lunedì 25 maggio 2020

Citazioni di Karl Otto Paetel

"Il marxismo è certamente realizzabile, però non è realizzabile se si dimentica la necessità della lotta di classe elevata a principio per il proletariato tedesco. Il proletariato tedesco è la parte che più ha sofferto a causa della Pace di Versailles; l’intellettuale nazionalista che si stacca dalle contingenze di classe per adottare una prospettiva passiva deve modificare le sue attitudini e appoggiare attivamente il combattimento del proletariato tedesco, perché un proletariato depotenziato debilita tutta la Nazione"
K.O.Paetel, Cit.in Eeckhoudt Bertrand, Fundamento del pensamiento «Bundisch»,

"La realizzazione dei nostri obiettivi conduce allo Stato popolare dei consigli, libero e tedesco, espressione dell’auto-amministrazione del popolo lavoratore[…]Il nazionalismo rivoluzionario vede nell’organizzazione dei consigli, […]la garanzia delle responsabilità politiche e del controllo economico della Comunità di Popolo, prefigurata dalle prime forme di governo germaniche"
K.O.Paetel, cit in.Thierry Mudry, in Niekisch Ernst, Est e Ovest, S.E.Barbarossa, Milano, 2000, pag.174

"L’attività ideologica di Paetel raggiunge il culmine col suo Manifesto del Nazionalbolscevismo del gennaio 1933, diretto contro Hitler, cui Paetel rimproverava di mantenere stretti contatti con la Chiesa Cattolica e gli elementi più reazionari della società tedesca.[…]Paetel accoglie la dimensione comunitaria dell’esperimento sovietico, ma nega l’economicismo e il determinismo marxisti"
Luc Nannes, cit.in. Rossi M., Nazionalbolscevismo: un aspetto del nichilismo nazionalsocialista, Risguardo IV, edizioni AR

"Siamo socialisti.
Ciò significa che in ottica rivoluzionaria promuoviamo:
La nazionalizzazione della proprietà terriera.
La divisione del latifondo.
Ogni proprietà terriera sarà in futuro territorio della Nazione;
Il trasferimento della proprietà di tutte le grandi e piccole realtà industriali, delle banche, dei grandi magazzini, delle risorse minerarie, delle miniere, dei mezzi di trasporto al popolo;
La pianificazione dell’economia statale con monopolio del commercio estero;
Gli armamenti nelle mani della comunità: fondazione dell’esercito popolare.
Tutte le teorie su “partecipazione agli utili” e direzione privata d’azienda che garantiscano anche solo parzialmente la proprietà privata dei mezzi di produzione o la produttività del terreno, sono manovre diversive semifasciste
[…]La legge fondamentale del vero socialismo nazionalista resta: l’economia nelle mani della Nazione. Questo vale sia per le aziende industriali, che per la richiesta della proprietà, ma soprattutto anche come costituzione dell’autarchia e del monopolio del commercio estero"
K.O.Paetel, Manifesto nazionalbolscevico, 1933

domenica 24 maggio 2020

La rivoluzione conservatrice in Germania (Armin Mohler)


1918-1932 I "Nationalrevolutionäre" e l'Est

Il vecchio schema [destra-sinistra, NdE] cade per quel che concerne non solo la politica interna, ma anche quella estera. Il modello nazionalrivoluzionario fa sorgere nuove prospettive. Finora "nazionale" è stato identificato con "antibolscevico" e quindi con "antirusso". Ciò vale genericamente sia per i "Voelkischen" che per gli "Jungkonservativen", anche se questi ultimi espressero l'idea d'una copertura alle spalle, con una certa diffidenza però, da parte dell'Unione Sovietica. I "Nazionalrivoluzionari" occupano una posizione ben diversa: tra di essi il nazionalboiscevismo ha i suoi maggiori fautori. Nel 1929 venne edito il libro di Ernst von Salomon Die Geächten (i proscritti), opera molto significativa per i "Nazionalrivoluzionari" : "Là dove, dopo la disfatta, si trovavano uomini che non volevano abdicare, si ridestò una indeterminata speranza nei confronti dell'Est. I primi che osarono pensare al "Reich" futuro anelavano istintivamente che l'esito della guerra avesse rotto ogni legame della Germania con l'Occidente". Nella Russia non viene visto dunque soltanto il nemico di Versailles. Essa è terra di miseria e di fame, alla ricerca di un sistema anticapitalistico e con caratteristiche nazionali. Schauwecker, in Deutsche allein [1931, NdE], fa dire ad un comunista russo: "Ho fatto la grande scoperta che la Russia esiste... tra dieci anni molti uomini in Russia lo diranno e molti già oggi lo sanno, perciò Trotzky dovette andarsene. Perchè è marxista, un vero marxista! Ma questo non è niente per la Russia! Il bolscevismo, questa è la Russia!".

Sinistra, Destra, Superamento! (Costanzo Preve)

In primo luogo, con la stragrande maggioranza dei cosiddetti intellettuali comunisti e marxisti, ho dato per scontato per almeno un ventennio che la sinistra fosse l’unico luogo storico e culturale possibile non solo per la rivoluzione, ma anche per la razionalità e il progresso dell’umanità. Si trattava di un presupposto di autosufficienza che conteneva un aspetto parzialmente narcisistico, evidente oggi nella crociata antiberlusconiana di personaggi che approvano tutte le guerre imperiali americane, ma poi credono che il problema dei problemi sia il cattivo gusto delle televisioni private o il conflitto di interessi. Questo presupposto di autosufficienza mi spingeva ovviamente a condividere il "tabù dell’impurità" verso chiunque si dichiarasse di destra o di estrema destra. Non mi era chiaro, e non poteva esserlo ai miei coetanei ingannati, che il prolungamento di questa guerra civile simulata serviva soltanto a riprodurre un sistema politico consociativo (ancorché migliore di quello nato dopo il 1992 ad opera del colpo di stato giudiziario di Mani Pulite). In poche parole, per dirla in termini cartesiani, non ero stato ancora investito né dal dubbio metodico né tantomeno dal dubbio iperbolico.

In secondo luogo, ripeto quanto già scritto in molte altre sedi, e cioè che considero gli esiti storici del Sessantotto un episodio della storia dell’individualismo radicale contemporaneo (chi ha sostenuto con migliori argomenti questa tesi è stato il francese Lipovetsky). Il Sessantotto, almeno in Italia e Francia, si caratterizza per la compresenza di una spinta irresistibile alla modernizzazione post-borghese dei costumi, da un lato, e di una falsa coscienza ideologica che mascherava questa modernizzazione post-borghese con l’assunzione di una utopia comunista e libertaria, vissuta peraltro in buona fede in quasi tutti i casi. In quanto tale, il Sessantotto non è dunque la matrice dei partitini rivoluzionari del periodo 1969-1977 e neppure della lotta armata brigatista in Italia. L’ideologia di destra che fa questa equazione è del tutto fuori strada.

Aspetti politici del pieno impiego (Michal Kalecki)

I
[La dottrina economica del pieno impiego]


I.1

Una solida maggioranza degli economisti è oggi dell’opinione che, anche in un sistema capitalista, il pieno impiego possa essere assicurato da un programma di spesa del Governo, purché siano disponibili impianti adeguati ad impiegare tutta la forza lavoro esistente, e purché sia possibile ottenere in cambio delle esportazioni forniture adeguate delle necessarie materie prime che devono essere importate dall’estero.

Se il Governo garantisce investimenti pubblici (ad esempio costruisce scuole, ospedali e autostrade) o sostiene con sussidi il consumo di massa (con gli assegni familiari, la riduzione delle imposte indirette, o con sussidi diretti a mantenere bassi i prezzi dei beni di prima necessità) e se, in più, queste spese sono finanziate con un maggiore indebitamento e non con la tassazione (che potrebbe avere un effetto negativo sugli investimenti e sui consumi privati) allora la domanda effettiva per beni e servizi può essere incrementata fino al punto che corrisponde al raggiungimento del pieno impiego.

Si noti che questa spesa del Governo incrementa l’occupazione non solo direttamente ma anche indirettamente, dal momento che i redditi più elevati che essa genera provocano a loro volta incrementi secondari della domanda di beni di consumo e di investimento.

giovedì 7 maggio 2020

L’indistinzione (Alain de Benoist)

La storia degli ultimi due millenni trascorsi è quella di una lenta crescita dell’indistinzione, che inizia con il monoteismo. L’affermazione di un Dio unico implica, infatti, quella dell’unità della famiglia umana, non più al livello della specie biologica, ma dal punto di vista spirituale. Dire che c’è un unico Dio significa affermare, al contempo, che tutti gli uomini formano un’unica famiglia, e squalificare tutti gli altri dèi, il che equivale a instaurare un nuovo regime di verità dove l’alterità diventa fonte di menzogna o d’errore. «Uno fu la specificità della cultura giudaico-cristiana e poi di quella moderna», scrive Michel Maffesoli. L’Uno esclude l’Altro, che minaccia la sua esclusività. L’Altro può dunque a buon diritto essere soppresso. Nel corso della storia occidentale, il fantasma dell’Uno non ha smesso di funzionare come principio direttivo. Fattore di intolleranza, di esclusione e di separazione, poi di atomizzazione, ha nutrito tutte le inquisizioni, giustificato tutti i tentativi di sopprimere l’alterità.

Il socialismo: oltre la destra, oltre la sinistra, oltre la modernità (Alain de Benoist)

Nel gennaio 1905, il «regolamento» della Sezione francese dell’Internazionale operaia (SFIO) – il partito socialista dell’epoca – indicava ancora quest’ultima come un «partito della classe operaia che si prefigge di socializzare i mezzi di produzione e scambio, ossia di trasformare la società capitalistica in società collettivista o comunista, attraverso l’organizzazione economica e politica del proletariato». Beninteso, nessun partito «socialista» oserebbe oggi dire una cosa del genere, essendo i socialisti diventati socialdemocratici o social-liberali.
Che oggi la «sinistra», nella sua quasi totalità, sia divenuta riformista, che abbia aderito all’economia di mercato, che si sia progressivamente separata dai lavoratori e dalle classi popolari, non è certo una rivelazione.

Finanziarismo, fase suprema del capitalismo (A. Dugin)

1. In quale sistema di coordinate esaminare il fenomeno del "finanziarismo"

Il capitalismo finanziario rappresenta una variante casuale della sostanza comune dello sviluppo del sistema capitalistico? Oppure è l'estrema incarnazione di tutta la sua logica, il suo trionfo?
La risposta a questa domanda non si trova nei classici del pensiero economico, dato che il loro orizzonte era limitato alla fase industriale dello sviluppo, la tendenza generale e la pregnanza di senso economico della quale essi (soprattutto i marxisti) indagarono in modo corretto e completo. La società postindustriale costituisce per molti aspetti una realtà oscura. Nel suo studio non esistono classici riconosciuti, sebbene molti autori abbiano gettato uno sguardo molto approfondito su questo fenomeno. Allora, comprendere il "finanziarismo" tocca proprio a noi, che ci piaccia o no.
Perfino per potersi accingere ad un'adeguata disamina di questo tema, occorre gettare uno sguardo sulla storia del paradigma economico, ritrovarvi il posto del "finanziarismo" non semplicemente dal punto di vista della cronologia quantitativa, bensì dal punto di vista della rilevanza qualitativa di questo fenomeno nel contesto generale dello sviluppo dei modelli economici.
Ma già qui, allo stadio zero di impostazione del problema, ci imbattiamo in un'incertezza, che erode il quadro dell'analisi. Esiste davvero un'unica storia dell'economia?  Una tale storia è esistita, per di più in due (o tre?) versioni alternative. Questa storia dell'economia è riconosciuta così da posizione liberale (il capitalismo è l'espressione del moderno e più progressivo paradigma dell'economia), come da posizione marxista (il socialismo e il superamento del capitalismo sono il moderno e più progressivo paradigma dell'economia). Vi fu ancora un terzo indirizzo (cioè la "eterodossia economica"), la quale in assoluto rifiutava di valutare il paradigma economico secondo questa rozza formula (progressivo - non progressivo) come gli economisti classici. Ma questa scuola economica della "terza via" (della quale ho esposto una relazione nel quadro della "Collezione Economico-Filosofica"), nonostante la presenza nei suoi ranghi di economisti e filosofi di alta classe, rimase marginale.

Stalin, Trotckij e l'alta finanza

Christian Georgjevic' Rakovskij (1873-?) nacque da una famiglia di grandi borghesi ebrei stanziati in Bulgaria. Il suo consanguineo e intimo amico Lev Davidovic' Braunstein (Trosckij) lo definisce "una delle figure più internazionali nei moti europei" (1). Infatti Rakovskij, dopo aver fatto propaganda marxista in Romania ed aver rappresentato i socialisti bulgari ai congresso dell'Internazionale di Zurigo, partecipò alla vita del partito socialista francese, entrò in contatto con l'ebrea Rosa Luxemburg, prese parte alla rivoluzione ebraico-bolscevica in Bessarabia, divenne uno dei capi della federazione dei soviet, uno dei fondatori dell'Internazionale comunista, presidente del soviet ucraino dei commissari del popolo, diplomatico dell'URSS in Inghilterra e in Francia, Nella lotta fra Trockij e Stalin, Rakovskij fu naturalmente al fianco del suo consanguineo, col quale organizzò la cosiddetta "opposizione di sinistra", che fu in realtà l'opposizione sionista al potere di Stalin. Il ruolo di Rakovskij in seno alla setta trockista è stato messo in rilievo dagli ebrei Deutscher e Schapiro (2), mentre un suo scritto antistalinista è stato pubblicato qualche anno fa dalla casa editrice Samonà e Savelli (3).

venerdì 1 maggio 2020

La dottrina delle tre liberazioni (Carlo Terracciano)



Libertà va cercando ch’è sì cara,
Come sa chi per Lei vita rifiuta.
Dante Alighieri

PREMESSA
La Libertà è parte stessa dell’Essenza e dell’esistenza di un uomo, come di un popolo; d’ogni Uomo e d’ogni Popolo in quanto tali.
Tant’è vero che viene oggi considerata un Diritto fondamentale di ogni cittadino e fin dalla più remota antichità la differenza sostanziale tra gli uomini era appunto rappresentata dalla facoltà o meno di poter disporre liberamente di se stessi e dei propri beni. In mancanza di essa si cadeva in schiavitù, nella disponibilità quindi di altri che potevano disporre a loro piacimento e spesso capriccio della persona dello schiavo, fino a privarlo della vita stessa.
La schiavitù nel mondo è stata abolita ufficialmente da meno di un secolo e mezzo, a parte casi più recenti, ma solo per essere spesso sostituita da forme più larvate e subdole di dominazione praticamente totale ed assoluta su uomini, popoli, nazioni, interi continenti, fino ad avviluppare l’intero globo. Dominazione militare, economica, politica, religiosa, psicologica, culturale ed al giorno d’oggi persino biologica, informatica, ambientale ecc…
Sulla natura ed il contenuto della libertà, come sui suoi limiti si sono misurati per millenni gli intelletti più acuti dei “filosofi”, nel senso etimologico del termine.

Comunismo anticomunismo

L'anticomunismo è una malattia difficile da combattere, come pure l'antifascismo; sono virus ormai diffusi e presenti in profondità in tutta la società occidentale. Essi vivono senza più motivo alcuno se non quello di essere utili alle oligarchie liberal-democratiche che li usano per saldare continuamente il loro potere.

Per quanto riguarda l'anticomunismo, la questione è un po' più complessa di quella che riguarda il gemello. Infatti la paura del rosso, oltre ad essere errata in sé, sembra anche ingiustificata a livello politico. Il comunismo puro oggi non esiste più, e oggetto dell'anti sono i comunisti, cioè i singoli individui che si dicono comunisti. Il comunismo forse verrà rievocato per il bene di tutti, ma oggi i comunisti (o molti di essi) dicono di essere tali essendo in realtà altro. Se essi percepissero correttamente la questione abbandonerebbero d'un tratto il loro antifascismo e gran parte del fosso sarebbe superato; invece pochi ambienti hanno questo coraggio. Certo la cosa sarebbe ancora più facile se anche da parte fascista o nazional-socialista si compissero passi del genere, invece anche in questi ambienti, ma qui qualcosa si muove, c'è poco coraggio.

L'Europa fino a Vladivostok (Jean Thiriart)

Storia e geopolitica


La storia ha conosciuto le città-stato: Tebe, Sparta, Atene, poi Venezia, Firenze, Milano, Genova. Oggi essa conosce gli stati territoriali: Francia, Spagna, Inghilterra, Russia. Infine scopre gli stati continentali, come gli Stati Uniti d'America, l'attuale Cina e l'URSS di ieri. (1) Oggi l'Europa attraversa una fase di trasformazioni. Essa deve passare dallo stadio più o meno stabile degli stati territoriali allo stadio dello stato continentale. Per la maggioranza delle persone questa transizione è ostacolata dall'inerzia mentale, per non dire dalla pigrizia di pensiero. Pur essendo grande quanto un fazzoletto, Sparta era vitale sul piano storico, in quanto era vitale prima di tutto nel suo aspetto militare. Le dimensioni di Sparta, le sue risorse erano sufficienti a contenere un esercito capace di incutere rispetto a tutti i suoi vicini. Qui ci avviciniamo al problema capitale della vitalità degli stati. La città-stato storica è stata sostituita dallo stato territoriale. L'Impero romano ha preso il posto di Atene, Sparta, Tebe. E senza sforzo (2). Oggi la vitalità storica dello stato dipende dalla sua vitalità militare, a sua volta dipendente da quella economica; il che ci conduce alla seguente alternativa. Prima ipotesi: gli stati territoriali sono costretti a divenire satelliti degli stati continentali. Francia, Italia, Spagna, Germania, Inghilterra, rappresentano solo la finzione di stati indipendenti. Da tempo, dal 1945, tutti questi paesi sono divenuti satelliti degli Stati Uniti d'America. Seconda ipotesi: questi stati territoriali sono trasformati in un unico stato continentale - l'Europa.

Thiriart il Lenin della rivoluzione europea (R. Pellissier)

Co-fondatore del Comité d'Action et de Défense des Belges d'Afrique (CADBA), costituito nel Luglio 1960 immediatamente dopo le violenze di Léopoldville e di Thysville, di cui furono vittime i Belgi del Congo, e co-fondatore del Mouvement d'Action Civique che successe al CADBA, il belga Jean Thiriart nel Dicembre 1960 lanciò l'organizzazione Jeune Europe che per diversi mesi sarà il principale sostegno logistico e base di retrovia dell'OAS-Metro. Fino a qui, sembrerebbe, niente di più che l'itinerario, tutto sommato classico, di un uomo della destra più estrema. Tuttavia, i partigiani europei devono molto a Thiriart - e quello che gli devono non permette certo di classificarlo di "estrema destra"! Gli devono la denuncia della "impostura chiamata Occidente"