elemosina o, nel migliore dei casi, di un risarcimento secondo coloro che si sforzano di rinunciare ai piaceri offerti dal "progresso".
Questo atteggiamento si spiega con il fatto che la città è considerata come un luogo dove si può vivere bene, un luogo superiore, più alto nella scala dei valori. Così, nella città, vediamo il villaggio "dall'alto" e pensiamo che per essere "elevati", dobbiamo lasciare la campagna. Nell'ambiente urbano, il contadino è considerato "più comune", più rozzo, più incolto dell'abitante della città, è un po' "zotico".
La sopravvalutazione della città comprende evidentemente la sopravvalutazione di tutto ciò che essa produce: il suo modo di vivere, la sua struttura economica, il suo spirito, la sua civiltà. La sentiamo più "raffinata", più libera, "superiore alle altre". Le statue della città di Gand, risalenti al 1192, dichiarano con orgoglio: "La libertà della città di Gand è così grande che permette a tutti di vendere o dare in pegno i suoi buoni edifici, sottomettere alla giurisdizione della città, genitori o amici, alla quale nessuno può opporsi invocando legami di sangue o di vicinato". Questa liberalizzazione dell'economia deve opporsi alla "proprietà feudale del contadino". Come sembrerebbe "arretrato" o "retrogrado" rispetto alle statue di Gand del 1192, esse erano veramente progressiste! Così il barone von Stein disse: "come il soldato non ha il diritto di portare la sua pistola al banco dei pegni, il contadino non può ipotecare la sua terra". E Arndt scrisse: "Se vogliamo un paese forte e orgoglioso, dobbiamo avere la proprietà e un forte contadino. La terra non deve passare di mano come merce. La casa del contadino non deve essere una piccionaia dove si entra e si esce a cuor leggero. Quando ciò accade, l'onestà, l'onore e la fedeltà muoiono, e infine anche la campagna".
L'abitante della città è borghese nella misura in cui ama la libertà, lo spirito, la raffinatezza e si rallegra del successo sociale, è liberale. Il liberalismo è il prodotto delle città; "l'aria della città rende l'uomo libero". Ma il suo clima non è favorevole né all'onestà, né all'onore, né alla fedeltà. L'aria di città rode l'interno. Nei grandi centri urbani, infine, non rimane nessuno dei dolci ricordi di tale ingenuità contadina. L'uomo stellato è solo un oggetto commerciale che provoca ilarità nei giornali satirici e nei cabaret.
L'Italia del Rinascimento fu la culla della civiltà urbana. L'antico spirito romano fu riscoperto e nacque la "civiltà europea". Le radici dell'antica cultura mediterranea furono ricongiunte. La Francia offriva un terreno fertile per la civiltà urbana. La sua predisposizione spirituale e psicologica, probabilmente una reminiscenza dell'invasione romana della Gallia, era adatta ad essa. Come la Francia creò Parigi, la città per eccellenza, portò ugualmente la civiltà urbana al suo apogeo, dandole una forma esemplare e molto seducente. Tutte le città europee guardavano con invidia a Parigi. Lo spirito francese affascinò il mondo intero. Il percorso vittorioso della "cultura" francese provocò ovunque lo schiudersi dello spirito liberale, borghese e urbano. All'inizio, era nascosto dietro i modi di società regolati da principi assoluti. Ma nel 1789, si rifece il look e scelse l'abito corrispondente alla sua vera natura. Sotto la forma di mentalità borghese, liberale e occidentale, cercò allora di penetrare nei popoli che ancora gemevano sotto il "giogo del feudalesimo".
A partire dal Reno, in direzione dell'Est, i popoli erano sempre meno impregnati di liberalismo e di spirito urbano e rimanevano sotto il regime feudale. Per ragioni storiche e psicologiche, l'Est rimase lo spazio del feudalesimo, della mentalità rurale. Più si avanza verso est, più si affermano queste caratteristiche. La Germania, l'impero del centro, ha due mentalità. A ovest, siamo affascinati dalla civiltà occidentale e urbana, ma oltre l'Elba inizia la "barbarie", inizia l'"Elba dell'est".
Dal 1789, lo spirito civilizzatore dell'Occidente si sforza di sottomettere l'"Elba dell'Est". L'intera Germania deve essere conquistata al progresso, alla libertà, alla "luce"; deve essere "elevata" al rango dell'esistenza occidentale. Lo sviluppo dell'industrializzazione in Germania ha favorito queste tendenze. La relazione intrinseca tra civiltà, industrializzazione, capitalismo e borghesia divenne manifesta. La rivendicazione di libertà che sembrava opporsi ferocemente ad ogni sottomissione della coscienza è solo, in verità, una dichiarazione di guerra contro i vincoli economici; essa tende ad aprire la strada alla liberazione degli istinti egoistici e materialisti. Il principio materialista della lotta per la libertà tradisce il fatto che i suoi veri missionari sono economisti, come Adam Smith, e ugualmente Karl Marx, teorici dell'economia e non profeti o filosofi.
Bismarck lottò disperatamente contro questa ondata liberale e urbana durante il conflitto sul tema della costituzione e, ancora una volta, con le leggi antisocialiste. Ma l'onda lo travolse, fu costretto a concludere compromessi pesanti per le conseguenze. Guglielmo II rinunciò a perseguire questa impresa e divenne un imperatore liberale e borghese, anche se, consapevole della falsa situazione, si coprì nervosamente del manto delle vecchie tradizioni e insistette sulla conservazione di alcune forme tradizionali della costituzione. La sinistra tedesca è l'alleato dichiarato della civiltà occidentale contro il nemico comune, "l'Elba orientale", o diciamo attualmente, contro "il militarismo e l'autocrazia prussiana". Nel 1918, la parte filo-occidentale, liberale e civilizzatrice ha piantato la sua bandiera nel Reich. Questa bandiera nero-rosso-oro sventolava sulla Germania che non era più governata dalle leggi dei propri bisogni vitali ma da quelle delle potenze occidentali vittoriose, la cui civiltà non aveva dubbi.
Il principio liberale, il principio dell'essenza urbana dominava la Germania, poiché un intero popolo aveva ceduto al "fascino della città" e abbandonato questa essenza rurale. La vita sotto la dipendenza dall'estero, che il Diktat di Versailles aveva imposto alla Germania, portava alla proletarizzazione e alla sradicazione, inseparabili dal destino urbano.
Come poteva questo popolo, che aveva ormai basato la sua esistenza sull'"esodo rurale" e l'abbandono dei valori contadini, colonizzare di nuovo e conservare le regioni di frontiera dell'Est? I suoi tentativi di insediamento assomigliano a quei poveri giardinetti che vengono piantati tra le mura delle vecchie città per creare un piacevole arredamento. Non sono affatto il segno della sete di ritorno alla terra e dell'entusiasmo nazionale. L'orientamento verso l'Occidente è diventato il corso della vita tedesca, della sua volontà, della sua energia della campagna piatta e tonificante. A causa di questa deviazione, tutte le forze vitali cominciano ad esaurirsi. Lo spirito di civilizzazione ha un effetto, in generale, mortificante come lo spirito della città in particolare. Di conseguenza, il fianco orientale del Reich è indebolito, è senza difesa. Ogni colpo può ferirlo, ogni bassezza lo lacera.
La liberalizzazione e l'occidentalizzazione del Reich implica necessariamente la rinuncia all'Oriente. Integrandosi nella civiltà occidentale, il sentimento per l'Est, la sua virtù e i suoi valori si spengono. La forza di affermazione nazionale è pericolosamente paralizzata nella regione di confine dell'Est.
La Germania è liberale, borghese e occidentale, è incapace di reggere l'Est. E in quanto tale che rimane liberale, borghese e occidentale, deve accettare una ritirata dopo l'altra all'Est, sottomettersi a una sconfitta dopo l'altra. Aspirando ai valori borghesi e civilizzati, si negano i valori rurali e naturali. L'ingresso nella civiltà occidentale porta necessariamente all'abbandono della vocazione della colonizzazione dell'Est. Si tratta di perdite inevitabili le cui conseguenze sono fatali.
Evidentemente, con il suo riavvicinamento all'Ovest, la Germania non sostituisce ciò che ha perso abbandonando l'Est. La scala di valori borghesi e civili che ha adottato non nasce dal profondo del suo vero essere; questi valori vengono da un'essenza straniera, rappresentano l'atteggiamento spirituale e il sentimento di vita di un'altra umanità. Il tedesco, avallandoli, diventa un imitatore e un seguace. Per lui non sono la rappresentazione e la realizzazione della sua vera essenza, ma idoli freddi ed estranei, che vengono dall'esterno e richiedono la rinuncia alla propria personalità. Non corrispondono alla sua psiche e preme per plasmarla a loro immagine. Si trova davanti alla scala dei valori occidentali con la stessa incertezza in cerca di illusioni dell'uomo di campagna che si sottomette all'influenza della città. Lì si perde e perde il suo equilibrio. Non ha più i suoi istinti, crede di poter vincere perdendo. L'indebolimento della Germania segue la progressione del liberalismo e del suo imbarbarimento. Il declino è iniziato nel 1890 - e forse anche prima, a ben vedere. Quando il paese diventa interamente liberale, diventa totalmente impotente.
L'impiantazione della "civiltà" in Germania e l'indebolimento politico sono, senza dubbio, fenomeni paralleli. Questa impotenza incita il "vicino dell'Est" a cogliere l'occasione per prendere possesso di una regione indifesa. Il percorso che porta la Germania verso l'Occidente si traduce nella perdita della sua esistenza autonoma. L'Occidente fa la sua preda politica come prima la sua preda spirituale.
L'urbanizzazione e l'imborghesimento della Germania sono le vere cause del suo declino. Quando Stresemann, l'uomo più attivo della borghesia tedesca, ha consegnato, incondizionatamente e senza scrupoli, il futuro della Germania alle potenze occidentali, ha semplicemente applicato la legge fondamentale della politica tedesca borghese.
La ricostruzione del paese è possibile solo attraverso un ritorno: rispetto all'Est, rivolgendo un rifiuto all'Ovest, abbandonando il liberalismo borghese, e la civiltà europea. È vero che agisce da uno sconvolgimento radicale, perché oggi l'esempio russo fa tremare le anime borghesi. L'orientamento verso l'Est e l'abbandono dell'imborghesimento della Germania si situano sotto lo stesso piano. Questo nuovo orientamento verso l'Est significa il ritorno alla terra, la ribellione alla città, il coraggio di essere "barbari", rurali e primitivi. In queste condizioni, l'Est potrebbe aprirsi nuovamente al popolo tedesco che riscopre la forza di intraprendere grandi sviluppi politici. La nazione avrebbe di nuovo un terreno in cui potrebbe affondare radici profonde e sane.
Tuttavia, la Germania borghese è incapace di abbandonare volontariamente la civiltà in cui è racchiusa. La rinuncia al modo di vita borghese deriva da una rivoluzione sociale e da un pathos nazionalista, mirando a obiettivi nazionali. Ma dove troveremo il borghese tedesco che, in una rivolta nazionale, sarebbe prossimo ad accettare una rivoluzione sociale per riconquistare uno spazio vitale all'Est? È una domanda gravida di conseguenze per il futuro della Germania.
Ernst Niekisch - 1929
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