C'è una cosa che il socialismo non può ignorare: la realtà della Prussia.
Là infatti, come sia Oswald Spengler che Moeller van den Bruck hanno identificato nello "stile prussiano", c'è il tipo di socialismo di Stato che auspichiamo sorga nei territori tedeschi; esiste già in questi in forma embrionale. C'è quella scelta per il “Noi” sull’ “Io”, per l'unità nella polarità, la già manifestata (in contrasto con la concezione marxista della società) auto-esistenza creativa, fondata nel sangue e nell'acciaio - e vissuta come una volontà, non come un'opportunità speciale.
Certo, bisogna tenere presente che c'è un altro aspetto di queste cose: non è un caso che la sintesi sia diventata “Prussianesimo e Socialismo” *, ad es. La glorificazione di Spengler del "umano carnivoro". Anche il principio prussiano è oggi in pericolo di essere utilizzato in modo improprio.
Solo la Prussia è storicamente capace, vedendosi sempre come il correlato dell'eterno tedesco; solo la Prussia, che riprende l'antica tradizione Junker, soddisfa le richieste del barone von Stein di coinvolgere il Volk nella responsabilità dello Stato.
Tuttavia, non si dovrebbe mai rispondere alla venerazione di quell'antico prussianesimo, popolare in alcuni ambienti, - come vediamo riflessa negli scritti di A. Ludwig von der Marwitz (58), con le loro incredibili invettive verso le “leghe giovanili”, il loro disprezzo per la liberazione dei contadini, per le riforme dell'autogoverno, e anche per i "giacobini" del 1813 † - con qualcosa di diverso da una dichiarazione di guerra.
Non forme transitorie di statualità prussiana, antagonismi irriducibili nati da un periodo di sconvolgimenti, ma piuttosto l'appello ad essere “servitore dello stato”, come vissuto e incarnato da Federico II - cioè il potere formativo a cui non si può rinunciare e che invece costituisce la base del potere statale, come in effetti la Russia ha ben preso atto. Quella Prussia di cui sognavano gli ordini cavallereschi quando eressero i massicci bastioni di Marienburg ‡ - e anche su questo bisogna essere chiari - è un'altra fonte di volontà, inaccettabile se non si è pronti ad accettare le fondamenta della fede dietro i voti che hanno plasmato le persone, la natura e le storie dei Cavalieri Teutonici e hanno determinato la direzione della loro volontà: il cristianesimo.
La logica unificante dell'odierna idea di stato "pagana" non deve essere tratta da Hermann von Salza §, né da Ludwig von der Marwitz; solo dalla Potsdam di Federico il Grande si può fare il salto sui filosofi dello Stato totale di Hegel e della sua inversione marxista per arrivare alla statualità socialista di domani.
Perché questo nazionalismo non è cristiano [unchristliche], allora e adesso. Il destino personale dell'ufficiale prussiano Trenck ** mostra di cosa si tratta: immerso personalmente dal Re nelle profondità più dolorose, questo ex favorito del Re e amato dalla sorella del Re, dopo nove anni di sofferenza disumana nelle casematte di Magdeburgo, alla fine di un'esistenza in rovina, ha dedicato la confessione della sua vita allo "spirito di Federico l'Unico".
Ciò dimostra chiaramente che in Prussia nessun giuramento è soggetto a revoca.
Solo attraverso questo ethos, che in modo univoco e irrevocabile è in grado di legare i tedeschi di domani alla nazione socialista, vivrà la Germania.
E quindi:
Prussia deve essere.
Prussia come atteggiamento.
Prussia come principio.
Prussia come realtà spirituale.
Come ha detto Moeller van den Bruck: (59) “La Germania non può fare a meno della Prussia, perché non può fare a meno del Prussianesimo.
"Il Prussianesimo, che è volontà di stato e riconoscimento che la vita storica è una vita politica in cui dobbiamo agire come un popolo politico".
Inutile dire, naturalmente, che non si tratta del paese della Prussia - che dovrà essere subordinato al concetto di unità organica e decentralizzata attraverso la struttura del consiglio delle regioni tribali (il cuore ancestrale della Prussia in effetti non è stabilito su un "nuovo concetto tribale" biologicamente distinto bensì storicamente esistente) - ma l'impulso di volontà della Prussia. Si potrebbe anche dire che si tratta della "Prussianizzazione" della Germania.
Il socialismo trasformerà i "cittadini" tedeschi in appendici dello Stato tedesco; le contraddizioni tra Nazione, Popolo e Stato saranno abolite e rimodellate in una nuova sintesi.
È ovvio che l'antica "idea imperiale" medievale [Reichsidee] del sovrano cristiano sovranazionale, che l'imperatore tedesco incarna ancora alla Dante ††, non ha nulla a che fare con questo. Anche il suo obiettivo finale, la "pacificazione del mondo da parte dello scettro dell'Imperium", è svanito nell'irrilevanza. La Germania socialista è di un'essenza completamente diversa.
Eppure rappresenta ugualmente i tedeschi.
Fonte:
Dal Manifesto Nazional Bolscevico scritto da Karl Otto Paetel nel 1933
Note:
58 “Prussian Nobility” [“Preußischer Adel”], by Korn, Breslau.
59 “The Prussian Style” [“Der Preußische Stil”], Piper & Co. Publishers, Munich.
Note del traduttore inglese:
* A clear reference to Spengler’s work Prussianism and Socialism, which also argued for a synthesis of socialism with Prussian ideals, although from a more conservative standpoint than that advocated by Paetel.
† Friedrich August Ludwig von der Marwitz was a Prussian general, politician, and vociferous political opponent of Baron von Stein. His heart lay with the old Prussian nobility, which he saw as the basis of the Prussian state – as a result he was ardently opposed to the wide-ranging political reforms sponsored by Stein, which (while still aiming to preserve Prussian tradition and an anti-Enlightenment sentiment) broke up some of the state’s absolutist structures, reduced the powers of the nobility, and made citizens theoretically equal before the law. “The ‘Jacobins’ of 1813” is a reference to a number of military reforms implemented in that year, specifically the abolition of nobility privilege (i.e. promotion based on background rather than ability) and the introduction of compulsory military service (conscription). Marwitz was opposed to these changes and was fond of calling their backers ‘Jacobins’ in reference to their supposed radicalism.
‡ The ‘Ordensburg Marienburg’, today located in Poland, is the world’s largest castle, a massive medieval fortress originally built by the Teutonic Knights sometime around 1300.
§ Hermann von Salza was the leader of the Teutonic Order between 1210-1239. He was a confidante of Emperor Frederick II and acted as a diplomatic intermediary between the Papacy and the Holy Roman Empire. His expansion of the Teutonic Order into the areas north of the Vistula river, a crusade to force by the sword the conversion of the region’s pagans, laid the foundations for the establishment of what eventually became Prussia. Paetel here is rejecting the two separate visions of Prussia which he claims Salza and Marwitz represent – one knightly and Christian, the other aristocratic and elitist. Paetel instead suggests that National Bolshevism’s Prussian inspiration should be sought in the legacy of Frederick the Great.
** “The Prussian officer Trenck” is Prussian nobleman and writer Friedrich von der Trenck. Trenck, an officer in the armies of Frederick the Great, was imprisoned in 1745 on unclear charges – possibly due to accusations of espionage, possibly due to his alleged infidelity with Frederick’s sister, Princess Amalie. Trenck escaped from prison and spent a number of years as a mercenary, until he was captured again in 1753 and sentenced by Frederick to incarceration within Magdeburg Citadel. Trenck spent nine years confined in Magdeburg, bound in chains inside a casemate – a tiny, fortified chamber beneath the ramparts, intended for sheltering stores and archers in times of siege. He was eventually freed due to the intercession of Holy Roman Empress Maria Theresa. In the following years he became a writer and trader in wines, until in 1794 in Paris he was arrested by the French revolutionary government on charges of spying and executed via guillotine. Paetel here is quoting from Trenck’s memoirs, written while imprisoned in Magdeburg, which begin with the dedication: “To the spirit of Frederick the Unique, King of Prussia, my Life."
†† Paetel is probably referring to Dante Alighieri’s three-volume political treatise De Monarchia. Dante’s Monarchia argued for the separation of Church and State, but also valorized medieval conceptions of the Emperor (partly by way of approving reference to the Holy Roman Emperor) as the source of absolute power and authority and the guarantor of divine order.
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