venerdì 14 maggio 2021

Mussolini, Bombacci, Silvestri: tre socialisti riscrivono l'Italia

Mussolini, Bombacci, Silvestri, Giramondo, tricolore, fascio e martello

La Repubblica Sociale Italiana sarebbe dovuta essere, ad avviso di Mussolini, una “Repubblica Socialista Italiana” e non solo nel nome, anche nei fatti.
L’ultimo Mussolini infatti, ritrova tutta la verve socialista rivoluzionaria degli anni giovanili; questo è ben visibile dalla legge del febbraio 1944 detta “della socializzazione”: la legge socialmente più avanzata della storia d’Italia grazie alla quale gli operai entrerebbero direttamente nella gestione delle aziende. La legge in questione, benché approvata, non entrerà in vigore davvero a causa dei nazisti, impegnati nella guerra e a quel punto molto più vicini ai borghesi che al Duce.

In questo scenario di ritorno al socialismo, hanno grandissima importanza le poche persone che frequentavano il Duce assiduamente: fra queste soprattutto Nicola Bombacci e Carlo Silvestri. Il primo fondatore del Partito Comunista il secondo esponente del socialismo riformista. Questi tre socialisti italiani s’incontravano spesso e nel segreto dello studio di Mussolini, passavano ore in speculazioni che purtroppo non potremo mai apprezzare.


Frutto della loro amicizia è il caso giornalistico che esplose dal 12 al 23 marzo 1944 con una serie di articoli pubblicati sul Corriere della Sera. Tutta la serie si intitolava “analisi anatomica del fallito sciopero”, ma i recenti scioperi erano solo il pretesto per affrontare una complessiva storia d’Italia. Questa serie di articoli veniva firmata dallo pseudonimo di “Giramondo” che si celasse la triade Mussolini-Bombacci-Silvestri. La particolarità degli articoli è nel modo in cui viene affrontata la questione storica e cioè in maniera totalmente svincolata dalle censure e dai controlli vigenti all’epoca. Divideva gli antifascisti in onesti e meritevoli di rispetto e disonesti asserviti allo straniero; esaltava le origine socialiste del fascismo; avanzava ipotesi di compromesso storico fra fascismo e socialismo. L’unico che poteva permettersi la pubblicazione di questi articoli eretici sulla prima del Corriere era il Duce, ma avendo gli articoli alcuni passi la cui prosa sembra quella di Bombacci e altri quella di Silvestri, è possibile che gli articoli venissero scritti a sei mani. Nemmeno Ermanno Amicucci, direttore del giornale, conosceva l’autore degli articoli e infatti si lamentò con il podestà di Milano, tramite il quale li aveva ricevuti, perché gli fanno saltare la pianificazione del quotidiano, ma soprattutto perché in definitiva non vuole pubblicare articoli scomodi. Infatti scrive “L’articolo di domenica porta un inciso riguardante Filippo Turati il quale viene definito degno e fiero italiano anche negli anni del 1926 al 1932 quando fu fuoriuscito a Parigi. Io ho corretto questo inciso attenuandolo.(…)Nel secondo articolo parla dell’onesto Ivanoe Bonomi(…) e io non ritengo sia conveniente dirlo così apertamente dato che si tratta di un antifascista(…)”.

Mussolini t shirt, magliette fascismo, bolscevismo, comunismo
Comunque sia i lettori si appassionarono a questi articoli, che attribuivano completamente al Duce, tanto da far aumentare la tiratura del Corriere della Sera. Come si è detto dietro però c’erano anche gli altri due e questo è chiaro da vari passi degli scritti. E’ sicuramente Bombacci quello che scrive “E’ la ragione per cui Lenin Trotzkij e Stalin non hanno mai preso sul serio i comunisti italiani; è la ragione per cui Lenin ad una delegazione di socialisti italiani da lui ricevuta al Cremino, rivolse questa invettiva: In Italia c’era un solo socialista capace di guidare il popolo alla rivoluzione: Mussolini! Voi lo avete perduto e non siete stati capaci di recuperarlo”. Questo fatto era all’epoca conosciuto solo da Bombacci per cui sicuramente lui lo fece scrivere. Sono invece di Silvestri tutti gli elogi verso i socialisti come Turati e Treves: “Mussolini fu onorato (si, onorato) di succedere nella direzione dell’Avanti a Claudio Treves(…) Sciogliamo una riserva e, come italiani, siamo lieti di additare proprio noi l’esempio di Turati, Treves (e in verità molti altri) che, fuoriusciti a Parigi, dimostrarono lo stesso ribrezzo, che avrebbero mostrato per la scabbia, nei confronti del denaro collaborazionista del Douxieme Bureau”. Questi passi, se pensiamo all’epoca in cui vennero scritti, erano sconcertanti. Ancora, per esempio, si parlava di “antifascisti che hanno pagato la propria tenacia e dignità e fascisti che dal Fascismo avevano avuto tutto quello che non meritavano” o c’erano ovviamente riferimenti alla socializzazione “(…)Se non fosse sopravvenuta la guerra essa sarebbe stata effettuata nel 1939-1940, ma era già chiara nella mente di Mussolini nell’ottobre del 1920, durante l’occupazione delle fabbriche, quando disse a Buozzi segretario della Fiom: Se voi siete decisi a fare la rivoluzione, io sarò al vostro fianco e vi darò l’appoggio delle forze che mi seguono”.

Questi articoli dunque si pongono proprio nel solco di quella volontà socialista presente nel Fascismo originale che, negli anni della RSI, torna ancora più consapevolmente. Nelle speranze dei rivoluzionari di allora c’era la volontà di riavvicinare le potenze dell’Asse con l’Unione Sovietica, in un progetto di ostilità agli alleati liberal-capitalisti. Sappiamo che tutto questo non poté avvenire, per l’opposizione dei nazisti e per l’inevitabile piega presa dalla storia, ma l’esempio di quegli uomini così coraggiosi e illuminati sottolinea la possibilità di alternative concrete da costruire.

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