martedì 23 giugno 2020

Eurasia-Islam: il Reich del futuro (Martin Schwarz)

"L’imperialismo impone, l’Impero compone" Julius Evola


L’Eurasiatismo è una filosofia aperta, non dogmatica che può essere arricchita con nuovi contenuti: scoperte religiose, sociologiche ed etnologiche, ricerche geopolitiche, economiche, geografiche, culturali strategiche e politiche, ecc. Inoltre la filosofia eurasiatista offre soluzioni originali nei specifici contesti linguistici e culturali: l’Eurasiatismo russo non sarà lo stesso delle versioni francese, tedesca o iraniana. Tuttavia, la struttura fondamentale della filosofia rimarrà invariata“. Alexander Dugin, The Eurasian Idea (evrazia.org, 1)

L’idea (neo)eurasiatista, come presentata in una visionaria ma distinta struttura ideologica e geopolitica da Alexander Dugin, è nata nel centro del blocco continentale eurasiatico. L’integrazione dell’intero continente da Porto a Vladivostok può essere motivo d’ispirazione, l’importanza risiede nella realizzazione dell’imperativo anti-americano: fermare la crescita dell’influenza e del dominio atlantisti e farli regredire con misure culturali, economiche, politiche e – ovunque necessario – anche militari. I dettagli di una simile integrazione sono tuttavia legati alle circostanze locali. E per quanto appassionanti possano essere le bozze di A.Dugin riguardanti per esempio la saldatura dell’asse Mosca-Teheran, le prospettive e priorità da un punto di vista centroeuropeo e tedesco possono essere differenti, anche se potrebbero convergere in ultima istanza.

(Nota bene: da chi vive nel territorio degli USA l’idea eurasiatista può essere vista come un’alleata, nella misura in cui essi desiderano interrompere l’avventura imperialista (pseudo)messianica e perciò ridurre gli USA al loro territorio nazionale. In questo senso essi stessi possono seguire l’imperativo anti-americano.)

Il solo punto di partenza possibile per una ricostruzione ideologica dell’Europa Occidentale, essendo i paesi che la compongono non ortodossi, può essere la Reichsidee, l’idea del Imperium nella forma di evoluzione organica della storia europea. Come “Reich” può essere qui considerata un’unità sovranazionale che non imponga una struttura omogenea a genti, religioni e tradizioni, ma piuttosto le componga sotto una comune idea o meta. Ovviamente non è necessario utilizzare il termine “Reich” per avere un simile ordinamento.

La sostanza è quel che conta.

L’idea del Reich, un’eredità dell’Impero Romano e ancor di più una reminiscenza iperborea, è già una sintesi in opposizione al concetto occidentale di stato-nazione totalitario e democrazia liberale, i quali si sposarono con gli interessi dell’imperialista “impero” britannico ed ora con l’impero americano del mercato e del materialismo della globalizzazione atlantista. La Reichsidee viene da un passato lontano, ma i tre maggiori eventi storici del XX secolo non sono altro che tentativi di adattare e interpretare quest’idea.

Il primo nella Nibelungenbund 2 degli Imperatori Wilhelm di Prussia e Franz-Joseph d’Austria contro l’aggressione delle potenze occidentali (Einkreisungspolitik), ma fatalmente anche contro l’Impero russo, che in quanto terzo detentore della forma cristiana di Imperium, accanto alle versioni prussiana ed austriaca, avrebbe dovuto essere piuttosto un alleato contro le forze della dissoluzione, come nella “santa alleanza”, il cui momento storico è stato lasciato irrealizzato.

La seconda volta la Reichsidee è stata la forza guida della cosiddetta Rivoluzione Conservatrice in Germania e Austria, dove pensatori come Moeller van den Bruck, Edgar Julius Jung e Othmar Spann hanno riformulato la Reichsidee come un bastione contro la continua e forzata sovversione atlantista condotta attraverso liberalismo e marxismo. Ma in realtà il Reich è stato costituito solo in una forma eretica e deficiente, nel “Terzo Reich” o “Tausendjährige Reich” 3 di Adolf Hitler e Heinrich Himmler, ed ancora una volta l’esclusione della Russia è stata la ragione del suo fallimento finale.

In terzo luogo sotto la dominazione dei “liberatori” anglo-americani un tentativo di rimodellare la Reichsidee in una Comunità Europea, e quindi Unione, è stato compiuto sulla base della riconciliazione franco-tedesca. Gli impulsi d’indipendenza dalla dominazione americana, in questo caso sono giunti maggiormente dalla sponda francese (gaullista), ed ancora una volta la questione “essere o non essere” sarà l’inclusione o meno della Russia, ed esattamente questa è la questione eurasiatica vista dall’Europa Centrale, o Zwischeneuropa (così chiamata da Giselher Wirsing).

Ma oggi, all’inizio del terzo millennio, questo non è il solo problema urgente. Parimenti, se non anche più, urgente appare la questione delle relazioni con i vicini paesi islamici, una buona relazione diventando la spina dorsale vitale della geopolitica mediterranea. I paesi islamici sono stati designati quali principali nemici della globalizzazione anglo-sassone e larghe porzioni del mondo arabo sono già occupate dai militari imperialisti USA.

Sarebbe un errore enorme escludere i paesi islamici dalla prospettiva di una graduale ed organica integrazione nell’Impero Eurasiatico, se l’obiettivo è il contenimento dell’influenza mondiale americana.

Concetti quali la “Festung Europa”, la fortezza Europa, sono destinati a fallire al pari di qualsiasi concetto d’Europa in opposizione alla Russia. In entrambi i casi solo le forze dell’asse Tel Aviv-Londra-Washington trionferanno con la loro arrogante politica del “divide et impera”. E’ un dato di fatto che simili concetti d’isolazione europea in nome di una romantica Reconquista à la 1492 e 1683 ancora esistono nei cervelli di alcuni esponenti di una “Nuova Destra” identitaria. Questi propagandisti di un’auto-mutilazione di prospettive, guidati da un’irrazionale islamofobia, sono i “crociati dello Zio Sam” o la “fanteria ideologica del Likud”.

Detto questo, la possibilità di un accomodamento con il mondo islamico dev’essere esplorata. Con chi si può essere cooperativi? Con i regimi corrotti, che sono legati a Washington? Certamente no.

L’alternativa dev’essere compatibile in termini di struttura sia ideologica che organizzativa con il modello del Reich o Imperium, con la sua gerarchica, ma autonoma, struttura, basata sul rispetto della Tradizione e sull’apertura verso il futuro. 

In effetti il Califfato potrebbe essere l’esatta controparte del Reich e noi suggeriremmo di prevedere il progetto Eurasia-Islam primariamente come l’unità di Imperium (Romano e Cristiano), Reich (Germanico), Terza Roma (Russa) e Califfato (Arabo e Islamico). Così come il Reich ha conosciuto una vasta differenziazione in concetti e contenuti, c’è al momento – e forse sempre – una lotta tra la corretta interpretazione e realizzazione del Califfato, principalmente nei e tra i cosiddetti movimenti islamisti. Dev’essere riconosciuto chi è l’amico e chi il nemico – da un punto di vista tradizionale islamico, ed anche da un punto di vista europeo.

L’importante conferenza di Mosca, i cui documenti sono stati pubblicati con il titolo “Minaccia islamica o minaccia all’Islam?“, è stata orientata verso la giusta direzione. Il nemico è chiaramente l’Islam wahhabita, alleato di lungo corso degli atlantisti e in conflitto con la Tradizione e la pluralità dell’Islam. La questione dell’alleato non può essere così facilmente risolta in quanto le divergenze tra i rami arabo, turco e persiano devono essere appianate nei regni di quelle genti islamiche. Qualsiasi applicazione di una strategia imperialista di divisione è a lungo tempo controproducente al progetto eurasiatico.

La visione islamica del Califfato dev’essere sovranazionale al pari dell’Imperium.

Dunque, per noi il cuore dell’idea eurasiatista è la pacifica coesistenza del Reich europeo con il Califfato islamico sulle basi dell’anti-imperialismo e dell’indipendenza. 

Anche legami con Cina, India e Giappone sono i benvenuti – ed economicamente stanno effettivamente saldandosi – ma non così urgenti come la conciliazione tra l’Europa e i suoi vicini più prossimi.

L’importante congiunzione tra l’Europa e lo spazio vitale islamico è la Turchia. 

La Turchia è anche un paese dove sviluppi interessanti stanno prendendo corpo. Sembra essere in corso un processo per cui la Turchia svilupperà uno stabile bilanciamento con i suoi vicini arabi e iraniani – contro la politica distruttiva di USA, Israele e, per loro procura, dei Curdi. Un incoraggiamento da parte dell’Europa per la nuova politica di Erdogan e dei suoi islamisti moderati è una necessità urgente, ogni mancanza di riguardo da parte dell’Unione Europea potrebbe rivelarsi disastrosa per gli interessi europei. Anche i rapporti tra le due antiche rivali, Turchia e Russia, stanno migliorando, mentre d’altro canto si può già parlare d’un asse Mosca-Teheran, che è ancora l’obiettivo dell’aggressività statunitense ed israeliana, con il pretesto del “pericolo nucleare”.

La montante marea di agitazioni anti-turche promosse dai vecchi partiti atlantisti come la CDU e il FPÖ 4, sorrette dai media nelle mani del gruppo Springer, è il più grande ostacolo alla prospettiva di rimpiazzare il vecchio asse Washington-Ankara-Tel Aviv, che ha impedito a lungo l’integrazione eurasiatica, con un asse Parigi-Berlino-Ankara-Teheran.

Ora, quali sono le prospettive riguardo il propagarsi dell’idea eurasiatica a livello di Weltanschauung 5, e non più solo a livello economico, nell’Europa Centrale?

C’è un bel salto tra la maturazione della situazione an sich e la consapevolezza della situazione für sich, dovuto alla grande quantità di denaro dei circoli atlantisti e alla mentalmente inerte cosiddetta destra tedesca, e quindi al momento le prospettive anche solo d’influenzare il discorso per questa via sono pessime.

L’auto-dichiaratasi “Nuova Destra” o “destra intellettuale” non è infatti molto più che un gruppo lobbystico per la piccola frangia destrorsa dei neo-liberal Democratici Cristiani, o nel caso dell’Austria per i nazionalisti tedeschi (che semplicemente negano il XX secolo e ancora vivono nel XIX) del Partito della Libertà, i cui eroi Martin Hohmann o Andreas Mölzer emanano il discreto fascino degli anni ‘50, la “età dell’oro” di questo tipo di conservatorismo con il loro pomposo anti-comunismo e le loro crociate contro i foulard islamici, incapaci d’intravedere più grandi speranze.

Negli anni ‘60 e ‘70 una persona impressionante come Armin Mohler, considerato la guida spirituale della Nuova Destra tedesca, aiutò a legare i conservatori con la CDU, e il loro più militante partito gemello della CSU, ma perlomeno ha importato l’impulso gaullista e pavimentato la vita per la limitata, ma importante recezione della Nouvelle Droite. Oggi i “mini Mohler” sono ancora legati alla CDU, ma anziché aprire nuovi orizzonti per nuove idee, essi usano le loro energie solo per ruminare gli eroi degli anni ‘50 (Gehlen, Nebel,…) e bloccare idee nuove come le alternative eurasiatica ed euro-islamica (per esempio: Karlheinz Weißmann: Delikatesse gegenüber dem Hegemon, in “Sezession”, n.2 , luglio 2003; o più semplicemente: “Die Aula”, n. 1/2004, Europa oder Eurasien?).

Le Waffen-SS di Mohler sono state rimpiazzate dai più alla moda Widerstand (terroristi contro il Reich con lo scopo di riappacificarsi agli anglo-americani), ed il resto è nostalgia per le virtù prussiane, venerabili ma irrintracciabili nella realtà. La reale possibilità di una reincarnazione del Reich nell’estensione eurasiatica e con il compagno islamico è impedita per i successi populisti di alcuni candidati più conservatori o “volkstreu” come Hohmann e Mölzer. 

Similmente in Francia alcuni promotori della vecchia “Nouvelle Droite”, ora rivestiti da “Identitaires” investono la loro indiscutibile conoscenza della storia e della geopolitica nella prospettiva di una “Fortezza Europa”, condannata fin dalla nascita per i problemi demografici, essendo niente più che una casa altamente armata ma abitata da anziani, per gli ultimi di ieri.

Invece il piccolo cuore dell’avanguardia eurasiatica nell’Europa Centrale deve approdare a nuovi lidi, nell’ordine di trovare nuovi spunti della Tradizione eterna, e su questa via diventare i primi del domani.

L’Eurasia-Islam, il nuovo Reich, è ciò che noi dobbiamo, possiamo e riusciremo a costruire!



Note del traduttore D.S.:

1 La traduzione italiana (realizzata dal sottoscritto) del saggio citato è stata appena pubblicata sul numero 1 (ottobre-dicembre 2004) di Eurasia: rivista di studi geopolitici.

2 “Lega dei Nibelunghi”.

3 “Impero millenario”.

4 E’ doveroso registrare, a proposito, la recente dichiarazione di Jorg Haider a favore dell’ingresso della Turchia nell’UE.

5 Com’è noto, tale termine è traducibile come “visione del mondo”.

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